L’altro lato dell’arte

SILVIA PAPI

“L’arte non viene a dormire nei letti che le hanno preparato, scappa appena si pronuncia il suo nome: quello che ama è l’incognito. I suoi momenti migliori sono quando dimentica il suo nome”(J. Dubuffet)

(Arte) outsider e (arte) dei primordi sono due ambiti d’espressione che ci stanno particolarmente a cuore. Arte tra parentesi in quanto è un termine che viene dopo, che è aggiunto, del quale chi crea non è a conoscenza, non gliene importa o non è stato ancora inventato. Sono autori che “traggono tutto dal loro profondo e non da stereotipi”, da luoghi dove la natura che è in noi la fa da padrona, nel bene e nel male. Arte come necessità e non come mestiere.
In questi tempi in cui è in atto un pesantissimo tentativo di appiattimento ed omologazione su tutti i fronti, non escluso quello artistico, le opere d’arte outsider ci vengono in aiuto con la loro varietà di forme e stili di linguaggio, con la loro, anche drammatica, freschezza.
Ricordiamo che è dal 1945, grazie all’artista francese Jean Dubuffet, che le opere create da persone indenni da cultura artistica (nelle quali il mimetismo, contrariamente a ciò che avviene negli intellettuali, ha poca o nessuna parte, in modo che i loro autori traggono tutto dal loro profondo e non da stereotipi dell’arte classica o dell’arte di moda) hanno cominciato a destare un certo interesse. Dubuffet, che coniò la nozione di Art Brut, fu un collezionista di questi lavori tanto che nel 1974 la sua raccolta divenne il nucleo fondante della Collezione di Art Brut di Losanna (http://www.artbrut.ch/fr/21070/collection-art-brut-lausanne)

L’arte “brut” rivela anche dei meccanismi creativi che aiutano a immaginare una condizione futura. Essa infatti mette in crisi non solo l’idea che l’opera d’arte debba adeguarsi a un linguaggio dominante, ma anche quella, ancora più assurda, che i linguaggi e le tecniche a un certo punto si esauriscano, avendo esplorato tutte le possibilità; un’idea che mezzo secolo fa portò a decretare la morte dell’arte e che ancora oggi continua a deprimere i giovani artisti e a giustificare la ricerca disperata del “nuovo”. L’art brut ci propone un quadro radicalmente diverso e, credo, più vero ed entusiasmante: un quadro in cui coesistono tanti linguaggi quanti sono gli autori, e in cui i linguaggi rinascono e si rinnovano continuamente. (…) C’è da prevedere che, visto il relativo successo, nei prossimi anni assisteremo ai goffi tentativi di imitazione di un’accademia ridotta allo stremo e disposta a tutto pur di sopravvivere. Ancora una volta toccherà alla sensibilità di chi osserva distinguere tra l’arte autentica e la solita (e in questo caso, ancora più miserabile) contraffazione. Ma non mi pare che ci siano alternative. Raccogliere l’eredità dei surrealisti e di Jean Dubuffet – che rivalutarono quest’arte come un’estrema forma di primitivismo – non significa rinchiudere la loro utopia in un recinto per specialisti ma immetterla in un cerchio più ampio, nella speranza che offra un contributo alla rinascita dei valori che l’avevano generata. (…) A chi è corrotto dall’arte commerciale di lusso queste opere appariranno insulse, talvolta persino sgradevoli, poiché sono prive della volgarità a cui sono assuefatti. Un frutto genuino a prima vista può sembrare poco attraente; e in effetti, nella loro umiltà, esse chiamano a uno spettacolo più alto. Queste opere andrebbero mostrate nelle scuole, per aiutare i ragazzi a disimparare ciò che hanno appreso loro malgrado. Il loro valore propedeutico è enorme. Sperimentare il dolore e l’ansia di liberazione che esse racchiudono, apprezzare come resistono a una caduta e immaginano una salvezza, meravigliarsi della dignità che regalano a un infimo scarto, comprendere infine la difficoltà e insieme la grandezza di questo sforzo, significa costringerci a guardare l’arte oltre ogni astuzia formale e concettuale, con un rispetto e un’attenzione profonda; la stessa che riserviamo a momenti chiave dell’esistenza come la nascita, l’amore e la morte. (Milano, marzo 2014 – Francesco Porzio, “Fuori campo, artisti outsider a Milano”)

Oltre alla già citata collezione svizzera dove sono raccolte oltre 30.000 opere, forniamo qui di seguito altri indirizzi a cui è possibile far riferimento per farsi un’idea di questo tipo di espressione artistica.
In Italia ci sono la galleria Isarte di Milano (http://www.isarte.net/) e la galleria Rizomi di Torino (http://www.rizomi.org/); l’osservatorio d’arte outsider istituito presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo (http://www.outsiderartsicilia.it/); l’atelier di pittura Adriano e Michele (http://www.atelieradrianoemichele.it/) che nasce nel 1996 all’interno del Centro Fatebenefratelli di San Colombano al Lambro (Mi) e che intende coniugare le esigenze riabilitative di un istituto psichiatrico con il desiderio di estendere i confini dell’arte a un territorio abitato dal disagio psichico.
In Austria nel 1990 è stato fondato un grandissimo centro sull’art brut, costituito da un museo con una collezione permanente, una galleria, una casa per gli artisti, un atelier e una villa per esposizioni temporanee ed eventi (http://www.gugging.at/en)
In Francia, a Montreuil , troviamo Abcd Art Brut (http://www.abcd-artbrut.net), una fondazione che accoglie circa 200 dei più importanti creatori di Art Brut dal XIX secolo ad oggi e che si propone di promuovere la ricerca, lo studio e la conoscenza di quest’arte tramite la realizzazione di mostre, pubblicazioni e produzioni audiovisive.
A Villeneuve d’Asq, si trova uno dei più importanti centri di raccolta dell’art brut in Europa: il LAM museo d’arte moderna, d’arte contemporanea e d’art brut (http://www.musee-lam.fr)
In Belgio, a Bruxelles, troviamo il museo art) & (marges, nato verso la metà del 1980 come centro di documentazione, ricerca e promozione dell’Outsider Art e che oggi ospita una collezione di oltre 1500 opere di artisti con disagi psichici lontani dal mondo dell’arte ufficiale (http://www.artetmarges.be/index.php/en/)
A Liegi, esclusivamente dedicato alle creazioni di artisti con handicap mentale, di cui possiede la più ampia collezione europea, è il Mad Musèe (http://www.madmusee.be)
In Germania troviamo la Prinzhorn Collection di Heidelberg (http://www.rzuser.uni-heidelberg.de) Mentre a Münster, c’è il Kunsthaus Kannen, museo di Outsider Art e Art Brut (http://www.kunsthaus-kannen.de/) che, nato come sezione di una clinica di psichiatria e psicoterapia, ora promuove l’arte dei pazienti con talento artistico sostenendo la loro creatività.
In Russia, a Mosca c’è il Russian Outsider Art Museum (http://www.museum.ru/outsider/aboute.htm) che presenta opere di Neuve Invention, definizione con cui si indicano quei lavori creati intuitivamente e respinti dalle culture ufficiali.
Negli Stati Uniti, a Chicago, l’associazione Intuit, (http://www.art.org/) favorisce la conoscenza e l’apprezzamento dell’arte intuitiva e outsider attraverso esposizioni e attività didattiche.

(L’articolo è pubblicato senza immagini per evitare problemi di copyright)