I Colori Del Non Esistere

LORENZO BARBERIS.
Bella mostra a Piazza sabato scorso: “I colori del non esistere”, di Sergio Bruno.
La luce brillante della Piazza Maggiore riecheggia, ingannevole, quella dei dipinti di Bruno (Curioso come la prima mostra monregalese dopo l’apertura di questa non-rivista abbia un titolo incentrato sulla non-essenza).
Entriamo dunque nelle penombre del Palazzo di Città.
Ci accoglie un dipinto dedicato a Cioran e al suo ironico, caustico scetticismo,
tra proclami di non-essere e l’invito a deporre la volontà.Saliamo le scale. Entrati nella prima sala, un fitto fumo opalescente ci avvolge.
Una foschia che suggerisce le nebbie della memoria, da cui i dipinti, disposti su grezza tela di cotone americano, emergono come lapsus freudiani, nei colori improvvisamente vividi e brillanti non appena ci si avvicina, come istantanee pulsazioni allucinatorie.
Essi sono ancora abbastanza definiti nella prima sala.
Un totemico cactus domina la scena, da un lato, col suo omaggio rituale di bottiglie
di cocacola, sfuggite da un quadro di Warhol; e si fonde ad altri cactus, altri totem che occhieggiano su quegli orizzonti da West hollywoodiano, da cui da un momento all’altro potrebbe emergere Tex.
Varchiamo la soglia della seconda sala, sfrangiata come quella di una tenda sciamanica,
come a passare dalla coscienza al dormiveglia, in un viaggio diretto al sogno.

La bruma lattiginosa si fa più intensa,  generata da una macchina nebulizzatrice stile disco anni ’70, come ci spiegano cortesi i nostri anfitrioni, l’autore Sergio Bruno e l’amica Raffaella Griseri, responsabile dell’allestimento della mostra.

Dalle pareti occhieggiano mille sfaccettature di quell’American Dream che volenti o nolenti tutti ci condiziona dal 1950 a questa parte: non però gli USA delle metropoli, ma l’America delle strade blu, dell’On the road di Kerouac e della beat generation, con vedute di sterminati deserti punteggiati di drugstore cowboys e donne affascinanti.

In fondo, per noi monregalesi la stessa figura di Sergio Bruno rimanda a quel sogno americano, pontefice tra la scialba provincia cuneese e il rutilante immaginario statunitense, tra Mondovì e Los Angeles dove la mostra ha avuto, nel 2011, una prima ideazione col titolo suggestivo de “Il sudario di un’anima”.
California, Arizona, Utah, Colorado turbinano davanti ai nostri occhi come in un onirico caleidoscopio. Colori caldi, vibranti come direbbe qualcuno, stesi in ampi strati materici seducono in una danza che alla fine si fa quasi ipnotica, saranno i fumi o la suadente musica di sottofondo.
Valichiamo la soglia della terza sala, completamente immersa nell’onirico mar delle nebbie.E’ la sala risorgimentale, la più austera, col suo ampio soffitto affrescato. L’effetto di straniamento ne risulta magnificato, evidenziato dal corrimano di luci intermittenti che delimita lo spazio del pavimento.  Sfugge la possibilità di una osservazione classificatoria, razionale, ci si limita a lasciarsi naufragare nell’abbraccio dei luoghi sognati, tele sindoniche come miraggi.
Ed ecco queste opere divengono infine una sorta di ponte sospeso, in una misteriosa transizione dove dopo un poco si iniziano a riconoscere profili famigliari, come lascia intendere il critico Carlo Grande nella sua presentazione della mostra:  ”Opere tornate qui perché nulla avviene per caso:  ”Continueremo ad esplorare”, scrive T.S.Eliot ” e alla fine delle nostre esplorazioni ci troveremo  al punto da cui siamo partiti, e conosceremo il posto per la prima volta”.
“Darei tutti i paesaggi del mondo per quello della mia infanzia”, diceva Cioran, appunto: e forse noi scopriamo che si può conoscere il Mondo nel Mondovì. E viceversa.
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I COLORI DEL NON ESISTERE
Dipinti ad acrilico di Sergio Bruno
Durata: 1 – 23 giugno 2013
Inaugurazione: sabato 1 giugno, ore 17
Sede espositiva:
Antico Palazzo di Città
Via Giolitti, 1
Mondovì Piazza
Allestimento a cura di Raffaella Griseri
Orario di visita:
dal martedì alla domenica, ore 15,30-19,00
Info: Ufficio turistico, tel. 0174-40389
e-mail: turistico@comune.mondovi.cn.it
Ingresso libero.
(non posso che invitare i nostri ventitré lettori ad affrettarsi a visitarla. Prima che i colori della mostra di Bruno ritornino definitivamente al non-esistere che gli compete.)
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Fotografie dell’articolo di Lorenzo Barberis