La poesia, gli alberi e la speranza: Dodici affermazioni

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RICHARD BERENGARTEN

  1. All’origine delle parole ispirazione, respirazione e spirito c’è il verbo latino spirare, cioè ‘respirare’.
  2. Respiriamo involontariamente e per necessità. L’aria di cui abbiamo bisogno per la nostra stessa vita circonda la terra come un mantello. Così come copre e protegge la terra e tutta la vita terrestre, in egual misura l’aria appartiene alla terra e alle sue creature, tra cui gli esseri umani. L’aria è allo stesso tempo nostra e non nostra. La mia aria e la tua aria sono la stessa cosa.
  3. Respiriamo grazie agli alberi. Perché la nostra aria si è continuamente rinnovata nel corso di milioni di anni, fino a quando, molto recentemente, abbiamo assunto che l’aria fosse senza limiti. Ma adesso le grandi foreste sono in pericolo, e sappiamo che la nostra fonte di ossigeno potrebbe essere minacciata. Infatti la metà del nostro ossigeno viene fornito dalla fotosintesi compiuta da alberi, arbusti, erbe e altre piante. Il nostro mantello di aria è inquinato, logorato, fragile, mentre dovrebbe essere inalienabile dalla terra.
  4. Alcuni alberi possono vivere per centinaia, o perfino migliaia, di anni. Di conseguenza, piantare e prendersi cura degli alberi aiuta ad assicurare (salvaguardare, tutelare, garantire, conservare) la scorta e il flusso di ossigeno che ci occorre per respirare adesso e in futuro, per la respirazione dei nostri figli e dei loro figli, e per i nostri discendenti nelle generazioni future.
  5. Piantare e prendersi cura degli alberi presuppone credere e investire nel futuro. Vale a dire: piantare e prendersi cura degli alberi è un’azione radicata nella speranza. Chiunque protegga, coltivi e nutra gli alberi è un guardiano del futuro. Il lavoro del guardiano è fare la guardia e fare da guida. I piantatori e i coltivatori degli alberi sono i guardiani dei nostri futuri giardini, dei giardini del futuro.
  6. Per quanto riguarda le poesie, esse nascono, si radicano e si dirigono nell’ispirazione e per ispirazione. L’ispirazione del poeta è sia personale che transpersonale. Personale, perché è proprio sua, e transpersonale, perché l’ispirazione scorre verso, nel e attraverso il poeta da fonti che sono transpersonali. Il poeta è un creatore che segna il linguaggio personale con la propria ispirazione interiore. Una vera poesia, pertanto, è linguaggio personale segnato dall’ispirazione, che la rende sia personale che transpersonale allo stesso tempo. Quindi, è anche vero che una poesia è linguaggio che trasferisce (trasmette, trasporta) l’ispirazione interna del suo creatore a un lettore o ascoltatore su e attraverso un filo di parole che sono ispirate.
  7. Una poesia può vivere a lungo quanto un albero, e spesso ancora più a lungo. Una volta creata, una poesia vivente può trasmettere ispirazione a diverse generazioni di lettori, molti dei quali potrebbero vivere secoli dopo la morte del suo creatore. Una poesia e i suoi significati possono percorrere (scorrere, correre, ricorrere) attraverso il tempo e oltre tante morti individuali, compresa quella del poeta stesso, da e attraverso la persona da cui è originata.
  8. Nessun vero poeta scriverebbe solo per la propria generazione. Un poeta necessariamente crea poesie per un lettore sconosciuto che potrebbe essere come potrebbe non essere in vita adesso – e se non adesso, che un giorno sarà in vita, in tempi e in luoghi sconosciuti. L’asserzione di un qualsiasi vero poeta è necessariamente quella di Shakespeare, e cioè che la propria poesia vivrà finché “gli uomini respirano e gli occhi vedono”.[1] Questa è anche l’asserzione del poeta russo Osip Mandelstam, in parole leggermente diverse: “Forse, perché queste righe possano raggiungere il loro destinatario, ci vorranno le stesse centinaia di anni che ci mette la luce di un pianeta per raggiungere un altro pianeta.” E aggiunge: “La poesia nel suo insieme è sempre diretta a un destinatario più o meno distante e sconosciuto, nella cui esistenza il poeta non potrebbe dubitare senza dubitare di se stesso.”[2]
  9. Dunque, l’atto di creare e leggere la poesia, come piantare e prendersi cura degli alberi, invoca necessariamente sia il futuro che la speranza. Come ci ricorda Anthony Rudolf, “la poesia presuppone il futuro, presuppone la continuità.” E amplificando questa idea, aggiunge: “La poesia è implicitamente un garante della buona vita; insiste sulla vita oltre se stessa.”[3] In quanto fatta di lingua, creata in (una) lingua e abitante di (una) lingua, una poesia, perciò, attende con entusiasmo e guarda in avanti. E qui, la frase “la vita oltre se stessa” può a malapena significare (indicare, denotare, designare, voler dire) qualsiasi cosa o chiunque al di fuori della vita di un altro, dell’altro: il tu perpetuo. La poesia guarda al di fuori, a e per voi-là-da-qualche-parte, chiunque voi siate o possiate essere, per portarvi qui, in questo spazio, adesso, in questo momento.
  10. La Natura, nella sua infinita varietà e distribuzione di forme di vita e di schemi, è una fonte sempre colma (stracolma, e auto-ricolmante) di ispirazione per la poesia. O così crediamo e speriamo, e così miriamo a continuare a realizzare. Al contrario, le poesie che più ci ispirano nel modo più semplice e immediato, più diretto e più profondo, sono spesso quelle che ci collegano al mondo naturale – vale a dire, all’essenza più assoluta [isness] di ciò che è. Quindi la cura che ci prendiamo del mondo naturale non solo custodisce la fonte della nostra ispirazione futura, ma la poesia a sua volta custodisce il mondo naturale spronando gli esseri umani ad amarlo, rispettarlo e proteggerlo.
  11. Il nostro modo poetico (mitopoietico) di percepire e conoscere il mondo, il nostro attivismo ecologico e la nostra difesa del mondo verde sono tutt’uno: collegati tra di loro, sapienti, antichi eppure eternamente giovani. Ciò che riconosciamo come necessità ecologica deve (necessariamente) includere la poesia. Perché così come certe specie di alberi si confanno a tutti i paesi del mondo, così certe specie di poesie si confanno a tutte le lingue. E così come gli alberi che nascono in un determinato terreno possono essere trapiantati (tradotti) in modo tale da crescere floridi in altri terreni, così i sentieri multi-ramificati della poesia devono includere anche la traduzione.
  12. La tutela degli alberi e il creare e ricevere delle poesie si interconnettono lungo i sentieri che percorriamo nel nostro andare, gradualmente e delicatamente o in modo discontinuo, verso la consapevolezza cosmica. E così come gli alberi sono le madri del nostro respiro, l’ispirazione è la madre della nostra speranza.

Cambridge

21-26 gennaio 2018

(Traduzione di Sara Russell)

Foto: Giampiero Johnny Murialdo

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[1] William Shakespeare, “Sonetto 18.”

[2] Osip Mandelstam, ‘About an Interlocutor’ [‘Riguardo a un interlocutore’], in Selected Essays [Saggi scelti], trad. inglese di Sidney Monas, Austin, Tx: University of Texas Press, 1977, pp. 63 e 64.

[3] Anthony Rudolf, “Il vino da due bicchieri” (Poesia e politica: fiducia e diffidenza nel linguaggio), Adam Archive Publications, Kings College, London, 1991: pp. 45 e 48.