A Photo A Day

mr.president

LORENZO BARBERIS.

(foto di Urfaut)

Il blog è il fenomeno più importante del web 2.0.

Sulla filosofia del blogging esistono ovviamente varie posizioni.

Una delle principali suddivisioni è basata su quanto frequentemente si pubblica sul proprio blog. Blog deriva infatti da web log, “connessione alla rete”: ogni volta che ci si connette, si pubblica qualcosa.

Il blog nasce come diario online. Quindi, la filosofia originaria presuppone “A Post A Day”, un post (articolo) al giorno, come nella tradizione diaristica.

In seguito, si sono affermate altre filosofie, come A Post A Week, un post a settimana, una misura accettabile per un blog più “culturale”.

A Post A Month, un post al mese, è considerato di solito il minimo per ritenere il blog attivo.

In seguito si è sviluppato il photoblogging, favorito dalla diffusione della fotografia digitale e degli smartphone.

Dal 2010 in poi, il photoblogging è in costante crescita, tramite anche siti appositi come Tumblr.

È in questo ambito che si colloca l’esperienza di Urfaut, autore che, all’interno di una ricerca più ampia, ha deciso di creare come propria vetrina professionale il sito dailyphonenotes, sfruttando appunto un tumblr dalla grafica molto essenziale.

Il sito dell’autore propone solo le sue foto, in grandi dimensioni e con un semplice sfondo bianco. Anche i testi sono ridotti al minimo: una scelta minimalista, che sottolinea la centralità della foto.

La cosa più singolare di questo progetto-vetrina è la scelta impegnativa di rispettare la filosofia di A Post A Day, o meglio ancora A Photo A Day.

Fotografie, è inutile dirlo, realizzate in modo professionale.

Un segno “quotidiano” anche per via dello strumento utilizzato, che non è una fotocamera professionale ma uno smartphone, il più tipico supporto fotografico dell’età attuale; ma al tempo stesso realizzate con una cura quasi maniacale, riuscendo comunque a identificare sempre nell’immagine una molteplicità di piani di lettura che risulta ancora più affascinante se si tiene conto della quotidianità del progetto.

Il progetto ha ormai una sua consistenza, avendo festeggiato in data odierna il centesimo scatto, per un totale di 1096 foto quando il progetto sarà concluso. Non sappiamo se abbia questa valenza ermetica, ma il 1096 è l’anno della Crociata lanciata dal santo monaco Pietro l’Eremita, la crociata mistica che avvierà la riconquista di Gerusalemme compiuta poi nel 1096.

Per certi versi, anche il progetto di Urfaut può avere tratti della “crociata”: non nel senso più immediato e banale, di una sorta di battaglia morale magari contro una concezione superficiale dell’immagine digitale, ma nel senso che la crociata ha assunto nell’ambito iniziatico come simbolo di un “viaggio spirituale”, un “pellegrinaggio armato” in questo caso di fotocamera, il “viaggio dell’eroe” alla ricerca di un impossibile Graal.

Come detto, infatti, la presenza di elementi ricorrenti nel discorso di Urfaut (qui, e trasversalmente ad altre ricerche) rende il corpus (appena all’inizio) delle 1096 foto una sorta di grande testo coeso, da indagare alla ricerca di coincidenze e correspondences.

La didascalia (quasi sempre in inglese, talvolta in altre lingue soprattutto europee), precisa il senso, o almeno un senso, del gioco citazionista dell’autore.Il testo è dunque importante per indicare almeno un secondo piano di lettura dell’opera, diverso dalla pura immagine rappresentata. Importanti infatti anche i testi che appaiono all’interno della foto stessa, che contribuiscono spesso a produrre un nuovo significato: e questo “plasir du texte”, marcato per un fatto fotografico, sottolinea una certa “letterarietà”, sempre ironica e negata, dell’operazione.

Emergono così alcuni elementi della cultura personale dell’autore, quale ad esempio il culto per il cinema fantastico (tra le foto recenti: “redrum”, “plan 9”, “contact”) o alla cultura ermetica, dalla demonologia a Lovecraft. In particolare frequente è il contrasto tra Luce e Tenebra, Bianco e Nero.

