GIANCARLO BARONI
Le immagini fotografiche di Luigi Ghirri sono particolarmente poetiche e continuano a ispirare chi scrive versi. Condivido qui 4 testi di due autori parmigiani (io e Daniele Beghè che troppo presto dolorosamente ci ha lasciati), di un colornese (Alberto Padovani, scrittore e musicista) e di un modenese (il critico e poeta Alberto Bertoni).
Un cancello nella nebbia
(per Luigi Ghirri e Gianni Celati)
Vieni fuori, sappiamo che stai immaginando
bussavano contro la porta
a vetri, ma non c’era già più, in viaggio
dentro mappe atlanti.
Picchiavano più forte con le nocche
sentiva da lontano vieni fuori le voci
attutite lo inseguivano
echi di minacce, entrava
in una casa di campagna arredata
con semplici ricordi e vecchi mobili.
Sulla soglia indugiava
gli occhiali appannati per il freddo;
intuiva oltre la finestra
un cancello sfuocato nella nebbia.
Giancarlo Baroni
Autori vari, Antologia Premio Nazionale di Poesia “Terra di Virgilio”, Gilgamesh Edizioni, 2022
Cancello (omaggio a Luigi Ghirri)
Nella pianura di colpo ho visto
le forme del mondo dietro un cancello
aperto su cristalli umidi, tutti uguali,
microscopici. Si proietta un film
sulla pancia larga della nebbia: un uomo
avanza su una bici gialla in questo piano
che non inclina mai dalla parte della fine.
Daniele Beghè
Rosette (quartiere cosmico), Arcipelago Itaca Edizioni, 2021, Prefazione di Matteo Pelliti
Su una foto di Ghirri
a Daniele Benati
Sei sicuro che una fonte canti
e che il fiume fuggendo
senza più fiato fra gli alberi
pensi come noi di arrendersi
agli argini tremanti, ai soprassalti
delle lanche in amore
mentre ci aspetta, immobile, una foce?
Domande non da poco
senza risposte
a due passi dalle porte
che improvvise chiedono ragione
di perché e come
passiamo altrove
con questa spinta così forte
da tagliarci il fiato
quando nemmeno ancora immaginiamo
noi stessi
nella forma della morte
Alberto Bertoni
L’isola dei topi, Einaudi, 2021
Ghirri
Non credo
alle riunioni affollate
Non credo
agli sbirri della cultura
Credo a lui
a Luigi Ghirri
Credo alla Via
Emilia denudata
Tolti gli orpelli
Le sovrastrutture
Tolte le ideologie
Le morte nature
Credo all’utile
Quello che serve
Credo all’occhio
Quello che vede
Tolta la crema
La bella gente
Tolta la vernice
Resta la natura.
Alberto Padovani
La poesia sociale, Epika edizioni, 2025, Postfazione di Luca Ariano
Nato in una frazione di Scandiano in provincia di Reggio Emilia nel 1943, Ghirri è scomparso neppure cinquantenne nel 1992, ma la sua figura e il suo sguardo sul mondo rimangono attualissimi. Le sue immagini continuano a incantare non solo i poeti ma anche i saggisti e i narratori; il suo sguardo sui paesaggi e sulle cose influenza ancora oggi i nostri occhi.
Lo scrittore Marco Belpoliti, nato nel ’54 a Reggio Emilia, nel suo libro Pianura (Einaudi, 2021) dedica diverse pagine a Ghirri delineando un ritratto di uomo e contemporaneamente di artista: «La leggenda più nota è quella della sua distrazione, di essere un uomo molto distratto, così che si dimenticava di tante cose […] Era come se la sua testa fosse occupata prima di tutto dalle immagini».
Il narratore parmigiano Guido Conti, nel corposo volume Il grande fiume Po (Mondadori, 2012) ha dedicato un breve capitolo a Ghirri significativamente intitolato Il paesaggio che educa lo sguardo: «Ghirri ha cambiato il modo di fare fotografia ed è diventato un maestro nel mondo perché ha intuito che prima di tutto bisogna capire come il mondo vuole essere guardato».
