Poeti dal mondo, Therese Pace, Malta

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Therese Pace è scrittrice e poeta. Oltre alle numerose opere, citate di seguito, ha scritto Phenomenon, un poema semi religioso in nove parti, e tre atti unici. Ha preso parte a quattro progetti letterari internazionali. Alcuni suoi scritti sono stati tradotti in inglese, italiano, spagnolo ed esperanto e le sue opere sono presenti in numerose antologie. Ha vinto premi di poesia e racconti, sia nazionali che internazionali, ed è membro dell’Associazione dei poeti maltesi e della Società mondiale di poesia (World Poetry Society). Organizza nel suo paese l’iniziativa 100mila Poeti per il cambiamento.

«Per me la poesia rappresenta l’ossigeno dell’anima, mezzo abile per esprimere ogni sentimento che si sente dentro, arma potente per combattere contro tutto il malessere nel mondo.»

Publicazioni: Arpeġġi (poesie) 2003  premiato con il National Book Award, Sfumature (poesie) 2009, Meta Tkellimni Hi… (poesie) 2011, Il-Qaddisa tas-Salib (liriche Oratorio) 2012, Naqraw u Nirrimaw (serie di sei libri di poesie e prose per bambini) 2009, Ir-Re tal-Ġungla u s-Skiet Misterjuż (prose per bambini) 2014, tutti nella sua lingua madre, il maltese. È stato pubblicato il suo libro di poesie in inglese In Her Element.

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IN TAL BRUGHIER TERRENO….

In tal brughier terreno dei paraggi a spini
mi trovo di passaggio….

fatico in lento viaggio
verso l’infinità celeste di canti cherubini….

aspetto l’apertura di frontiera
per l’esodo umano verso eterna primavera….

trascorro un soggiorno assai breve
per niente lieve….

per alienarmi nell’attesa fomentale
recito una commedia essenziale….

provvedo per cementar mia essenza
nell’infinito spazio del mio credo….

e questa terra intermediaria si offuscherà in passato
nel gaio aleggiar eterno dell’oblato.

***

RUPI

Ruvida, corposa maestà.
Petti di roccia straziata,
indomata come i pelosi toraci maschili
a ciocche di capelli inanellati

fette di crepe e fessure condannate all’eremo
calpestate da indulgi di venti ululanti;
rifugi dei falchi, dei fantasmi notturni,
degli echi dei fischi e le loquele dei canti

falde di pietra calcarea
dal tempo formata e deformata
vittima dei mari trasgressori, giumente di schiuma
lor furia svuotando sbattendosi incontro

timido s’innalza il mio sguardo
verso le rupi cerei
ripidi come i torelli selvaggi nelle gare rodei;
m’inchino davanti come se fossero dei…

dalla loro cruda altezza, su indugiante stagione,
su vele e palombari, vallate e villaggi,
tramonti sanguigni e albe rosee
tranquilli vegliano.

Il sole li sfavilla
gli elementi l’erodono…
l’uomo folle li confonde col trampolino!

***

AVANZI DI UN PADRE

bisbigli di un inconveniente,
d’ingombro, di rottame d’umanità
mi giungono lungo il corridoio
indebolito del cosciente

residui d’un padre
parlano di sfregio, di svergogna,
di giogo che un bastone della vecchiaia
mi schiocca addosso

inerzia che mi smantella le ali
mi empie di vuoto,
ossame mie crescendo fioritura e fogliame
sui ramoscelli altrui

echi girovaghe di autorità paterna
portata via dalla marea in discesa,
di cavallo
che dimentica come ribellarsi
perché il tempo lo addomestica

figli di cartapesta
samaritani di quattro soldi
indifferenti mi sfiorano
alienati dallo squarciagolar di piazza affari

ingratitudini negano
eterne affezioni perdonano
fragili emozioni chiedono
bisogni e diritti
rammentano chi ero… chi ancora sono.

***

FERMO IMMAGINE

Giù al molo
dove la freccia di Bellagio
ti colpisce in pieno
una barca solitaria
attende sonnambula
l’aurora rosea.

istantaneamente
la coltre argentea
del cielo estivo
ti copre in lucentezza.

Né chiasso né brezza.

Tacciono le vette.
Eterni premurosi guardiani
Vegliano solerti
sul bello addormentato
che ignaro della premura
attende il bacio della risurrezione.

All’argine, io,
sconfortata viaggiatrice
che da questo fermo immagine
traggo l’ultimo assaggio
buono e salutare
l’ultimo respiro esule
prima di partire.