La Clemenza Di Mozart

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GABRIELLA MONGARDI.

Mondovì, Piemonte e Innsbruck, Tirol: due città alpine, poste a 500 m. s.l.m., una capitale del Tirolo, con circa mezzo milione di abitanti, l’altra cittadina di provincia di 20.000 abitanti; una adagiata in una conca lungo il fiume Inn, tra la Nordkette e il Brennero, l’altra svettante sulla pianura padana dal suo estremo angolo occidentale, di fronte al Monviso – entrambe capitali della musica barocca europea, grazie all’orchestra dell’Academia Montis Regalis diretta dal maestro Alessandro De Marchi, che a Mondovì ha provato “La clemenza di Tito”, l’opera mozartiana con cui si aprirà ad agosto (2013) il Festival di Musica Antica di Innsbruck. Certo, al Landestheater di Innsbruck l’opera sarà rappresentata in forma scenica, per la regia di Christoph von Bernuth, mentre a Piazza, nell’oratorio di Santa Croce, è stata eseguita in prova generale aperta in forma di concerto – ma questo ha permesso il trionfo della musica e delle voci, voci di caratura internazionale quali quelle del tenore Carlo Alemanno (Tito), del mezzosoprano Kate Aldrich (Sesto) e del soprano Nina Bernsteiner (Vitellia).
“La clemenza di Tito” fu composta da Mozart nel 1791 per l’incoronazione di Leopoldo II d’Asburgo a re di Boemia, sulla base di un libretto metastasiano rielaborato da Caterino Mazzolà, poeta di corte del Principe Elettore di Sassonia; la trama è incentrata sulla figura dell’imperatore romano Tito, che miracolosamente scampa a una congiura, scopre i traditori, li condanna, ma alla fine, con un atto di clemenza inaspettato, perdona tutti. Siamo a due anni dallo scoppio della Rivoluzione Francese, e Mozart sembra rivolgere più esplicitamente ai “politici” lo stesso invito ad un profondo rinnovamento dei rapporti di potere tra i singoli e le classi sociali che già emergeva dalla grande trilogia dapontiana – pena la cancellazione dell’Ancien Régime. Non fu capito né apprezzato: il pubblico della prima, al Teatro Nazionale di Praga, rimase freddo, e l’imperatrice liquidò l’opera come “una porcheria tedesca in lingua italiana”; si dovette arrivare ai primi dell’Ottocento perché l’opera godesse di un successo simile a quello del “Don Giovanni”.
Opera controversa perché ‘opera di crinale’, la “Clemenza” rappresenta il coronamento non solo della produzione operistica mozartiana (il salisburghese morirà pochi mesi dopo averla ultimata), ma anche del genere dell’ “opera seria” sei-settecentesca, aprendo la via all’opera lirica romantica.
L’interpretazione datane dal maestro De Marchi esalta il miracoloso, irripetibile equilibrio creato da Mozart tra ragione e “affetti”, parole e musica, passato e futuro, per non dire tra pubblico e privato, potere e individuo, dovere e libertà – un equilibrio in cui tutte le contraddizioni si compongono e si trascendono in una dimensione di superiore armonia. Ma la vittoria dell’armonia non impedisce che fin dall’ouverture siano enunciati i contrasti, tra registro enfatico/tempestoso da una parte e idillico/ironico dall’altra, e che l’opera si snodi poi tra arie, duetti e terzetti di intensa dolcezza o commovente drammaticità, interventi del coro di grandiosità trascinante, recitativi secchi mirabilmente sostenuti dal solo violoncello o accompagnati in modo coinvolgente dall’intera orchestra – “per che mia ebbrezza / intrava per l’udire”…
Chi vuole valicare le Alpi, può assistere alle tre rappresentazioni della “Clemenza” a Innsbruck, il 7-9-11 agosto p.v. Informazioni su www.altemusik.at

 

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