La vera sorgente

ketline Agora

Ketline Adodo e la poesia
Estratti dalla raccolta  Pèlerins du bonheur (Pellegrini della felicità) apparsa nelle edizioni de l’Harmattan (Dicembre 2013)
 
***
 
Pellegrini della felicità
 
Forzare il passo
Nell’apertura di un cuore
Insinuare il cuore
Nell’interstizio di una vita
 
Essere il fiore che danza
Tra l’attesa e l’oblio
Tra il sogno e la pazzia
 
Essere l’ “io” che pensa
Tra la ricerca ed il piacere
Tra la paura ed il desiderio
Nelle oscurità
Del “gioco” esistenziale
 
Essere sorgente e riflesso
Lasciar passare la Luce
Che si rivela
E ci rivela a noi
Prigionieri dei nostri limiti
Ma liberi dai nostri sogni
Sulla strada infinita
Dei pellegrini della felicità
 
***
 
Soltanto amare
 
Amare
Senza prendere
Senza possedere
 
Amare
Senza temere
Senza esigere
 
Amare
Senza  aspettare
Senza legare
 
Amare
Senza trattenere
Senza appartenere
 
Amare
Soltanto
Amare
 
***
 
La mia piccola musica notturna
 

Tu hai spinto la porta della mia notte
Per entrare nelle profondità
Del mio mistero
 
Tu hai scelto di abitare la mia notte
Con le sue grida e i suoi terrori
I suoi luoghi di dubbio e le sue chimere
 
Tu hai fatto il tuo nido nella mia notte
Con fuscelli di sogno spigolati
Sulle strade del mio deserto
 
E ti sei rannicchiata nella mia notte
Come una promessa inalterabile
Incastonata nell’ombra domestica
 
Tu hai fatto corpo con la mia notte
Per riempire con il tuo piccolo corpo
Il vuoto delle mie disperazioni
 
Tu ti sei accordata con la mia notte
Per raggiungere il cuore del mio silenzio
Mia piccola musica notturna
 
E io ti portavo nella mia notte
Come un calice di cristallo
Così prezioso e così fragile
 
Pure sei tu che mi portavi
Su tutte le strade della mia notte
Come un complice
 
Come un amico
Che mi ispira fiducia
Che mi induce speranza
 
Poi un mattino di grazia
La promessa si è compiuta
E tu sei uscita dalla mia notte
Come un uccello del paradiso
Per portarmi via in volo
Verso il tuo orizzonte di luce
 
***
 
Africa  strada  mia
 
Tu mi chiamavi da tempo, dalle viscere della mia isola
Mescolando la tua voce alle onde del suo mare inquieto
Io portavo notte e giorno questa assenza di te
Come un vuoto assillante, come una mancanza di sé.
 
Il tuo richiamo aguzzato dall’eco della storia
Risvegliava mille grida in fondo alla mia memoria
Scoprivo la tua anima al soffio delle canzoni
Delle danze che segnavano il ritmo delle stagioni.
 
Il mio spirito percorreva le tue leggende altere,
I tuoi regni sacri dalle mitiche frontiere
Io sognavo di grandezza, di spazio, d’infinito,
dei valori che nutre il tuo suolo nobile e benedetto.
La stella che conosce i segreti della tua volta celeste
Tracciava il mio orizzonte ai confini della tua strada.
I miei passi e i miei passi falsi, le mie scelte e i miei rifiuti,
tutto mi portava verso di te in uno slancio confuso.
 
Non so davvero come ti preferisco:
Quale mi apparivi, silenziosa pastora,
O come io amavo vederti nel mio cuore,
a fecondare il nostro mondo innamorato del tuo calore?
 
Io so molto semplicemente che un mattino  sbalordita
Io scoprii in te la strada della mia vita.
Comunque progetti il domani, Africa, tu mi tieni
Ed è bene così, perché io ti appartengo!
 

Ketline 103

 Note biografiche
Sono nata all’incrocio dei fiumi che abbracciano la valle di Jacmel, a sud-est di Haïti. Jacmel, capitale dell’artigianato e del carnevale. Città splendida e splendente, che ha portato al mondo degli scrittori e dei poeti celebrità come Roussan Camille, René Depestre e Jean Metellus. Ragioni universitarie, professionali e familiari mi hanno portata verso diverse destinazioni: Bordeaux, Parigi, New York, Ginevra, Bruxelles, infine Lomé, dove ho ritrovato e ripiantato le mie radici dal 1984.
Breve profilo: studi di filosofia a Bordeaux, di servizio sociale a Parigi e dei mezzi di comunicazione di massa a New York, Professionista dei media e della comunicazione, membro della Società dei poeti Francesi, membro dell’Associazione degli scrittori togolesi, Socio dello Zonta Club International, Membro di  Toastmasters International, Fondatrice di Jacmelia, una associazione che mira a promuovere l’insegnamento e la pratica della scrittura poetica nelle scuole.
 

