SILVIA PIO (a cura di)
Stephen Fry è un attore, comico e scrittore britannico che ha ricevuto un numero straordinario di premi e di riconoscimenti. È conosciuto globalmente per la sua partecipazione a programmi britannici, spettacoli teatrali e film di fama internazionale, oltre che per il suo impegno politico in favore della comunità LGBTQ+.
Nel 1973, a 16 anni, scrisse una lettera al se stesso adulto, e 35 anni più tardi (nel 2009) l’adulto rispose con una missiva pubblicata su The Guardian
(https://www.theguardian.com/media/2009/apr/30/stephen-fry-letter-gay-rights).
Questo articolo mi è capitato sotto gli occhi solo recentemente, ma ho pensato subito di tradurre il suo messaggio delicato, toccante e comunque sempre attuale.
Si può ascoltare l’autore leggere la lettera al se stesso ragazzo in questa intervista di Josh Szeps, al minuto 32 circa. Dalla stessa intervista è tratto il fotogramma che accompagna la traduzione.
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Spero che tu stia bene. So che non è vero. È successo che tu abbia scritto nel 1973 una lettera al tuo futuro te stesso ed è giunto il momento che il tuo futuro te stesso ti risponda. Hai dichiarato in questa lettera (riprodotta nella tua autobiografia del 1997 dal titolo Mohab Is My Washpot [i]) che «tutto ciò che provo adesso da adolescente è vero», e hai continuato affermando che se mai tu avessi osato ripudiare in seguito, o negare o deridere il te stesso di 16 anni, sarebbe stato una menzogna punibile di tradimento e calunnia, un crimine contro l’adolescenza. «Questo è ciò che sono», hai scritto, «ogni giorno che passa mi allontano dal mio vero me stesso. Ogni centimetro che percorro verso l’età adulta è slealtà».
Buon dio, Stephen, come ammiro la tua arroganza, collera e infelicità, pure e legittime. La tua adolescenza così appassionata e imbevuta di furia, piena di sentimenti veri, ira, disperazione, gioia, ansia, vergogna, orgoglio e, soprattutto, così sopraffatta dall’amore. I miei occhi si riempiono di lacrime al solo pensarti, pensarmi. Le lacrime cadono sulla mia tastiera. Forse sono più felice adesso di quanto non lo sia mai stato, eppure non posso non ammettere che baratterei tutto ciò che sono ora per essere te allora, lo Stephen di sedici anni, eternamente infelice, inquieto, feroce, che si domanda e si dispera: arrabbiato, tormentato dall’angoscia, complicato, ma vivo. Perché tu sai come esserlo, e sapere è più importante di esserlo. L’insensibilità dell’anima è l’unico crimine imperdonabile, e se c’è una cosa che la felicità può fare è mascherare l’insensibilità dell’anima.
Finalmente so adesso, come facilmente sapevo allora, che la cosa più importante è l’amore. Non importa se quell’amore è per qualcuno del tuo stesso sesso oppure no. Le istanze dei gay sono importanti, e ne parlerò fra poco, ma si avvizziscono come una lumaca col sale se paragonate alla ben più rilevante questione dell’amore. I gay a volte credono (persino al giorno d’oggi, lo ammetteresti, giovane Stephen?) che la prevalenza di ostacoli e orrori che incontrano nelle loro vite e nelle loro relazioni sia intimamente connessa col fatto di essere gay. Ma in effetti almeno il 90% dei loro problemi sono dovuti all’amore e soltanto all’amore: la sua mancanza, la sua negazione, la sua ineguaglianza, la sua non reciprocità, i suoi terrori e dolori. Amore freddo, amore caldo, amore fresco, amore stantio, amore deriso, amore mancato, amore negato, amore tradito… la beffa della sessualità è che questi problemi funestano gli etero tanto quanto i gay. Il 10% di sofferenza e complessità rimasto a carico unicamente dei gay certamente non è casuale o irrilevante, ma si deve capire che l’amore viene prima.
Questo è difficile da elaborare per gli etero. Loro vengono incoraggiati dalla cultura e dalla società a credere che i loro impulsi sessuali siano la norma, e pertanto quando le questioni di cuore e di basso ventre vanno male (e di sicuro succede) sono sconcertati, sconvolti e sconfitti dall’amore, e sono costretti a credere che sia colpa loro. Noi gay perlomeno abbiamo il vantaggio di essere stati cresciuti aspettandoci che il mondo dell’amore fosse difficile in modo imponderabile e ingestibile, visto che siamo scherzi e aberrazioni della natura, pervertiti e malati. Loro, quei poveri agnelli normali, naturalmente trovano duro da capire perché, con le parole di Lisandro, «mai è stato liscio il corso del vero amore»[ii].
La disponibilità sessuale, un sogno impossibile ai tuoi tempi, diventa la norma alla fine degli anni Settanta e all’inizio degli Ottanta, solo per venire in seguito scossa da una nuova malattia i cui orrori non puoi neppure immaginare. Non avresti creduto quanto ti sto dicendo ora, attraverso i 35 anni che ci dividono: noi siamo i fortunati.
[…]
I corpi malconci di uomini e donne gay, bullizzati, picchiati e maltrattati, che sono scesi in campo per contare e si sono rifiutati di scusarsi per quello che erano; questo ci ha dato qualcosa che non avremmo mai pensato di avere: l’orgoglio. Per migliaia di anni, la vergogna era il nostro destino e ora, ribaltando la situazione, siamo arrivati all’orgoglio, senza nemmeno – sembrerebbe – una fase intermedia fatta di ok-va bene-non l’avrei scelto ma eccomi qua. Chi l’avrebbe detto?
