Colori e immagini dell’invisibile

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Julia Bridget Hayes, tra iconografia e fotografia

Sei originaria del Sudafrica, la patria di Nelson Mandela, della lotta alla discriminazione razziale; in questo contesto come è nata la tua vocazione religiosa e artistica?

In primo luogo, grazie per avermi invitata a questa intervista. Sono cresciuta in una famiglia che combatteva contro l’apartheid in Sud Africa. Mio padre era un prete anglicano che venne bandito dal governo dell’apartheid in quanto nemico dello stato. La mia famiglia si convertì alla Chiesa ortodossa quando ero piccola, nel 1987. Da bambina mi è sempre piaciuto disegnare e ho incominciato sul serio a 14 anni. Ero praticamente autodidatta perché un insegnante mi aveva scoraggiato ad andare a lezione di disegno dicendo: “Cosa ne farai dell’arte?”. Avevo sempre sognato di diventare fotografa e quando terminai la scuola superiore ho studiato fotografia presso la Pretoria Technikon (ora Tshwane University of Technology), ma per ragioni economiche dovetti terminare gli studi al secondo anno. In quel periodo iniziai una ricerca spirituale e a leggere testi sulla fede ortodossa, e mi venne questa folle idea di studiare teologia. Ma non c’erano scuole di teologia in Sudafrica, così lasciai perdere.

disegno rosa

Come ti sei avvicinata all’iconografia?
Sarebbe forse meglio dire che è stata l’iconografia ad avvicinarsi a me! Non avrei mai considerato l’iconografia, ma dopo aver abbandonato la scuola di fotografia passai ogni singolo momento libero a dipingere. Dopo circa un anno avevo toccato il fondo e non sapevo cosa farne della mia vita. Disperata, chiesi a Dio perché ero capace di dipingere, perché era la cosa che facevo meglio e cosa avrei dovuto farne. E fu così che iniziò l’avventura! Appena due giorni dopo un prete vide un mio disegno e disse che mi avrebbe mandata in Grecia per sei mesi per imparare l’iconografia. Dopo un anno lui mi disse che mi avrebbe mandato all’università, e avevo una notte per decidere cosa studiare, e che sperava che io riuscissi a dormire bene! Inutile dire che non chiusi occhio. L’unica cosa che avrei voluto studiare all’università era teologia, e nel 1997 il mio sogno impossibile si avverò. Venni in Grecia a studiare presso il Dipartimento di teologia sociale all’Università di Atene.

pennellataConsiderata l’intensità e la complessità degli studi, non avevo tempo da dedicare all’apprendimento dell’iconografia. Frequentai alcune lezioni presso una parrocchia, ma non ho imparato neppure le basi dello schizzo. Ci fecero vedere soltanto la tecnica di pittura nello stile cretese, quindi presi quello che potevo di lì e lavorai da sola con l’aiuto di libri. Sperimentai anche lo stile macedone, ma non sono mai stata davvero soddisfatta di fare “fotocopie” di vecchie icone.
Soltanto nel 2008, durante i miei studi di dottorato, iniziai a frequentare le lezioni di George Kordis presso la Facoltà di Teologia dell’Università di Atene, sia quelle pratiche che teoriche sulla teologia ed estetica delle icone. Mi invitò anche a frequentare le lezioni presso il Centro ortodosso di studi e ricerca sulla pittura delle icone Eikonourgia, dove i docenti erano un gruppo d iconografi qualificati e capaci, diretti da Kordis stesso.

