FRANCO RUSSO.
In un ridente paesello della nostra provincia adagiato tra la collina ed il piano vive, in una linda casetta di colore bianco, una coppia di anziani signori. La casetta domina – si fa per dire – il piano perché sorge, isolata, su una collinetta che incombe sul paese. Alla base della collinetta corre una strada, comunale, che passa di fronte all’asilo infantile, quello che, nel frattempo è diventato “scuola materna”, “scuola dell’infanzia” in attesa di diventare, credo, “scuola dei figli di genitore uno e genitore due”. La strada non è diritta ma ha un andamento quasi circolare e si chiama, naturalmente, Via Asilo. Da questa si parte la stradina, vicinale di uso pubblico, lunga un centinaio di metri che raggiunge, salendo, la casetta bianca dei due signori. Al momento della costruzione della casetta, una cinquantina di anni fa, si decise che anche quella deviazione doveva chiamarsi Via Asilo ed avere il numero 13. E, quindi, per una cinquantina di anni chi cercava il numero 15, trovato l’11 all’inizio della strada vicinale, si inerpicava verso il 13 convinto che, subito dopo, avrebbe trovato il 15. Sorpresa: si sale al 13 e, per raggiungere il 15, si torna indietro. Niente di grave ma minimi disagi per furgoni per la consegna di pacchi che debbono fare manovra in spazi collinari angusti. I due anziani signori, in presenza di questa situazione, maturano un’idea assolutamente rivoluzionaria. Consultati codici e pandette verificano che i residenti possono avanzare istanza al Comune per proporre di battezzare la strada in cui è ubicata la loro abitazione. L’istanza, corredata dal parere favorevole della Giunta comunale, deve essere inoltrata al Prefetto che valuta e decide. Naturalmente consapevoli delle restrizioni – se dedicata ad una persona deve essere defunta da dieci anni ed aver dato prove di dirittura morale, civile, aver illustrato con l’esempio ecc. ecc. – i nostri due chiedono di ripristinare il nome che negli anni passati, oralmente, i bambini del vicinato erano soliti attribuire alla stradina ed alla casa: “anduma a la ca bianca”. Sembrava bello e facile: recupero di una piccola tradizione, valorizzazione del dialetto piemontese, nessuna possibile invidia di personaggi esclusi, unanimità da parte di tutti e due i residenti nella strada. Infatti l’Amministrazione comunale fa la sua parte, conferma la tradizione del nome e l’utilità del cambio e trasmette, tempestivamente, alla Prefettura. Poi tutto tace per circa un anno finché uno dei due residenti – chiamiamolo Franco – prova ad andare alla fonte. Telefona in Prefettura e si fa passare l’ufficio competente. Qui una cortesissima ed intelligente signora verifica lo stato della pratica, conferma che è tutto in regola ma manca il parere, obbligatorio, della Deputazione di Storia Patria richiesto da quasi un anno. Per il mestiere fatto in tutta la vita Franco ha una certa dimestichezza con la materia e si ricorda che tal Carlo Alberto, nel 1833, ha creato la Regia Deputazione di Storia Patria che pubblicò subito i dieci volumi della Historiae Patriae Monumenta, monumenti, allora, del Regno di Sardegna. Poi la diffusione delle Deputazioni, la creazione dell’Istituto Storico Italiano e tutta la storia della evoluzione di Enti di grande autorevolezza e colta seriosità. Ma Franco non può fare a meno di chiedersi se sia sensato che, per quasi un anno, il o la titolare di una firma e di un timbro della Deputazione di Storia Patria debba tenere ferma, in attesa di chissà quali pensosi accertamenti, una pratichetta davvero minore. E che senso abbia che un Ente (utile?) abbia titolo per l’ultima parola sulla toponomastica. Anche perché il nostro Franco, esaltato all’idea della Ca bianca, aveva cominciato a progettare, con l’aiuto di compiacenti amici architetti, la realizzazione, nel centro della Casa Bianca, di uno Studio Ovale. Ma, vista l’età ormai avanzata e i tempi della Delegazione di Storia Patria, sta considerando la possibilità di modificare la proposta e di intitolare la strada a se medesimo. Con la motivazione “Combatté valorosamente contro la Deputazione di Storia Patria e, pur sconfitto, sventolò fino alla fine la bandiera della Ca bianca”.