Lo spettro di casa di Maria Luisa Vezzali

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Nota di lettura di Stefania Portaccio

“Cominciare da se stessi, non finire con se stessi; prendersi come punto di partenza, ma non come meta; conoscersi ma non preoccuparsi di sé. Dobbiamo anzitutto capire bene cosa viene detto qui a proposito del ritorno.” Martin Buber, Il cammino dell’uomo, ed. Qiqajon – Comunità di Bose, pp. 50 e 51

Uno spettro si aggira per l’Europa è il celebre incipit del Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels. Mi diverte pensare – parlando nella testa con l’amica poeta, con l’autrice – che Lo spettro di casa sia, tra le tante cose che è, anche l’ammissione che se pure serve aggirarsi e mettere paura, da casa e dalla sua messa a fuoco bisogna partire. E, come dice Marco Bellocchio, Marx può aspettare. Ho scelto l’esergo da Buber sul ritorno, perché è questo movimento che Maria Luisa Vezzali esplora in quest’ultima raccolta poetica, ed è questo ad attrarmi. Per formazione e deformazione psicoanalitica credo che la riflessione sulle radici biografiche e quindi – per forza! –  storiche, sociali, culturali, fosse presente in tutta la produzione poetica di Vezzali – non penso si possa commerciare con la lingua poetica tenendosene lontani – solo che questo contenuto biografico non si faceva discorso. La poesia di Vezzali ha preferito finora al discorso il raddensamento, al racconto la poesia che non discorre e non scorre. Nel senso doppio che non è scorrevole e che la visione proposta non “rotola” ma è quella che è, precisandosi, approfondendosi, fornendo immagini e angolature nuove, non narrazione. Finora, dicevo, perché leggo Vezzali da molto, e ho conosciuto il suo poco indugiare in territori domestici o addomesticati da una lingua quotidiana, il poco suo indulgere verso il dire dispiegato e verso il lettore, voluto all’erta. Molto all’erta. Non che quest’ultima raccolta la si possa leggere con le antenne a riposo, questo proprio no, ma qualcosa è cambiato. La seconda raccolta di poesie di Maria Luisa Vezzali, lineamadre, del 2007, si concludeva con un esergo di Laurie Anderson: «il problema di quando si utilizzano le esperienze personali come materiale artistico è che prima o poi si finiscono le storie». Una boutade. Con i suoi aspetti di verità, se con esperienze personali s’intendano i meri fatti accaduti. E, anche in questo caso, aspetti esili, esigui, confutabilissimi. Ma Vezzali aveva scelto l’esergo per una ragione importante e molto personale, a sostegno di quella poetica ostica al racconto e ostile ai tributi all’io che già allora era la sua. Qui cade la mia scelta dell’altro esergo da Buber, quello sul partire da sé. Ho pensato questo, nel tempo: che Vezzali, da conoscitrice e traduttrice della poesia americana, non potesse essere ostile all’aspetto autobiografico per sé, ma alla deriva melensa e vittimistica che può prendere e prende, altrove ma di più presso di noi. Una raccolta di Anne Sexton, del 1960, s’intitola To Bedlam and Part Way Back, cioè – brutalmente ma alla lettera – “Al manicomio e parziale ritorno”.  Non ho potuto non notare l’assonanza con il sottotitolo scelto da Maria Luisa: dal 2023 al 1977 e ritorno.
Di questo ritorno sulle cose – di quello che W. Benjamin nel suo saggio Il Narratore ritiene necessario affinché la successione ininterrotta di urti, collisioni, eventi la cui sequenza è reversibile e poco necessaria, diventi esperienza – è frutto questo libro. È il pensare all’indietro filtrando – attraverso tempo e riflessione – i detriti e trattenendo isole alle quali si assegnano nomi. Che il processo sia personale e la mappa arbitraria non li rende meno preziosi, anzi: gli stimoli e le scelte di ritmo e lessico che Vezzali compie mi fanno muovere tra quel conoscere/ri-conoscere che è poi forse il solo nostro modo di capire.
Come dice Buber, ne Lo spettro Vezzali prende come punto di partenza per raccontare, in capitoli ma in poesia, l’infanzia e la sua fine, la politica e la delusione, e lo stare qui oggi, il suo particolare stare che fa sentire l’afflato con le cose profonde e che quindi diventa anche il nostro stare.
A p. 57 trovo la poesia da cui viene il titolo della raccolta, e che finisce così: la luce è come una nuvola uno spettro di casa / un ectoplasma di storie se solo fossi capace di leggere. Infatti, penso, non siamo capaci di leggere, ci proviamo da millenni, ma nessuna ricerca arriva davvero al succo, centra il bersaglio, va al cuore della questione. La questione intanto cambia, sempre essendo la vita umana ma in una sempre differente storia.
Scrive Vezzali a p. 63: se la vita è piuttosto cieca e la scrittura piuttosto / vedente laddove la scrittura non è vita / cosa vede se la vita è nuda […]. È questo tipo di interrogazioni e considerazioni ironiche che anima la terza parte della raccolta, quella dove proprio questa scelta di tono ho ammirato e mi ha del tutto conquistata. La parte s’intitola Nell’anno abbacinante, ma, come spiega l’autrice in una nota, per “anno” si deve intendere un ciclo, iniziato con il lockdown nel marzo del 2020 e chiuso alla fine del 2023 con la malattia del marito e la morte del padre.
Ecco un incipit, a p. 56: forse sarebbe più importante definire perché non si dorme. E un altro incipit, a p. 65: canto encomio e consolazione me li dettano i nonnati.

