Carnevale 2015

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LORENZO BARBERIS

Post obbligatorio per il mese di febbraio è la recensione del Carnevale di Mondovì.
Sfilata in grande spolvero quest’anno, la stampa locale parla di 20.000 visitatori, tanti quanti gli abitanti di Mondovì stessa in teoria, scesi nelle strade per ammirare la legione dei 3300 partecipanti alla sfilata. Cifre per alcuni esagerate, specie quelle del pubblico, ma comunque indubbio segno complessivo della buona salute della manifestazione.
La vera attrattiva ovviamente sono i carri, 11 quelli di quest’anno, con componenti spesso recuperate dalle piazze più prestigiose come Viareggio, e riadattate in formulazioni ibride, ingegnose, affascinanti. La stampa locale ovviamente è prodiga di indicazioni precise sui gruppi e sulle premiazioni; qui mi limito a suggestioni personali corroborate dalla consueta gallery fotografica commentata.

Il carro del titolo (qui una diversa prospettiva) è un bell’esempio del coacervo mostruoso di teste, volti, figure allegoriche che diventano questi carri monregalesi, sempre ricchi di particolari tutti da scoprire (qui sembra essere la grande polena centrale, con le grandi ali da pipistrello rosa-stellate, a celare sotto l’involucro dell’attillato vestito verde smeraldo una qualche misteriosa sorpresa).

Anche questo carro incentrato su un lisergico unicorno volante sembra abbandonarsi all’arte della fusione più sfrenata, e il terrificante orologio senziente non è un residuato bellico di qualche assemblaggio disneyano, ma simboleggia la rottura completa del continuum spazio-tempo causato dai funghetti allucinogeni che sorgono seminascosti poco più in là.

Apprezzabile questo carro polare, in perfetto tema con la Big Snow di questi giorni, dove il corteo di Yeti, pinguini e mammuth preistorici introduce un sorta di altare di ghiaccio su cui sanguina la testa mozzata di un ciclopico gorilla rosa, ancor timidamente sorridente post-mortem.

La nave dei pirati è un classico intramontabile, ma il vantaggio di anticipare la sfilata per ammirare i carri in fase statica come piace a me è di poter apprezzare dettagli che altrimenti andrebbero persi, siano i metallici capezzoli della procace polena a prua o il il teschio malandrino che ci saluta amichevolmente a poppa.

Notevole anche questo re del prato all’apparenza infantile e giocoso, se non fosse che il suo rosso trono è trainato da un corteo di multicromatiche e letati mantidi religiose. Ma il suo regno mortifero è ugualmente minacciato dal gigantesco ragno nero che si sta inerpicando alle spalle per ucciderlo col suo morso letale.

Un carro di Supermario era in arrivo mentre ancora esaminavamo la grottesca esposizione, soffermandoci su carri minori ma spesso non meno suggestivi.
Sontuoso è ancora questo carro dedicato ad un enorme, ciclopico gallo, incongruo rapace in fondo caro ai praticanti del rito voodoo, forse officiati dalla Gran Sacerdotessa del carro dell’Africa coloniale.

Simmetrico alla Regina Nera il carro di Biancaneve, il cui illustratore, a scelta, o lascia a desiderare nell’anatomia, o più probabilmente è tra i migliori pittori della scena dell’underground europeo.

Il carro del mondo è solo un supporto tattico, sembrerebbe, per il coloratissimo carro delle bandiere del Mondo(vì) che iniziano a gremire la città bassa. Un grande classico sempre di sicuro successo, nei colori sgargianti dei paesi di tutto il mondo pronti a farsi allegramente la festa l’un l’altro, nella finzione come nella realtà.
Carro tattico anche questo carro spaziale stipato di coriandoli, che inneggia alla Luna col Moonwalk ma ospita la sfera irregolare di Marte Pianeta Rosso.

Allegramente demoniaci questi altri carri imponenti e affastellati, che celebrano la Fortuna e la vorace fame del lupo en travesti da nonna di Cappuccetto Rosso.

E, per ultimo, i carri cui devo attribuire il mio personale premio di vincitori morali dell’edizione 2015 del carnevale monregalese.
Introdotto da quattro arpie poppute (il 2015 è l’anno in cui si sdogana il topless al carnevale di Mondovì, benché riferito ai soli carri ovviamente), il carro dell’Inferno/Paradiso è indubbiamente molto affascinante.

Il tripudio di demoni è incredibilmente fastoso, ma voltata la carta infernale scopriamo che il doppio volto del demone Giano ci mostra la faccia corrucciata del dio veterotestamentario.

Un carro gnostico, insomma, che ci rivela come dietro l’apparente innocenza angelica di un “gioco per bambini” il Carnevale celi, mal dissimulato, un volto demoniaco. In qualche modo, un preludio al carro che li compendia tutti, e che esplica questa natura diabolica del carnevale.
Sto parlando de “La fiaba del IV girone”, l’altro carro esplicitamente “demoniaco” in gara, questa volta senza controparte angelica.
Qui il diavolo è poco festoso e decisamente mefistofelico; il “quarto girone” ovviamente non esiste, perché i violenti sono puniti in solo tre suddivisioni, cosa che rende ancora più inquietante il titolo del carro, proveniente dal rione Sa(n)t’An(n)a.
Forse questo carro convincerebbe l’antica stampa cattolica monregalese che il carnevale è festa massonica voluta dal diavolo, mascherato come il Re Moro dell’antica età delle invasioni saracene che del ’700 domina la città bassa nell’automa posto alla sommità di San Pietro. Anche qui, Sacro e Profano, legati insieme, indissolubilmente. Come sempre, in questa città.