Dalla prefazione di Antonio Lanza
[...] Come chiarisce Sinfonico in nota, il titolo della raccolta si deve a una citazione dalla canzone Ad Angelo Mai di Leopardi dove, lo si ricorderà, le spente lingue rappresentavano le lingue classiche (quella latina, in particolare), certo non più parlate, ma ancora auspicabilmente capaci, in chiave risorgimentale, di spronare i vivi «ad atti illustri». [...] Con il suo frammentarsi in una prospettiva plurale, e al netto dei furori leopardiani, Le spente lingue campiona così da un materiale eterogeneo di testi provenienti perlopiù dall’antichità classica, ma non esclusivamente, una serie di esempi che riguardano particolari espressioni linguistiche la cui pregnanza e bellezza e stratificazione risuonano nella nostra contemporaneità. Investendola, è il caso di dirlo, di una luce nuova. Scoprire la particolare sensibilità cromatica degli antichi Egizi, i quali chiamavano “Grande Verde” il mare che per i romani era piuttosto un semplice possesso, scatena ad esempio nel secondo testo della raccolta una serie di vivide immagini in cui l’aspetto agricolo e quello acquatico si fondono: «Viene da pensare a una prateria d’acqua, / un’erba senza terra, una vela nel verde». Lo spunto iniziale dei testi è sempre un riferimento al mondo antico (latino perlopiù, tra epoca repubblicana e imperiale; solo in alcuni casi a quello greco di età classica, con una sola incursione nel medioevo o in culture lontane come quella persiana), ed è molte volte selezionato da opere storiografiche (Erodoto, Cesare, Tacito), ma anche da Aristotele o Marziale. Non sempre però il passo del libro che offre l’avvio è reso esplicito nel testo, anzi è più spesso taciuto: in alcuni casi sarà possibile desumerlo dal contesto, mentre in altri rintracciarne le fonti risulterà problematico. Questa deliberata opacità, tuttavia, è la forza di queste poesie, che risulterebbero altrimenti soltanto un gioco intellettualistico ed erudito e rimarrebbero schiacciate sullo sfondo storico da cui nascono. I lettori noteranno invece come talvolta questi testi si stacchino da quel fondale, compiendo una sorta di movimento in avanti, attraverso i secoli, verso di noi e la nostra cultura novecentesca e pop.[...] Seppure straordinariamente omogeneo nelle ragioni compositive, con testi brevi, privi di titolo e perlopiù monostrofici, Le spente lingue presenta una suddivisione interna in quattro sezioni, scelta determinata, immagino, da ragioni di ordine tematico: peculiari espressioni linguistiche nella prima, esempi tratti dalla letteratura nella seconda, spunti di argomento religioso nella terza e, nell’ultimo segmento, testi in cui si susseguono sanguinose campagne militari. [...] Il filtro richiesto in Le spente lingue dalla grande di stanza temporale non è certamente solo di natura linguistico-grammaticale, ma direi piuttosto di postura rispetto a quel mondo e più in generale, quindi, riguarda la poetica dell’autore. L’antichità classica, lo si sarà intuito, non è un rifugio né tantomeno un luogo che offre occasione di ingenua adesione, ma rappresenta invece [...] uno spazio ulteriore di incontro con una alterità che rimane irriducibile, ma che pure è necessario accostare e tentare di erodere. [...]
Da Le spente lingue (Vydia Editore 2024)
L’archeologia confluisce nella cromatica,
rilegge il nome egizio del Mediterraneo
dentro stanze sommerse: Grande Verde.
Viene da pensare a una prateria d’acqua,
un’erba senza terra, una vela nel verde.
*
«come frutta di luce»
CALVINO, La distanza della Luna
Malum aureum è il nome dell’arancia
in latino. L’astronomia delle lingue
capta pomi di luce.
Da un catino senza fondo
e nero risale in superficie
un frutteto d’ambra.
*
Flavio era il titolo dei sovrani,
biondeggiante spiga di grano
nella brumosa Storia dei Longobardi
dove tra l’altro si legge di un diluvio
da Venezia alla Liguria, miracoli,
draghi, fioritura delle arti liberali
e sepolture sotto scale.
*
Il paradiso manda chiarori
da sotto una cenere di parole:
in origine era solo un giardino
riservato alla caccia dei satrapi,
sogno naturale circondato da mura.
Discendono chiari corollari:
il paradiso è calpestato da stranieri
e il persiano è la lingua dei beati.
*
Dopo aver conquistato Fenice
città dal nome gentile, Teuta,
regina superba, incontrati gli ambasciatori
ne fece uccidere uno in partenza.
In primavera assediò altre città
dai nomi meno screziati, ma incantevoli
furono gli stratagemmi: in una
i marinai entrarono con addosso una tunica
e le spade nelle anfore.
*
Damiano Sinfonico (Genova, 1987) insegna in un liceo. Ha pubblicato due libri di poesia: Storie (prefazione di M. Gezzi, L’arcolaio, 2015) e Lingualuce (L’arcolaio, 2017). È incluso nell’antologia Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90 (Interno Poesia, 2019). Ha tradotto dallo spagnolo Se volessi potresti alzarti e volare di J.C. Rosales (prefazione di V. Nardoni, Interno Poesia, 2021). Nel 2021 è risultato finalista al premio Italian Poetry Today.
(A cura di Silvia Rosa)