L’altra via

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ATTILIO IANNIELLO (a cura)
Francesco Gesualdi e il Nuovo Modello di Sviluppo.
Breve biografia.
Nato nel 1949 nei pressi di Foggia, Francesco Gesualdi, giunge a Barbiana nel 1956 ed è allievo di don Milani fino al 1967. Partecipa alla stesura di Lettera a una professoressa.
Nel 1968 frequenta il corso annuale per quadri sindacali della CISL e completa la sua formazione in campo economico.
Dal 1971 al 1974 insegna alla Scuola di Servizio Sociale a Calenzano (Fi). Poi è in Bangladesh per un servizio di volontariato di due anni.
Nel 1982 pubblica “Economia: conoscere per scegliere”, un testo di divulgazione economica destinato agli esclusi dalla lettura.

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Che cosa è il Centro Nuovo Modello di Sviluppo?
Nel 1983 Francesco Gesualdi si trasferisce a Vecchiano (Pisa) per vivere un’esperienza semi-comunitaria con altre famiglie decise a dare solidarietà concreta a situazioni di difficoltà. All’interno di questa iniziativa nasce il Centro Nuovo Modello di Sviluppo per affrontare, da un punto di vista politico i temi della povertà, della fame, del disagio nel Nord come nel Sud del mondo.
Una sezione importante del Centro è dedicata ai rapporti internazionali per capire attraverso quali meccanismi produttivi, commerciali, finanziari e tecnologici il Nord provoca emarginazione, impoverimento e degrado ambientale nel Sud del mondo.
Il Centro diffonde i risultati delle sue ricerche attraverso corsi per insegnanti, seminari popolari, articoli e libri.
Oltre all’attività educativa e formativa, il Centro svolge anche un’attività di sensibilizzazione politica per indurre la gente del Nord a mobilitarsi a fianco della gente del Sud attraverso nuovi stili di vita e attuando varie forme di noncollaborazione e di pressione popolare di tipo nonviolento.
Da questo punto di vista l’attività del Centro si svolge in quattro direzioni:
1) Individua attraverso quali gesti quotidiani la gente collabora, suo malgrado, con una macchina economica che sfrutta il lavoro del Sud, che rapina le sue risorse, che distrugge il suo ambiente, che crea nullatenenti.;
2) Indica come indurre le imprese e i governi a comportamenti più equi attraverso nuove forme di democrazia e di partecipazione (intervento sui parlamentari, lettere di dissenso, contro-conferenze) e attraverso l’uso di spazi di potere ancora non utilizzati esistenti nell’ambito del consumo e del risparmio (il consumo critico, il consumo alternativo, il boicottaggio, il risparmio alternativo, l’investimento etico).
3) Organizza campagne di pressione sulle imprese e sul potere politico a difesa dei diritti degli sfruttati e degli impoveriti. Tra le campagne passate più importanti promosse dal Centro ricordiamo la campagna Chicco/Artsana per garantire un indennizzo alle 87 vittime dell’incendio alla Zhili, la campagna Chiquita concordata con i sindacati del Centro America per garantire i diritti sindacali ai lavoratori delle piantagioni di banana, la campagna Acquisti Trasparenti per ottenere una legge che induca le imprese a rispettare i diritti dei lavoratori e la campagna Del Monte per richiedere l’aumento dei salari e l’abbandono di pesticidi pericolosi nella piantagione di ananas in Kenya. Dal 2000 gestisce la Campagna Abiti puliti, assieme ad altre realtà italiane, per la difesa dei diritti dei lavoratori globali del settore abbigliamento e calzaturiero.
4) Elabora proposte di sistema per passare da un’economia organizzata sulla crescita ad un’altra organizzata sul senso del limite, capace di garantire a tutti una vita dignitosa pur producendo di meno. Fra i testi dedicati al tema: Sobrietà, L’altra via e L’economia della pietra scartata.

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Quali sono i passi necessari per la realizzazione di tale “nuovo modello”?
Costruire un nuovo modello di sviluppo significa garantire a tutti una vita dignitosa, secondo criteri di uguaglianza, diritti, piena occupazione, utilizzando meno risorse possibile, producendo meno rifiuti possibile e lavorando il meno possibile. Una prospettiva che non richiede la totale demolizione dell’esistente ma una sua profonda ristrutturazione sul piano tecnologico, lavorativo, produttivo, organizzativo.
Per partire bisogna riconoscere che “di più” non fa sempre rima con “meglio” o che crescita si associa sempre a sviluppo. Quando il corpo è invaso da un cancro mostruoso che infiltra fegato e reni, comprime il cervello, deforma i lineamenti del viso, la crescita c’è, ma della malattia. Un malsviluppo che conduce alla morte. E come il cancro riorganizza interi distretti per servire la propria espansione, così il consumismo ridefinisce la nostra natura per assoggettarci ai suoi scopi. Bidoni aspiratutto, tubi digerenti a presa diretta: ecco a cosa vuole ridurci.
Varie esperienze personali e di gruppo dimostrano che la sobrietà è possibile ed è liberante. Ma la sobrietà preoccupa per i suoi risvolti sociali. In primo luogo l’occupazione. Se consumiamo di meno, come creeremo nuovi posti di lavoro? Parallelamente siamo preoccupati per i servizi pubblici. Se produciamo di meno, e quindi guadagniamo di meno, chi fornirà allo stato i soldi per garantirci istruzione, sanità, viabilità, trasporti pubblici?
In conclusione, è possibile coniugare sobrietà con piena occupazione e garanzia dei bisogni fondamentali per tutti? È possibile passare dall’economia della crescita all’economia del limite, facendo vivere tutti in maniera sicura?
Nel mio libro Sobrietà affermo che è possibile purché si sappiano mettere in atto quattro rivoluzioni: la rivoluzione degli stili di vita, la rivoluzione della produzione e della tecnologia, la rivoluzione del lavoro, la rivoluzione dell’economia pubblica. Per sommi capi si tratta di ridimensionare il globale, il mercato, e il denaro mentre dobbiamo rivalutare il locale, l’economia pubblica, il valore d’uso del lavoro. Su piccola scala, si stanno già sperimentando delle pratiche economiche che si ispirano a questi principi. Alcuni esempi sono i gruppi di acquisto solidale, la produzione di energia elettrica su base rinnovabile, le banche del tempo. Ma dobbiamo inventarci dei metodi per estendere queste pratiche a livello di sistema. Un passaggio che sembra obbligato è l’introduzione di un meccanismo di tassazione del tempo in associazione o in sostituzione della tassazione del reddito. Una sorta di servizio civile permanente articolato per quartieri e comuni in modo da rafforzare la partecipazione, il senso di comunità e di responsabilità.
Come il pesce non riesce a concepire altre forme di vita al di fuori di quella marina, allo stesso modo noi stentiamo a immaginare altri modi di organizzare la società e l’economia al di fuori della logica della crescita e conseguentemente del mercato e del denaro. Ma se riuscissimo di liberarci delle nostre gabbie mentali, scopriremmo che oltre al vendere e comprare esiste la gratuità, la solidarietà, il bene comune, il fai da te, lo scambio interpersonale, tutti mattoni indispensabili per la costruzione di un’altra economia pensata non per servire i mercanti, ma la gente nel rispetto dell’equità, delle generazioni future e del pianeta.

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Centro Nuovo Modello di Sviluppo,
via della Barra 32, 56019 Vecchiano (Pisa),
e-mail: coord@cnms.it
www.cnms.it
https://it-it.facebook.com/francucciogesualdi