Pubblicazioni
Etude sur la poésie, la tradition orale et la littérature au Togo et programme d’initiation pour les élèves des écoles primaires (Studio sulla poesia, la tradizione orale e la letteratura del Togo e programma di iniziazione per gli alunni delle elementari)
http://portal.unesco.org/culture/es/files, 2001
Entre toutes les femmes (Tra tutte le donne)
Edizioni Nouvelle Pléiade Parigi, 2000. Gran Premio Léon Dierx 2000 della Società dei Poeti francesi. Premio dei lettori della biblioteca della città di Limbé (Haïti)
Au clair de mon âme (Alla luce della mia anima)
Edizioni Aho, 1999
Le planteur de virgules, petit guide pratique pour l’atelier d’écriture poétique (In collaborazione con Isabelle Normand) (Il piantatore di virgole, piccola guida pratica per il laboratorio di scrittura poetica)
Edizioni Le Castor Astral, 2006
 
Da quando scrive poesie?
Come la maggior parte dei poeti presenti sul sito di Margutte, la poesia è arrivata con la scrittura stessa, come un modo ancestrale e originale di prendere e raccontare la vita.  La poesia sceglie nella culla, persino prima della nascita, io credo. Prima di venire al mondo la sorgente sa già dove andrà a scorrere. Ha già la memoria del suo percorso.
Ci fu anche qualche circostanza  «esacerbante». All’epoca, a Jacmel, seguendo il protocollo dell’amor cortese (un’eredità, tra gli orrori della colonizzazione, religiosamente conservata), il desiderio aveva poco da  mordere, a parte la parola.  Solo la parola poetica poteva trasportare tutta la carica di sensualità e di affettività dei giovani cuori votati all’ “amore a distanza” in una società molto restrittiva.  La poesia poteva, con la raffinatezza e la sublimazione del linguaggio, aprire, in tutta libertà, il cammino di un’estasi ascetica. In più, in un certo ambiente, ogni spasimante degno di questo nome doveva posare un atto poetico con una serenata sotto le finestre del suo «impossibile» amore. 
Il mio percorso poetico è realmente cominciato una sera di settembre 1993, con una domanda inattesa, quasi imperativa. Una persona che sarebbe diventata una amica, leggeva alcune mie parole in un libro d’oro. Mi domandò di botto:
«Siete poeta, vero?»
«Chi? Io… ?» …
«Non ditemi che non siete poeta. Si vede, persino».
«Davvero ? Io…»
«Poiché sto proprio per incontrare a Parigi una grande amica poetessa, membro della Società dei poeti francesi, potrei parlarle di voi…».
Questo riconoscimento, questa opportunità… il destino mi stava forzando la mano. Sentivo salire come una pressione interiore… bisognava che assumessi infine la mia identità di poeta! Avevo davvero questa scelta davanti a me?  Potevo vedere la poesia, tranquilla, la testa posata sull’avambraccio, che mi diceva di no.
Certo mi era capitato di seminare qualche lirica al volo su qualche foglio, qui e là, ogni tanto, ma senza alcuna visione, senza nessuna prospettiva. Ora avrei scritto sul serio, davvero. Subito, gli “avrei potuto”, gli “avrei dovuto” si affollarono alla mia coscienza brandendo questa domanda lancinante, come nella canzone «Et maintenant que vais-je faire ?»(“E adesso che farò?”). La mia decisione era presa o piuttosto era lei che mi aveva presa in parola. Il tempo perduto non contava più. Stavo ricominciando da capo! Un taccuino ritrovato, qualche poesia rivisitata: il cantiere era lanciato.
 
Cos’è la poesia per lei ?
Una domanda che fa risalire alla sorgente, insieme vicina e lontana, penetrante ed inafferrabile. La vera sorgente. Qual è la verità? Potrei parlare della poesia- sguardo, poi linguaggio o incontro, ma qui preferisco evocare il soffio poetico.
La poesia è il verbo incarnato, il soffio creatore che cerca costantemente di incarnarsi nei corpi del linguaggio che trasforma a sua immagine, per comunicare e comunicarsi.   Perché la ragion d’essere del verbo è di rivelarsi per trasfigurare tutto ciò che tocca e che lo tocca. È il soffio rivelatore che agita l’acqua ferma dell’esistenza per fare risaltare le pepite d’infinito,  petali di eternità sprofondati tra le sabbie della nostra realtà.
La poesia è insieme la domanda e la risposta. Una domanda eternamente posta al cuore dall’evidenza, da quel che è dato immediatamente. Una risposta che vi perde perdendosi, per lasciarsi trovare nel mistero che si rinnova costantemente.
Sono di salute poetica fragile. Mi piace perdermi in una poesia ma non per sempre. Il nulla, per me, non è una destinazione che posso apprezzare. Mi piace sentire che, nel suo scrivere, l’autore si prende cura del mio viaggio e che si è premurato di piantare, qua e là, indizi e segni di riferimento  che io posso spostare a mio piacere, certo, ma che hanno la prerogativa di essere accessibili: Mi piace che si lasci trovare di tanto in tanto, per rimettermi sui binari del suo pensiero prima che io deragli, di nuovo, a mio rischio e pericolo. C’è un fascino squisito, trovo, in questo giocare a nascondino, nel cercato-trovato che crea una complicità capace di legare il poeta e il suo lettore.

(Traduzione a cura di Gemma Francone e Franco Blandino)