La nostra Etty

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ROSA MARTINETTI

Se fosse vissuta a lungo oggi Etty Hillesum avrebbe esattamente 100 anni: invece è morta a 29 anni, ad Auschwitz, inghiottita con milioni di altre persone dall’odio nazista.

Ciononostante, oggi Etty è viva: così la sente chi la conosce attraverso i suoi scritti, una persona invincibile, raggiante anche nelle tenebre, una amica di cui si percepisce intatto il calore, la sensibilità, l’intelligenza brillante, l’energia spirituale mai appannata dalle tremende vicende della sua vita.

Ebrea, di famiglia intellettuale, studentessa ad Amsterdam con molte amicizie, relazioni amorose, compagni e maestri di studio: di lei rimangono i Diari scritti dal ‘41 al ’43, mentre sull’Europa si addensano le ombre della tragedia, e le Lettere agli amici, scritte da Westerbork, il campo di raccolta per più di centomila ebrei olandesi e tedeschi, dove va a vivere e a lavorare con compiti di assistenza ai deportati. Qui percorre instancabile il campo, (”il mio giro senza fine tra le baracche e il fango”) sempre pronta ad aiutare, a consolare, a prendersi cura di chi incontra, a irradiare il suo calore e la sua forza. Qui vede arrivare anche la sua famiglia, e dopo pochi mesi tutti salgono sul treno piombato che li porterà alla tappa finale.

Solo nel 1981 il suo Diario, fortunosamente ritrovato, viene pubblicato in Olanda e poi in tutto il mondo, suscitando l’interesse e la commozione dei lettori.

E’ una scrittura vivace, scorrevole, che coinvolge profondamente, con toni sempre equilibrati e quasi lieti, anche quando racconta fatti orribili, con sprazzi di tipico umorismo ebraico (il padre nell’ospedale del campo: “Bisogna essere sanissimi per sopravvivere a questo ospedale, se si è malati non ci si riesce di certo”)

La sua personale battaglia contro il male la conduce a scavare sempre più profondamente dentro se stessa fino a trovare una sorgente inesauribile di dignità, di serenità, di speranza, di forza da diffondere intorno a sé. Crede fermamente che una scheggia di umanità è sepolta – a volte molto profondamente – in tutti gli esseri umani, anche nei più abietti, e che il nostro compito è di portarla alla luce. Il suo percorso la porta a maturare una grandissima, personale sensibilità religiosa, fino a un dialogo con Dio, che scopre inizialmente come “quella parte di me, la parte più profonda e la più ricca in cui riposo”.

Nella sua ultima lettera (2 settembre ’43) scrive: “Siamo stati marchiati dal dolore, per sempre. Eppure la vita è meravigliosamente buona nella sua inesplicabile profondità.”

Un amico descrisse così la sua partenza dal campo: “Parlando allegramente, ridendo, una parola gentile per tutti quelli che incontrava, piena di umorismo scintillante anche se un pochino malinconico, proprio la nostra Etty come tutti voi la conoscete…”

(L’immagine è tratta da Wikipedia)