La Resistenza sulla Pedaggera

pedaggera

GABRIELLA MONGARDI

Ho ritrovato per caso, fra i libri di casa, Nebbia sulla Pedaggera di Gildo Milano, uscito nel 1967 e ristampato quindici anni fa dalla Magema Edizioni di Carcare. È un libro sulla Resistenza, scritto da chi vi ha attivamente partecipato e per questo è stato insignito della medaglia d’argento al Valor Militare con la seguente motivazione: “Giovane studente, combattente della lotta di liberazione, forniva ripetute prove di capacità e di valore assurgendo alla carica di comandante di brigata. Alla testa dei suoi uomini si distingueva particolarmente mantenendo una posizione di ala nel corso di un duro combattimento. Sosteneva con bravura tre attacchi in forze, due volte contrattaccando con grande slancio. Completamente circondato, dopo lunga e sanguinosa lotta, riusciva ad aprire un varco e a riunirsi con i superstiti al grosso della sua divisione, dopo di avere, con eroica resistenza, pienamente assolto il compito ricevuto. Passo della Pedaggera (Cuneo) 11-16 novembre 1944″.

Non aveva ancora vent’anni l’autore, quando nell’autunno del 1943 si è associato alle bande “ribelli” della Prima Divisione Autonoma Langhe; ne aveva più di quaranta quando si è deciso a scrivere perché – chiarisce nella nota introduttiva –  «credo sia utile fare maggiormente conoscere il contributo dato alla Resistenza dalle nostre formazioni autonome delle Langhe. Credo sia giusto fare qualcosa affinché le madri dei nostri mille e più Caduti non continuino a chiedersi perché i loro figli sono morti. Credo sia doveroso rivendicare almeno per i Caduti il tributo di un ricordo; ché noi vivi il fatto nostro lo abbiamo già avuto coi processi, le calunnie, le diffamazioni». Eppure la narrazione sembra “in presa diretta”, tanto sono vivi e nitidi e presenti i ricordi – ma che l’autore abbia preso le distanze dal vissuto lo dimostrano il montaggio narrativo e l’elaborazione letteraria del testo, che lungi dal “falsificare” il racconto lo inverano lo rendono più convincente e avvincente, ne accrescono ulteriormente il valore di testimonianza storica irrinunciabile.

Quello che viene qui narrato e rievocato, da un protagonista di primo piano, è il periodo che va dal maggio del 1944 al 25 aprile 1945, è la guerriglia partigiana contro fascisti e nazisti combattuta dalla Prima Divisione Autonoma, una delle tante formazioni partigiane, nell’Alta Langa, tra Sale Langhe, Montezemolo, Igliano, Marsaglia, Castellino Tanaro, Roccaciglié, Murazzano (fraz. Pedaggera). Non vengono solo raccontati gli episodi “militari”, ossia gli scontri con il nemico, le imboscate, i rastrellamenti, le fughe strategiche, ma anche la vita partigiana, i rapporti tra i componenti del gruppo e quelli con le altre bande, con i capi, con la popolazione civile. Il tutto con un andamento cronachistico, il più possibile distaccato e oggettivo, che ricorda i commentari di Cesare sulla guerra gallica e sulla guerra civile – ma sotto cui traspare da un lato il calore di una passione civile sempre viva e un amore struggente di quella terra, «dei suoi colori, delle sue nebbie, dei suoi paesaggi ora aspri, ora ridenti, ora malinconici» e di quella gente, «gente strana, stupenda e arida come la terra che l’ha nutrita»; dall’altro l’amarezza e la delusione per il fascismo che sempre rialza la testa, distorcendo la realtà storica e vanificando gli atti eroici della Resistenza.

Per questo nel titolo compare la parola “nebbia”, da intendersi in senso paesaggistico certo, ma anche in senso metaforico: perché l’autore è consapevole del rischio che sulla Resistenza cali la nebbia della deformazione e dell’oblio, e per opporsi a questo rischio ha dapprima scritto, e poi ripubblicato il suo prezioso libro di memorie.
L’altra parola che compare nel titolo, “pedaggera”, è il nome con cui viene ancora chiamata, localmente, la strada di crinale che unisce Dogliani a Montezemolo, teatro della guerra partigiana e oggi paradiso dei motociclisti (è un tratto della SP 661 “delle Langhe”).

Prima di scrivere questa recensione avrei voluto percorrere quella strada, cercare il cippo fotografato sulla copertina del libro, scattare fotografie ai luoghi, ma un’altra guerra me l’ha impedito, bloccandomi in casa: la guerra sanitaria mondiale contro il virus Covid-19. In questa guerra moderna, la prima che dopo 75 anni di pace in Europa ci tocca combattere, gli eroi non sono i “ribelli” ma i sanitari, medici e paramedici, novelli “partigiani” della salute, che con straordinaria forza d’animo e spirito d’abnegazione tutti i giorni sono accanto ai malati, rischiando la loro vita come i partigiani durante la seconda guerra mondiale – perché glielo impone il loro senso del dovere. Oggi come allora, la meta sarà la Liberazione…