Come unisci tradizione e innovazione nella tua arte iconografica?
L’idea che la tradizione dell’iconografia sia quella di fare copie estate delle icone antiche si è formato solo nel XX secolo. Nel corso della storia dell’iconografia bizantina c’era un continuo sviluppo creativo di certi aspetti della pittura, mentre altri sono rimasti immutati. Essenziale per l’icona è la forma esterna della persona, e quella non si può cambiare. Questa è la definizione dell’icona secondo i Padri della Chiesa e i Concili; ecco perché un’icona di San Pietro delle catacombe e una dipinta nel XXI secolo sono immediatamente riconoscibili come icone che rappresentano la persona di San Pietro. Come questa forma è rappresentata in termini di tecnica pittorica e stile dipende dall’iconografo. Lo stile di pittura può cambiare secondo il periodo come si può ben vedere nelle differenze stilistiche tra le scuole comneniana, paleologhiana e cretese. Potreste chiedere: perché dipingere alla maniera bizantina e non in uno stile naturalistico? C’è una ragione molto importante per l’uso della pittura alla maniera bizantina e per la conservazione da parte della Chiesa ortodossa di questo modo tradizionale di pittura, e riguarda la funzione liturgica ed ecclesiastica dell’icona.

HolyTrinity2A differenza della comprensione occidentale dell’immagine come mezzo per comunicare significati, idee, emozioni ecc., i Bizantini supponevano che l’immagine fosse una cosa che esistesse in se stessa perché la persona raffigurata esiste (si tratti di Cristo o dei Santi), e il suo scopo è rendere quella persona presente nello stesso tempo e spazio di chi la guarda e di costruire una relazione e comunione con chi osserva. Come il progetto di una chiesa ortodossa con Cristo Pantocratore nella cupola evidenzia il fatto che “Dio è con noi” e che le icone dei Santi sui muri ci ricordano che siamo “circondati da un così grande nugolo di testimoni” (Ebrei 12:1) e che loro sono in verità presenti con noi. Questo viene raggiunto con l’uso di linea, colore e ritmo e dal fatto che l’icona non ha sfondo tanto che l’immagine è costruita in una prospettiva cha dalla superficie emerge verso chi guarda. Se un’icona è dipinta bene “diventa viva” e non importa dove ti trovi, l’icona guarderà nella tua direzione. Una volta che l’iconografo sa come usare questi strumenti, egli può essere creativo nell’ambito della tradizione. Questa è una delle cose che cerco di raggiungere nella mia iconografia ed è la ragione perché ogni icona che dipingo è unica.

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Guardando i tuoi siti web si può scoprire che sei anche una fotografa. Qual è per te il senso del tuo fare fotografie?
Penso che il mio sogno di diventare fotografa non è mai morto! Per me, è uno sfogo creativo e un mezzo per catturare il mondo e in particolare le persone intorno a me.

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“Margutte” è essenzialmente un sito web di letteratura ed arte. Cosa suggeriresti di leggere ai nostri lettori per comprendere l’arte dell’icona?
Raccomando caldamente il libro di George Kordis, “Icon as Communion: The Ideals and Compositional Principles of Icon Painting”, che costituisce un eccellente punto di partenza per capire il sistema di pittura bizantina. Il libro di Aidan Hart, “Techniques of Icon and Wall Painting” è forse il più completo sulle tecniche di pittura disponibili [questi libri non sono tradotti in italiano, NdT].

JULIABHAYES13Riguardo alla teologia delle icone, consiglio a chi fosse interessato di leggere le opere dei Padri della Chiesa che definivano e difendevano le icone, come quelle di San Giovanni Damasceno e San Teodoro Studita, prima di leggere autori moderni le cui influenze filosofiche hanno distorto la teologia patristica dell’icona.

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Biografia
Julia Bridget Hayes è nata in Sudafrica e vive attualmente ad Atene in Grecia. È un’iconografa, traduttrice, fotografa, insegnante di inglese e scrittrice. Sa fare di tutto. Ha un Master in teologia liturgica acquisito presso il Dipartimento di teologia sociale dell’Università di Atene e al momento sta lavorando ad un dottorato su “Tempo liturgico e l’icona”. Le icone che ha dipinto si trovano in chiese e collezioni private in Grecia, Sudafrica, Russia, Gran Bretagna, Ucraina, Finlandia, Belgio, USA, Indonesia e Argentina e sono state pubblicate nella Bibbia ortodossa greca. Traduce libri di spiritualità e teologia, articoli e siti dal greco in inglese.
(Traduzione di Silvia Pio)

http://www.ikonographics.net/

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