Ed ecco tutta la poesia a p. 73:

perché la speranza dovrebbe essere una virtù me lo chiedevo
bambina rimuginando in porta nel cortile del refettorio
almeno finché il pallone restava nell’altra metà del campo che sorpresa
scoprire ch’era una domanda condivisa da angelici dottori
la virtù è disposizione degli esseri perfetti e noi oppure
è ciò che rende buoni e noi o anche adeguazione alla debita
misura e noi irrimediabile poi il pallone tornava pericolosamente
in vicinanza il pensiero scorreva nelle braccia adunche nella
contrazione dei ginocchi il più delle volte paravo per questo
anche se femmina ero in squadra coi ragazzi androgina
finalmente liberata dal sesso come gli angeli il ciuffo
biondo soffiato via dalla fronte il sudore impolverato dalle guance
la speranza allora era parare la risposta my friend soffiata via dal vento
la soluzione delle difficoltà riposta tra le righe
angeliche dei dottori

*

Da Lo spettro di casa. (Dal 2023 al 1977 e ritorno) (puntoacapo Editrice 2025)

Uno sguardo all’angolo fuori
tra gli infissi della finestra

Un gesto incerto infesta in attesa
osserva il covo dell’interno

proiettato da anni a venire
Un risucchio mammifero dal foro

Tutto quello che nasce – pensa –
produce calore

*

Ha fiori rosa la carta da parati
ma nell’armadio tutti i vestiti sono neri

La notte scende con la sua gabbia
sospesa su smilze zampe di gallina

Sul davanzale sparge frammenti di falena
ossa scricchiolanti per aprire al buio

È mezzanotte – lei dice –
e la mia vita non comincia ancora

*

FRONTE, PIANO TERZO, INTERNO 8

A 15 anni può credere
che il luogo in cui si sdraia
non sia un letto, ma groviglio
di sillabe del suo nome scomposto

Il pavimento apre bocche atroci
Senza comprendere prova
a tradurre lo schisma delle giunture
(Sposerà quella contusione indelebile)

Sussulta al toccarsi sul ventre
minuscole punte braille
un tessuto tarmato
Chi la incrocia a volte per strada

riceve uno sguardo di sbieco
prima che apra il portone
Ci sarebbe anche un sorriso sotto
il talismano bluastro dello zigomo

VIA MASCARELLA

E prima ruggisce per il centro il drago
millepiedi la sua conoscenza inappresa
incontrollata inschierata eccedente
progetto perenne e sarabanda

Nell’aria ormai irrespirabile l’immonda
telefonata del rettore
diventa ferro vicolo chiuso l’aria
fredda e grigia del venerdì

di nessuna primavera ferro coagula e posti
di blocco e un odore compatto di benzina
Dal vuoto al vuoto tutti insieme ormai soli
il polmone trapassato dallo stato

(Una teca coprirà i fori dei proiettili
e la filosofa in trance chiusa nel bagno dell’università
per sempre e tu appena nata morta e rinata per sempre
ricacciata nel mondo privato da qui)

