Invasività del nulla

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AimA

Siamo in epoca di massima relatività, dove la visione lineare della vita ha lasciato il posto alla visione tridimensionale ed allargata, dove l’individuo può facilmente smarrire il carattere limitato della dimensione temporale, nonché la sua necessaria contingenza.

Nell’ostinata presunzione di poter cogliere (tramite la conquista della tridimensionalità e della multisensorialità) un livello superiore e più completo di realtà, l’esito misero non potrà che essere la conduzione del fruitore ad un’atrofia delle proprie capacità percettive e sensoriali, ridotte così a scheletro (senza possibilità d’azione). Se consideriamo che i percorsi sapienziali più antichi hanno da sempre indicato nella cecità, la massima protensione nei confronti della Sapienza, allora questo dovrebbe quantomeno instillare il seme del dubbio tale per cui non necessariamente più vediamo, più sentiamo, più conosciamo.

Se parlando del ritratto (nella fotografia analogica) sostenevo che la qualità (e quindi la proliferazione di particolari) in qualche modo potesse aggiungere espressività e dunque intensità all’immagine; non altrettanto sostengo circa la rappresentazione della realtà circostante l’essere umano. Dal momento che, quelle che l’essere umano percepisce, sono solo alcune presenze meramente materiali, ne viene che la realtà non può essere rappresentata in termini visivi e fisici nella sua totalità. Ravviso un sottile fallimento anche dove l’immagine voglia, forzando concetti, rappresentare concetti.

Pertanto, è nell’equilibrata smaterializzazione degli esistenti all’interno dell’oggetto artistico, che individuo la capacità di cogliere i riflessi della realtà fenomenica e non. Laddove l’arte concettuale privilegia la percezione (tramite una barbara mutilazione della sensorialità) quella che d’ora in poi definirò come “rappresentazione metafisica” predilige la fruizione più semplicemente “sensoriale”.

In netto contrasto con la poetica che vede il multimediale (alla conquista del multisensoriale) come massima punta di percezione e di sensazione, io propendo per una poetica tesa all’equilibrio tra esistenti ed inesistenti, attraverso un dinamismo ch’è tutto interno all’opera d’arte. Situata al crocevia tra l’ipertrofia comunicativa e la poetica d’estinzione dell’oggetto artistico in toto, la “poetica della metafisica” fa eco in qualche modo all’antica decantazione dell’equilibrio: in medio virtus.

Essa contrasta sia l’ipertrofia visiva, sia la nullificazione degli esistenti. Entrambe queste posizioni non possono infatti che condurre ad uno svuotamento di senso e di significato.

In questo è insita la vera invasività del nulla.

AIMAPROJECT – αἶμα
Photography and Research
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