Come una sorta di commedia dantesca, l’opera di Urfaut può anche darsi come riassunto della cultura precedente: più vicino, forse, alle 100 novelle del Decameron di Boccaccio più che ai 100 canti di Dante, dato che ovviamente il Divino non è sussunto direttamente alla fonte del viaggio ultracorporeo ma mediato dal suo tralucere, spesso ironico (l’Eliotropia…) nel reale.

Sperimentalmente, a puro titolo di esempio (il gioco andrebbe ritentato a testo completo) abbiamo ricostruito in gallery la storia della science fiction come emerge dall’opera dell’autore; una lettura ovviamente vicina, in tal caso, alla SF più mistica, da Providence a Philip Dick.

Come detto, il gioco andrebbe ritentato “a bocce ferme”; per ideare una possibile esegesi anche di questo lavoro: tuttavia emerge già un profilo preciso, per sintesi e non analisi ovviamente, dato il diverso mezzo fotografico rispetto a quello letterario. Se vogliamo, però, è anche vicino alla costruzione “per frammenti”, “per fotografie”; tentato dal romanzo sperimentale di Joyce, che non a caso richiama l’Ulisse dantesco e i suoi naufragi.

E qui si amplierebbe il discorso a dismisura: Joyce e gli sperimentali della “letteratura della crisi” usano diversamente la metafora della “fotografia del reale” rispetto ai primi letterati a confrontarsi con tale tema, i naturalisti, che intendevano la fotografia come “scatto scientifico”, mentre già una generazione dopo questa ingenuità si era dipanata.

Similmente a questa ardita (ma a nostro avviso potenzialmente fruttuosa) metafora, Urfaut rifiuta il pittorialismo più superficiale, ma fa spesso riferimento (non dichiarato, ma evidente) anche alla storia dell’arte pittorica, da Caravaggio a Ligabue, dal Surrealismo a Bacon. Dipinti però usati non come “modelli” per l’arte pittorica, in senso ingenuamente didascalico (un riferimento per “elevarsi”…) ma appunto come testi, in senso “semiotico” e postmoderno.

Collegato al discorso “testo-immagine”, sfogliando questo primo centone di sguardi, è quello del graffito urbano, scelto quale portatore di altre precisazioni nell’immagine rappresentata: sia che diventi il soggetto della foto, sia che appaia in secondo piano, come indicazione più criptica. Non a caso, nelle Illuminati Theories, il graffito è da sempre messaggio subliminale di un piano segreto o di un inconscio junghiano. A tale proposito, basti guardare il fondamentale Watchmen di Alan Moore (con corrispondenze, molto minori, anche nel film di Zack Snyder) per cogliere questo elemento.

Il meme più ricorrente, la chiave di tutto questo gioco letterario fotografico è forse l’icona di Topolino.

I tre cerchi del Mickey Mouse del massone Walt Disney sono per alcuni i tre punti circolari associati, dal 1773, alla Massoneria. E questi, a loro volta, rimandano ai tre cerchi congiunti dell’esoterismo, come simbolo del divino dantesco (sussunto a sua volta dalla cultura biblica).

Una vera disamina di tale fenomeno richiederebbe l’intero corpus, maggiori competenze di analisi fotografica e lo spazio e la robustezza corposa non di un articolo introduttivo come questo, ma di un saggio corposo, che potrebbe quindi intitolarsi fantasticamente, sul modello di Barthes, “Dante, Joyce, Urfaut” invece che dedicarsi a Loyola, Sade e Fourier.

Ma forse possiamo già in sintesi cogliere da questo articolo un possibile senso del progetto di Urfaut: un autentico amore per la geometria sacra, ricercata in ogni minuto dettaglio del quotidiano. Sia essa quella platonica di Dante, o quella non-euclidea di Joyce.

Lorenzo Barberis

Foto di Urfaut: “Happy Birthday, Mr. President!” (2013)

Gallery: la storia della fantascienza tramite le immagini di Urfaut.