SILVIA RAGO
Ora posso
Ho guardato tutto,
ogni crepa sotto il tappeto,
ogni silenzio cucito ai pasti,
ogni amore spigoloso travestito da dovere.
Ho preso appunti sull’anima,
mentre il mondo faceva finta di niente.
Ho stretto i denti,
ho stretto me,
fino a dimenticarmi il respiro.
Mi sono protetta,
con un egoismo buono,
di quelli che salvano,
che dicono: io valgo quanto tutti.
Sono scappata,
per non affondare.
Sono tornata,
per capire.
Ho visto tutto.
E ora posso.
Posso essere la miccia,
la frattura,
il gesto che spezza il ciclo.
Ho mani che tremano e ardono,
ho occhi che non chiudono più.
Porto verità come una torcia
Nella stanza dei segreti.
Se sbaglierò,
lo farò in piedi.
Con la schiena dritta
E il cuore scoperto.
Non ho più paura.
Non ho più alibi.
Ho me.
E finalmente
Mi basta.
*
Anime Antiche
C’è una malinconia
Che nasce prima del nome,
prima del corpo,
prima ancora del respiro.
È una crepa sottile
Nel vetro dell’anima,
una goccia che scava
anche quando il cielo è sereno.
Alcune di noi
La portano negli occhi,
come ombre di pioggia
in giornate di sole.
Si siede accanto al cuore,
non dice nulla
ma pesa.
C’è un vuoto che non ha fame,
che non ha sete,
ma inghiotte comunque.
Una voragine silenziosa
Che si apre nel petto
Mentre sorridi per non cedere,
mentre dici: “sto bene”
e le lacrime spingono dietro le ciglia
come onde contro scogli fermi.
Ci sono notti
In cui le anime antiche
Ci chiamano giù,
ci sussurrano versi
che non ricordiamo,
ma che fanno male
come ricordi mai vissuti.
E la fatica
La fatica di restare
Con le mani aperte,
di dire “sì, sei parte di me”
senza lasciarsi affondare.
Di accogliere il buio
Come si accoglie un figlio
Che non si è scelto,
ma che chiama “mamma”
con voce spezzata.
Non è facile
Essere casa
Per tutti i tuoi frammenti.
Ma tu lo fai.
Ogni giorno.
Anche oggi.
*
Vie del centro
Cammino tra i muri antichi
Che sussurrano storie al silenzio,
le persiane socchiuse come occhi
che hanno visto amori e addii.
Il passo risuona
Sulla pietra consumata,
è il mio ritmo
tra le ombre del giorno che cade.
C’è una pace, in questa solitudine,
che non sa di vuoto
ma di spazio
per pensare, sentire, ricordare.
Una bottiglia verde
Appoggiata al muro
Mi guarda con la pazienza
Di chi sa restare.
Cammino,
e mi sento intera
nella malinconia leggera
che mi accompagna
come una vecchia amica
che non ha bisogno di parlare.
E in quel campanile laggiù,
che taglia il cielo con dolcezza,
c’è il promemoria
che anche le ore,
quando cammini sola,
possono sorridere piano.
Silvia Rago, Silenzi svelati, Atìle Edizioni, 2025
Ogni poesia in Silenzi svelati è una porta che si apre sul vissuto, una soglia sottile tra il detto e il taciuto, tra ciò che è stato ferita e ciò che oggi può finalmente farsi voce. La scrittura di Silvia Rago nasce da un’urgenza viscerale: quella di trasformare il dolore in luce, l’assenza in forma, la fragilità in bellezza.
Attraverso una lingua limpida, talvolta cruda e altre volte tenera come una carezza, l’autrice accompagna il lettore in un viaggio poetico che scava nell’anima, svela ciò che spesso resta nascosto e restituisce dignità alle emozioni più intime. Ogni componimento è un atto di resistenza e rinascita, una testimonianza che mostra come anche le crepe dell’esistenza possano diventare luoghi di passaggio, soglie da attraversare per ritrovarsi.
Nel silenzio che avvolge le parole, in quel vuoto che precede il canto, si cela il cuore pulsante di questo libro: un invito ad ascoltarsi, a riconoscersi, a non aver paura della propria verità. I versi raccolti in questa opera non offrono soluzioni, ma aprono spazi di riflessione e accoglienza, in cui ogni lettore e lettrice può ritrovare frammenti di sé. Silenzi svelati è un libro che non urla, ma resta. E nel suo restare, cura.
Un’intervista con l’autrice è apparsa qui.
(A cura di Silvia Pio)