Grazie alle Lezioni di fotografia (Quodlibet, 2020, il libro è curato da Giulio Bizzarri e Paolo Barbaro e contiene uno scritto biografico di Gianni Celati,) comprendiamo che per Ghirri la fotografia è «un modo di relazionarsi col mondo», qualcosa che si colloca fra «la staticità della pittura» e «il dinamismo del cinema». L’immagine fotografica nasce all’interno di un dualismo dialettico fra positivo e negativo, realtà e mistero, luce e buio, visibile e invisibile, conosciuto e ignoto, fra il visto e l’escluso dalla vista, fra il dentro e il fuori, «tra mondo interno e mondo esterno», «fra ciò che devo rappresentare e quello che voglio lasciare fuori dalla rappresentazione». Per Ghirri la fotografia è «una finestra aperta sul mondo».
Lezioni di fotografia è accompagnato da un testo dello scrittore Gianni Celati intitolato Ricordo di Luigi, fotografia e amicizia; scrive Celati: «Fotografare per lui voleva dire essere sorpreso da qualsiasi cosa…trovare quell’emozione che ti fa immaginare la vastità dello spazio, anche nelle cose più quotidiane. In questo senso, l’idea d’una visione naturale che aveva, è l’idea di uno stato d’incantamento, che noi chiamiamo poesia…». L’affettuosa testimonianza di Celati mi ha offerto diversi spunti quando ho composto la mia poesia Un cancello nella nebbia.
Le immagini fotografiche di Ghirri, le sue riflessioni, richiamano inoltre l’attenzione di uno psicoterapeuta di lunga esperienza come Ivan Paterlini che al fotografo reggiano dedica adesso un intero libro intitolato Luigi Ghirri dentro lo scatto di un analista (Mimemis Edizioni, 2025, con sei disegni su carta di Daniela Nasoni e Prefazione della scrittrice Monica Mazzolini). In questo libro, fa notare Daniela Nasoni, «lo sguardo dell’analista e quello dell’artista Ghirri si incontrano». Monica Mazzolini, nel suo saggio introduttivo La fotografia di Ghirri e la relazione con lo spazio d’analisi, mette in evidenza che ci troviamo davanti a un testo «in cui si mescolano fotografia e psicologia»; si tratta di «un’indagine della poetica ghirriana e il racconto di tredici relazioni analitiche, casi clinici estrapolati dall’esperienza lavorativa dell’autore, incontri ed esperienze autobiografiche». L’intenso, appassionato ed estremamente documentato coinvolgimento di Paterlini nel mondo di Ghirri non è dettato solo da un interesse professionale ma anche da motivazioni personali, le stesse che riportano ognuno di noi verso i luoghi e i paesaggi dell’infanzia e dei primi ricordi. «I luoghi dell’anima che Ghirri ha fotografato sono i miei luoghi, e forse anche per questo motivo la sua opera ha risuonato così intensamente e profondamente in me», confida Paterlini.
La narrazione del libro si muove e si sviluppa all’interno di una dimensione inevitabilmente terapeutica e analitica ma si apre con decisione e frequenza al confronto con famosi personaggi del cinema (Fellini e Wenders per esempio), della letteratura (Dostoevskji, Proust, Mann, Handke), della pittura (Jan Vermeer, Piero della Francesca e Giorgio Morandi). Dal pittore bolognese Ghirri è particolarmente affascinato; scrive a questo proposito Paterlini: «Ritorno a pensare come Ghirri e Morandi abbiano toccato gli stessi temi, svelando la vita segreta del mondo attraverso oggetti comuni che accompagnano le nostre quotidiane esistenze».
Vedere con occhi nuovi e incantati il mondo, usarli come obiettivi per inquadrarlo. Lo scopo «primario per Ghirri non è fare fotografie», dice Paterlini, «ma creare delle carte da visitare, delle mappe da consultare, delle scene da rappresentare, posizionandosi sempre davanti al mondo in modo diretto per una comprensione in profondità».