VALENTINA CASADEI
Ti domanderanno dov’è nascosta
la fessura dell’alba
nella quale s’intravedono
i fuochi di capodanno
Il sole si moltiplica
e guarisce il dolore che ti copre
* * *
Il deserto non possiede angoli
e l’orlo della foresta
veleggia
come l’anima sola che evita le ferite
è venuta l’ora del tè
e retrocedono i permessi
delle governanti
che scappano dalle uscite di servizio
Il miglior modo di sparire
non ha abissi conosciuti
solo fumo
e una distanza ignota da percorrere
Il vivo è lontano dalla vita
il morto è lontano dalla morte
e la luce fredda della mia dimora
asseconda le apparizioni di disastri imminenti
e i girotondi si espandono nel mondo
* * *
Quella seducente pluralità dei miei se
è li disegno circolare di una vita intera
* * *
Trionfi virtuosi
e sillabe sprecate
Corde di chitarra pizzicate
e dita segnate
dai frequenti passaggi degli aerei e aironi che scappano
dai recinti dei cieli
- sono vita e sono scoglio -
e s’involano,
evadono in un secondo
quando la palpebra
gioca con l’iride
e chiede all’occhio
la pazienza del mistero
* * *
Lo specchio rifletteva il tuo volto
- ormai solo ricordo -
e quell’occhio spento
come luce sul fuoco
diventava l’oblio della legna
la fuga del fumo
da fessure sottili
dove spiavi i segreti del giorno e ricordavi
- con il fervore delle mantidi -
tutte le traiettorie del mio sguardo
La fine del vagito
è l’urgenza massima,
il codice fuoco,
è la melodia
di uno strumento rotto
È come brina: ciò che resta
del pianto delle foglie
È il mondo che strappa ai vivi
tutto quello che hanno
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