Romanticismi in musica

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GABRIELLA MONGARDI

Domenica 20 novembre a Mondovì, nell’ambito del Festival dei Giovani Musicisti Europei, lo splendido “Larisa Piano Trio” (Jasmin Allpress pianoforte, Eliette Harris violino, Rosie Spinks violoncello) ha eseguito in modo impeccabile un concerto di grande spessore culturale, presentando uno spaccato dell’evoluzione del romanticismo musicale tedesco attraverso i trii per pianoforte, violino e violoncello di Haydn, Mendelssohn e Suk (quest’ultimo proposto nel bis).

Come ha spiegato il musicologo Giovanni Tasso nella preziosa introduzione al concerto, con Haydn (1732-1809) siamo nel preromanticismo, ossia in una fase di transizione. E questo si vede anche in un genere “minore” come il trio, destinato a una fruizione domestica. Il trio n.18 in la maggiore è ancora “illuministico”, settecentesco, nell’eleganza strutturale e nella concezione del ruolo della musica e del compositore nella società, ma i suoi tre movimenti sono venati di scarti imprevedibili, di spiazzanti “sorprese”, come le impennate nell’allegro iniziale, o il pizzicato degli archi sotto la melodia accorata del pianoforte nell’andante, o l’alternanza di grazia e tempesta nel finale.

Con Mendelssohn (1809-1847) la prospettiva cambia radicalmente, non c’è più la netta prevalenza del pianoforte, che fa la parte del leone sul piano melodico dialogando solitamente con il violino, mentre al violoncello è riservato poco più che il ruolo del basso continuo: nel suo trio n.2 in do minore i tre strumenti intrecciano le loro voci su un piano di assoluta parità, ma soprattutto la musica, qualunque genere di musica, dev’essere espressione del genio creativo dell’artista, della sua accesa passionalità, del suo titanismo. Qui tutto è violento, ossessivo, imperioso, teso allo spasimo; l’architettura della tonalità è rispettata, ma ogni tempo è un accostamento di episodi indipendenti, impazienti, vorticosi: la velocità dello scherzo – un turbine di suoni come vento in una foresta –impone  alle bravissime interpreti una prova di alto virtuosismo.
Siamo nel romanticismo maturo, che mira a dissolvere gli schemi formali classici per un bisogno crescente di libertà individuale, di intensificazione dei mezzi espressivi e di arricchimento dinamico.

Un terzo romanticismo, delicato e sognante ma insieme inquieto e torbido, è quello del bis, Elegia di Joseph Suk (1874-1935), che si muove tra Sehnsucht e Streben, struggimento nostalgico e tensione inappagata, le due polarità dell’anima romantica, che trova nella musica l’arte romantica per eccellenza, la più naturalmente adatta a cogliere nel profondo i moti oscuri della vita interiore e a esprimerli nel suo universale linguaggio-senza-parole.