Il classicismo musicale settecentesco e le sue metamorfosi

concerto-11-9-20GABRIELLA MONGARDI

Dopo tanti mesi di forzata assenza è tornata finalmente a esibirsi a Mondovì l’orchestra giovanile dell’Academia Montis Regalis, diretta dal maestro Vanni Moretto, considerato uno degli esperti più illustri del Settecento musicale a livello europeo. Concertista, compositore e direttore, ha al suo attivo importanti riscoperte di manoscritti e stampe antiche e numerose prime esecuzioni ed incisioni discografiche.

L’orchestra si presentava in una formazione “classica”: non era, cioè, composta solo da archi e clavicembalo, ma era arricchita da due oboi, due corni e un fagotto a rinforzare i bassi. Il programma proponeva l’esplorazione di quattro diversi aspetti del classicismo europeo di metà Settecento, attraverso le sinfonie di quattro compositori più o meno celebri, partendo da Haydn che ne rappresenta il punto zero fino a Zingarelli, un compositore napoletano attivo però a Milano, di vent’anni più giovane di Haydn. In questo arco di tempo, in realtà, il classicismo si muta in quello che in musica si chiama “stile sensibile” o Empfindsamkeit, e in letteratura Sturm und Drang  o Preromanticismo, e di questa evoluzione il concerto dà splendidamente conto.

La sinfonia n.27 in Sol maggiore del giovane Haydn, con il suo stile limpido e luminoso, è il trionfo del classicismo, inteso come eleganza ed equilibrio: al primo tempo in forma-sonata, con i fiati che aggiungono profondità al suono, segue un cullante andante all’italiana; nel presto finale la musica si innalza in altissimi, pirotecnici zampilli.

Più semplici le forme del boemo Vanhal: la musica della sinfonia n.5 in La maggiore op.25 sembra ispirata non solo ai canti popolari ma alla natura stessa: nei suoi grandiosi allegri si sente l’impeto del vento, la furia del temporale, lo scoppio del tuono; la velocità vorticosa esige dagli interpreti un virtuosismo senza sbavature.

Il tedesco Eichner, straordinario virtuoso di fagotto morto a soli 37 anni, era un genio in anticipo sui tempi. Nella sua sinfonia in Do maggiore op.5 n.1 si sentono “venti di guerra”, una tragicità prima assente dalla musica: all’attacco marziale, “prussiano”, segue un andante teso e malinconico chiuso da un presto fremente e impaziente.

Anche la “sinfonia milanese” n.9 in re minore di Zingarelli è, fin dalla tonalità minore, all’insegna dello Sturm und Drang, ma si avverte in essa qualcosa di posticcio: il compositore napoletano ha voluto adattarsi a un gusto che gli era estraneo, e il risultato non convince appieno, nonostante l’esecuzione impeccabile che ne dà l’orchestra, sotto l’esaltante direzione del maestro Moretto.

Come ha ricordato in apertura il direttore, ogni concerto è un rito miracoloso celebrato “qui ed ora” davanti a “questo” pubblico, un rito effimero e irripetibile nelle sue emozioni, complicità, sfumature interpretative. Solo così si fa davvero musica.