Due racconti di Kafka

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FRANZ KAFKA.

La trottola

Un filosofo girovagava sempre dove c’erano bambini a giocare. E quando vedeva un ragazzo con una trottola, si metteva subito in agguato. Appena la trottola girava, il filosofo la inseguiva per prenderla. Che i bambini facessero chiasso e cercassero di allontanarlo dal loro giocattolo non lo preoccupava; se riusciva a prendere la trottola mentre ancora girava, era felice, ma solo un istante, poi la buttava via e se ne andava.

Credeva infatti che la conoscenza di ogni piccolezza, dunque, ad esempio, anche di una trottola che gira, fosse sufficiente a conoscere l’universale. Perciò non si occupava dei grandi problemi; gli pareva antieconomico. Se si conosceva veramente la più piccola piccolezza, allora si conosceva tutto, perciò si occupava soltanto della trottola che girava.

E ogni volta che si facevano i preparativi per farla girare, aveva la speranza che ora gli sarebbe riuscito e, quando la trottola girava, mentre la rincorreva senza fiato la sua speranza diventava certezza, ma poi, quando si trovava in mano quello stupido pezzo di legno, gli veniva male e le grida dei bambini che fino a quel momento non aveva udito e ora invece gli entravano improvvisamente nelle orecchie lo facevano fuggire, e barcollava come una trottola sotto una frusta maldestra.

Franz Kafka, “Il messaggio dell’imperatore”

L’imperatore – così si racconta – ha inviato a te, al singolo, al misero suddito, la minuscola ombra fuggita nella più lontana delle lontananze dal sole imperiale, proprio a te l’imperatore ha mandato un messaggio dal suo letto di morte. Ha fatto inginocchiare il messaggero vicino al letto, per sussurrargli il messaggio all’orecchio; e gli stava tanto a cuore che se l’è fatto ripetere ancora una volta all’orecchio. Facendo cenno del capo ha confermato l’esattezza di quanto gli veniva detto. E dinanzi a tutti coloro che assistevano alla sua morte (tutte le pareti che lo impediscono vengono abbattute e sugli scaloni che si levano alti ed ampi stanno in piedi in cerchio i dignitari dell’impero) dinanzi a tutti loro ha congedato il messaggero.

Il messaggero s’è messo subito in cammino: un uomo robusto, instancabile; tendendo ora l’uno ora l’altro braccio si fa strada attraverso la folla; se trova ostacoli, indica il petto su cui è il segno del sole, e procede facilmente come nessun altro. Ma la folla è enorme; e le sue case non hanno fine. Se avesse via libera, come volerebbe – e ben presto udiresti i magnifici colpi dei suoi pugni alla tua porta.

Ma invece, come si stanca inutilmente; ancora cerca di farsi strada nelle stanze del palazzo più interno; mai riuscirà a superarle; e anche se gli riuscisse non avrebbe ottenuto nulla; dovrebbe lottare per aprirsi un varco giù per le scale; e anche se gli riuscisse, non avrebbe ottenuto nulla: dovrebbe ancora attraversare tutti i cortili; e dopo i cortili la cintura del secondo palazzo, e poi ancora scale e cortili e un altro palazzo e così via per millenni; e anche se riuscisse a precipitarsi fuori dell’ultima porta – ma questo mai e poi mai potrà accadere – c’è tutta la città imperiale davanti a lui, il centro del mondo, stracolma di tutti i suoi rifiuti. Nessuno riesce ad attraversarla e tanto meno col messaggio di un morto.

Ma tu stai seduto alla tua finestra e ne sogni, quando scende la sera

Traduzione di Gabriella Mongardi.

(Qui il saggio su Kafka di Gabriella Mongardi)