La presenza di Elisa Spagone

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JOLANDA MOLETTA E PAOLO BESSE’ Quello che rende speciale Elisa Spagone è la sicurezza dei suoi gesti e delle sue parole, la capacità di immergersi con naturalezza in un presente fatto non solo di azioni, ma anche di sogni ed emozioni. Ci siamo incontrati un paio di anni fa in cucina, davanti a una cassa di fagioli da sbaccellare: abbiamo parlato di danza, musica e arti marziali, metamorfosi, viaggio e Hara (secondo i giapponesi, Hara è una riserva di energie posta al centro del corpo umano, ritenuta un punto d’incontro tra volontà astratta e azione concreta). Anziché distrarre dalla conversazione, la cassa di fagioli ha mantenuto sveglia la nostra attenzione, e svuotandosi come una clessidra ha segnato il tempo della serata. Poco tempo dopo abbiamo condiviso il palco con Elisa a Berlino: lei ha danzato sulle nostre canzoni e noi abbiamo suonato sui suoi passi, senza interpretarci gli uni con gli altri ma cercando di essere presenti. Così, comunicando aldilà degli sguardi e delle parole, ci siamo dati il tempo a vicenda.

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Elisa Spagone ha studiato balletto classico, danza contemporanea (accademia Loredana Furno) e arti marziali (dojo Mizu-no-oto), ed è insegnante e interprete di “con-fusione” tra corpo, mente ed emozione. Ha portato in scena, in Italia e all’estero, spettacoli e performance sia soliste che rituali, dove il pubblico diviene protagonista condividendo la voce e la presenza. Come insegnante, lavora attraverso laboratori intensivi e lezioni private. Collabora con il Theaterhaus Mitte, AcudTheather,  Kunsthaus Tacheles Berlin; i coreografi Barbara Uccelli, Michela Lucenti e Hellen Cerina, la compagnia di danza africana Vouka, il cantautore congolese Maxime Kibongui, e la compagnia francese ‘Les Transe- Mutants’; i musicisti classici e contemporanei, tra cui Raminta Kurklietyte, Masahiko Ueji, Hui Chun Lin, Enomisossab.
Nel 2012 dà vita al progetto di ricerca Dabeisein, concatenando teatro-danza, musica, e arti visuali attraverso l’improvvisazione. È una ricerca diretta ai cambiamenti e ai movimenti insiti nella natura e nell’essere umano, in vista di un legame tra l’individuo civilizzato e il suo istinto.

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Nel suo ultimo progetto, Stony memories, il pubblico é invitato a salire sul palco per preparare la performance, “un nuovo viaggio, la cui storia é narrata nel momento stesso del suo accadere”. La richiesta di scegliere una pietra è un’azione semplice, immediata e simbolica, comune a qualunque epoca e qualsiasi età. Ma il gioco è carico di significato: “Anche le pietre respirano, osservandole attraverso uno specchio. Ogni pietra è un atto d’amore illusorio, ogni pietra è un uccello caduto e morto sul campo, ogni pietra è la zavorra di cui sono nutrito dalla nascita, ogni pietra sono io, una creatura con la pelle coperta di paure”. Stony memories  rimanda “al nostro passato, ad una memoria antica, con i nostri sogni presenti e futuri comprendiamo chi siamo oggi, scoprendo lo sguardo del passato in noi”.
Lo spettacolo vuole essere un prologo del progetto Old Stones, che al momento Elisa Spagone, con alcuni collaboratori e supporter sta proponendo in vari paesi.

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Agli spettatori è dunque chiesto di mettersi in gioco, di entrare visceralmente in contatto con le proprie paure e resistenze, per poterle esorcizzare tramite un atto finale, che può essere la performance, lo spettacolo o l’installazione.
“Il più grande atto d’amore è mostrare realmente cosa provi…ascoltare l’animale che cammina ogni giorno da casa a lavoro, una creatura che non ha bisogno di futili addobbi per essere viva, la parte di noi che ci connette al divino… Attraverso il corpo, la voce, e la presenza, vivremo il momento, dandoci la possibilità di agire senza pensare, sentire senza giudicare, essere presenti con stupore.”

Chi ama Pina Bausch, la danza Butoh e le forme d’arte dedicate a coinvolgere anziché stordire, merita di conoscere Elisa di persona, di avvicinarla e di lasciarsi avvicinare.

“Il corpo non sbaglia mai…e non dimentica.” (Mezzafemmina)

www.elisaspagone.jimdo.com