*

sarebbe forse più importante sanguinare attraverso
gli stati della materia transfiniti e contigui
il terreno in cui germogliamo anche senza radici che non siano
l’amore come in un enigma sinistro uno stadio larvale e non solo la pelle
gli strati squamosi e non solo la sclerosi dell’energia
per gli istanti e le tele vibrate di rosso per gli stucchi
e le sere davanti alle serie per le serie fiorite di referti
l’insofferenza e il rapimento dei libri l’autentica e primiera azione di stare
per il sentire nonostante il difficile prodigio del sentire
più importante il lavoro per negazione o esclusione
che rimanga o piuttosto evolva qualcosa
casomai sulla soglia restasse qualcosa
la coppia elettrone-lacuna al di fuori di cui OMISSIS
un odore di cui siamo il sogno a parte le mani che
possono ancora toccarsi

*

il fondo dell’anno non è nel tempo abbacinante di calce e cadute
ma non nel tempo
cerca la coincidenza con lo spettro di casa
dopo che è stato allevato con perifrasi ribadite ogni giorno con lunghe
lenze lanciate a ritroso a ripescare oggetti esenti da esaurimento
da usura scaglie placcate cartigli falde dilatate di fuoco non nutrito
di traguardi pilastri brocche di recriminazioni sempre dilacerato
per recuperare quello che siamo
solo restando si beve a questa fonte
solo andando la sete è un’offerta
andando restando appresso all’eco
la lontananza è un linguaggio una geometria
alla linea rimanente
sezione aurea rispetto
spartito fumoso che trascina nel canto
la casa spettrale la casa tutta occhi e braccia torri impilate di sequenze
discontinue
l’ordine cronologico è un airone tangram ogni sera mi sfugge
mi sfugge l’ordine dell’assetto
nel gioco delle sedie una sempre è mancante
pertanto si continua a ruotare nonostante il liquido che cola dalle giunture
nonostante

*

Maria Luisa Vezzali (Bologna 1964) è docente di Materie letterarie nella scuola superiore. Come traduttrice ha pubblicato Adrienne Rich (Cartografie del silenzio, Crocetti 20202, e La guida nel labirinto, Crocetti 20212, premio per la traduzione dell’Università di Bologna) e Lorand Gaspar (Conoscenza della luce, Donzelli 2006). Per Raffaelli (2011) ha curato un’edizione dell’Anabasi di Saint-John Perse. Altre autrici tradotte su rivista: Michelle Cliff, Carole Darricarrère, Imtiaz Dharker, Marlene Dumas, Shira Erlichman, Elaine Feinstein, Denice Frohman, Vénus Khoury-Ghata, Jade Lascelles, Karyna McGlynn, Polly Atkin, Stephanie Sy-Quia. Fa parte del collettivo di traduttrici WiT (Women in Translation), che ha prodotto Audre Lorde, D’Amore e di lotta (Le Lettere, ottobre 2018). Ha collaborato al volume appena uscito Boschi cantate per me. Antologia poetica dal lager femminile di Ravensbrück, a cura di A.P. Moretti (edizioni enciclopediadelledonne.it 2025). In poesia ha pubblicato L’altra eternità (Edizioni del Laboratorio 1987), Eleusi marina (in “Terzo quaderno italiano” a cura di F. Buffoni, Guerini e Associati 1992), dieci nell’uno (Eidos 2004, disegni e sculture di Mirta Carroli), lineamadre (Donzelli 2007, premio Anterem/Montano), Forme implicite (Allemandi 2011, gioielli e disegni di Mirta Carroli), Tutto questo (Puntoacapo editrice 2018, premio don Luigi Di Liegro 2020). È di recente uscita sempre per Puntoacapo Lo spettro di casa (dal 2023 al 1977 e ritorno). Suoi testi sono tradotti in inglese, spagnolo, francese, tedesco, svedese e arabo. È comparsa in numerose riviste e antologie, tra le quali Sotto il cielo di Lampedusa. Annegati da respingimento (Rayuela 2014), Sotto il cielo di Lampedusa II. Nessun uomo è un’isola (Rayuela 2015), Officine della poesia/1. Bologna (Kurumuny 2018) e Lunario di desideri (a cura di V. Guarracino, Edizioni Di Felice 2019). È stata invitata al Festival di Mantova nel 2011 e nel 2022, al Festival dell’Autobiografia di Anghiari nel 2018, a Vola Alta Parola nel 2021, al festival aretino Confluenze nel 2024, nonché in varie edizioni di PoesiaFestival e Pordenonelegge. È giurata all’interno del premio di Bologna in Lettere. Fa parte dell’Associazione femminista Orlando, per la quale nel 2012, 2018, 2019, 2020 e 2025 ha tenuto lezioni all’interno del “Corso di Etica e Politica in prospettiva di genere” dell’Università di Bologna. www.marialuisavezzali.com

(A cura di Silvia Rosa)