So cosa stai facendo, giovane Stephen. Siamo all’inizio del 1973, sei nella biblioteca a fare riferimenti incrociati sulle bibliografie in modo da trovare sempre più esempi di froci nella storia, nell’arte e della letteratura, con i quali speri di validare te stesso. Leonardo, Ciajkovskij, Wilde, Barons Corvo e von Gloeden, Robin Maugham, Worsley, “un Inglese”, Jean Genet, Cavafy, Montherlant, Roger Peyrefitte, Mary Renault, Michael Campbell, Michael Davies, Angus Stewart, Gore Vidal, John Rechy, William Burroughs.
Un così rilevante numero di grandi spiriti davvero conferma quella speranza; ti rincuora sapere che tante anime brillanti (anche se spesso dannate) hanno condiviso il tuo stesso impulso e gli stessi desideri. Conosco il valzer di schede di (auto)biografie della biblioteca che stai ballando, quegli stessi nomi sono ancora vicini alla superficie della mia mente quasi quarant’anni dopo. Mondi di arte e di idee, romanzi e poesie e si aprono davanti a te quasi casualmente. Passi il tuo tempo nella biblioteca bramando di sentirti dire che non sei solo, e un effetto collaterale non previsto è che tu raggiungi una vera educazione in una scuola privata disegnata per zotici bifolchi. Nascere frocio ti ha dato, per errore, un fantastico vantaggio sugli ordinari giocatori di rugby. Ma anche quei giocatori di rugby ordinari possiedono un’anima, e dovresti saperlo. Lo so che ora non riesci a crederlo, sembrano così sicuri, fiduciosi, beatamente normali. Hanno dato a Cuthbert Worsley il titolo, derivato da Kipling, della sua autobiografia (tanto esageratamente importante per te) The Flannelled Fool [iii]: «Questi sono gli uomini che hanno perso la loro anima/gli stupidi in flanella alla porta del cricket/i babbei infangati alla porta del calcio»[iv].
Guardi con distacco questi stupidi nello stesso modo in cui li temi, la gente ordinaria, il cui sentiero attraverso la vita è garantito. Loro non avranno bisogno di passare i giorni nelle biblioteche pubbliche, nei gabinetti pubblici e nei pubblici tribunali, pieni di vergogna, rifiutati con sdegno e oltraggiati. Non c’è internet, non ci sono i notiziari gay, né le chat né gli annunci uomini-cercano-uomini né star che fanno coming out. Solo un mondo di vergogna e segretezza. In qualche modo, intanto che cresci, verrà cesellato un miracolo, inizierai a discendere sempre più negli abissi: espulsione, reato e prigione, niente che sia direttamente legato al fatto di essere gay, ma tutto a che vedere con l’amore e la tua inabilità a gestirlo. Eppure, come dicevano gli scapoli dell’epoca della Reggenza, «ti riprenderai» e ti troverai all’università, dove sarà incredibilmente facile mostrare la tua sessualità. Non c’è da sorprendersi, perché l’università è Cambridge, un focolaio di virtuosa tolleranza, di petting spirituale e omo isteria. Emergerai da Cambridge per entrare in un mondo dove essere “out” non è un problema, anche se molto pochi tra i tuoi coevi troveranno altrettanto facile emergere dall’ombra. Prima di condannare alcuni per aver fallito il coming out, guarda ai loro genitori, la risposta sta quasi sempre lì. Oh come sei fortunato in quella facoltà, come in altre, giovane Stephen. Ma non illuderti, per milioni di adolescenti in Gran Bretagna e altrove è ancora il 1973. Scherni, pestaggi e punizioni aspettano i gay in tutto il mondo, nei campi di gioco e nei luoghi di esecuzione (la distanza tra i due è misurata soltanto da costituzioni politiche e volontà umana). Sì, crescerai e diventerai un uomo molto, molto, molto, molto fortunato, capace di esprimere la sua natura apertamente senza paura di odio o rappresaglia se non quelli provenienti dai più fuorviati, forsennati e afflitti. Però è una piccola vittoria, resta un intero teatro di guerra, più grande della semplice questione di essere gay, così come la questione dell’amore si allarga oltre la semplice questione della sessualità. Perché insieme alle politiche sessuali, tutti i traguardi dell’illuminismo (che hanno condotto tra l’altro alla liberazione dei gay) sono più che mai a rischio. La mano crudele, ipocrita e senza amore della religione e dell’assolutismo è caduta sul mondo ancora una volta.
Quindi il mio messaggio dal futuro è duplice: non temere, giovane Stephen, la tua vita si spiegherà in modi che saranno più ricchi, accettati e felici di quanto tu non possa osare sperare. Ma sii cauto, in quanto i più semplici fondamenti di razionalismo, apertura e libertà, che ti nutrono ora e sembrano inattaccabili, stanno per essere assaltati e assediati da menti malevole, mentecatte e medievali.
Povero caro, guardati, macerato nella tua infelicità. La verità straordinaria è che tu vuoi essere lì. Al contrario di molti giovani, non brami l’età adulta, i pub e le chiavi dell’automobile, tu vuoi essere dove sei, nella Repubblica della Pubertà, dove le emozioni hanno il primato e la sofferenza è bellissima. E sai una cosa? Penso tu abbia ragione.
(Versione rivista di un articolo per il 25° anniversario di Gay Times gaytimes.co.uk.)


