TANYA DAVIS (traduzione di Silvia Pio)
Se all’inizio ti senti sola, sii paziente. Se non sei abituata ad essere sola, o se quando lo eri non ti piaceva, allora aspetta. Scoprirai che essere sola va bene una volta che avrai abbracciato l’idea.
Puoi cominciare da luoghi accettabili, il bagno, la sala da tè, la biblioteca. Dove puoi metterti in attesa e leggere il giornale. Dove puoi prenderti la tua dose di caffeina, sederti e stare lì. Dove puoi sfogliare le pile di libri e annusarli. Sono posti nei quali di solito non si parla, quindi sei al sicuro.
C’è anche la palestra. Se sei timida, puoi tenere compagnia alla tua immagine allo specchio e metterti le cuffie.
E ci sono i trasporti pubblici, visto che tutti dobbiamo andare da qualche parte.
E poi c’è la preghiera e la meditazione. Nessuno ti giudicherà se te ne stai col tuo respiro alla ricerca di pace o salvezza.
Inizia in modo semplice. Dalle cose che prima erano forse basate sul tuo principio di evitare la solitudine.
Il bancone della tavola calda. Dove sarai circondata da gente che si ingozza. Impiegati che hanno solo un’ora di pausa e non hanno tempo di incontrare il coniuge, quindi anche loro, come te, saranno soli.
Resisti l’urgenza di usare svogliatamente il cellulare.
Quando sei a tuo agio con questi pranzi al volo, porta te stessa fuori a cena. Un ristorante con le tovaglie di stoffa e le posate di lusso. Non sei meno intrigante se mangi un dolce in solitaria e raccogli la panna montata dal piatto con le dita. In realtà ci saranno persone ai tavoli affollati che desidereranno essere al tuo poso.
Vai al cinema. Dove c’è buio e conforto. Sola sul tuo sedile in mezzo ad una comunità che vagola.
E poi porta te stessa a ballare, in una sala dove nessuno ti conosce. Stai ai bordi della pista finché le luci ti convincono sempre più e la musica ti mette in risalto. Balla come se nessuno ti vedesse… perché è probabile che nessuno ti noti. E se lo fanno, presumi che sia con le migliori intenzioni. Il modo in cui i corpi si muovono spontaneamente al ritmo è, dopo tutto, magnifico ed emozionante. Balla finché suderai e le perle di traspirazione ti ricorderanno le cose più belle della vita, lungo la tua schiena come un rivolo di benedizioni.
Vai nei boschi da sola, e gli alberi e gli scoiattoli vigileranno su di te.
Vai in città che non conosci, gira per le strade, ci sono sempre statue con cui parlare e panchine fatte apposta per sedersi e dare a chi non si conosce una esistenza da condividere anche solo per un minuto, e questi momenti possono essere confortanti e le conversazioni che ti capitano sulle panchine forse non sarebbero mai successe se non ti fossi trovata lì da sola.
La società, però, ha paura di chi sta solo, tipo cuori solitari si consumano in seminterrati, tipo le persone devono avere dei problemi se nessuno dà loro appuntamento. Ma stare soli è una libertà che respira leggera e la solitudine guarisce se fai che succeda.
Puoi stare, avvolta da gruppi e folle o per mano al tuo compagno, e guardare sempre oltre nella cerca incessante di avere compagnia. Ma nessuno è nella tua testa e quando alla fine traduci i tuoi pensieri, un po’ della loro essenza potrebbe andare persa oppure forse conservata, forse al fine di amare se stessi. Forse tutti quegli slogan sdolcinati dall’asilo ai lamenti del liceo servivano a tenere sotto controllo chi si sente solo. Perché se sei felice dentro, la solitudine è benedetta e va bene stare da sola.
Va bene se nessuno la pensa come te. Tutte le esperienze sono uniche, nessuno ha le stesse sinapsi, può avere le tue stesse convinzioni, e per questo sii rincuorata, rendi tutto interessante e la magia della vita, vicina.
E non significa che non sei collegata, che la comunità non è presente, ma prendi la prospettiva di essere una singola persona dentro una singola testa e senti che effetto fa.
Rispetta il silenzio. Se possiedi un’arte che ha bisogno di pratica, smetti di trascurarla. Se la tua famiglia non ti capisce, o se le sette religiose non fanno per te, non preoccuparti troppo.
Potresti essere circondata se ne avessi bisogno.
Se il tuo cuore sanguina, fai in modo che sia utile.
C’è del calore nel congelamento, sii un testamento.
(Traduzione di Silvia Pio)
Nota del Traduttore.
La seconda persona singolare è al femminile, perché credo sia quello che l’autrice ha voluto significare, ma anche gli uomini si sentono soli e possono beneficiare di queste istruzioni. Il compagno nominato ad un certo punto è al maschile, ma solo per ragioni pratiche.
Nella lingua inglese ci sono tre sostantivi che traducono solitudine: “solitude”, che come tutte le parole di origine latina arrivate in Inghilterra attraverso il francese, è un termine più alto ed erudito; il corrispettivo più popolare è “loneliness” ed entrambi significano essere soli o isolati. E poi c’è “aloneness” che, come loneliness, ha un’accezione di sofferenza per il fatto di essere soli, di desiderare di essere con qualcuno e quel qualcuno non c’è, manca.
Tre sono gli aggettivi per descrivere chi è solo: “alone”, “lonely” e il sinonimo americano di quest’ultimo, “lonesome”. Si potrebbero tradurre, il primo con “essere solo”, una condizione neutra, e il secondo (e il terzo) con “sentirsi solo”, una condizione dolorosa.
Si noti che la trascrizione del testo inglese del video, che si trova nella descrizione del video stesso, presenta alcuni errori rispetto alla poesia originale, che si trova altrove online.
(L’immagine di copertina è un fotogramma del video.)