Un ricordo di Francisco Ferrer y Guardia

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ATTILIO IANNIELLO

Francisco Ferrer, nato il 1 gennaio 1859 ad Alella, un piccolo borgo catalano, è noto soprattutto per essere stato il promotore della Escuela Moderna, un importante progetto di educazione libertaria.

Il suo itinerario umano ed intellettuale iniziava con un’adesione ad ideali repubblicani e democratici che si rinforzavano con la sua adesione nel 1884 alla Loggia massonica “Verdad” [1] di Barcellona. Lavorando inizialmente per le Ferrovie spagnole, nascondeva sui treni alcuni ricercati per motivi politici e per questo motivo, una volta scoperto,  veniva esiliato in Francia dove andò a risiedere a Parigi. Qui incontra e stringe amicizia, tra gli altri, con Sébastien Faure, Jean Grave, Paul Robin, Luigi Fabbri, Luigi Molinari, Elisée Reclus, Emile Zola ed Anatole France. Sempre a Parigi maturava la convinzione che per trasformare la società  occorresse migliorare il livello di cultura del popolo. Francisco Ferrer in realtà aveva già affrontato tale idea nel periodo del suo servizio presso le Ferrovie, quando aveva organizzato una biblioteca itinerante per i ferrovieri.

Tornato in patria nel 1901 realizza, utilizzando dei fondi donatigli da una sua allieva parigina (Ferrer viveva in Francia dando lezioni di spagnolo) apriva a Barcellona la Escuela moderna, un progetto pedagogico laico e rivoluzionario per l’epoca in una Spagna dove l’insegnamento era appannaggio soprattutto di un clero particolarmente reazionario. Contrariamente all’uso dei tempi le classi erano miste, formate da bambini e bambine.

«Secondo il mio piano si tratterà di una scuola elementare… Sarà mista, maschile e femminile… E tale dovrà essere, secondo me, la scuola dell’avvenire. Di giorno servirà ai bambini e la sera sarà aperta agli adulti… Vi si terranno anche delle conferenze, ci sarà un locale a disposizione dei sindacati, delle associazioni operaie e delle casse di resistenza che non si occuperanno di elezioni, né di migliorare la propria posizione di classe, ma che lavoreranno per ottenere la completa emancipazione» [2].

Ferrer costruiva teoricamente e praticamente una pedagogia nella quale venivano esclusi premi o castighi, dove il gioco, il lavoro manuale ed intellettuale, il rapporto con la natura assumevano una grande importanza. L’educazione si basava sulla scienza positiva.

«Il proposito è di coadiuvare onestamente l’insegnamento pedagogico basato sulle scienze naturali, senza concessioni ai procedimenti tradizionali… Non si educa integralmente l’uomo disciplinando la sua intelligenza, omettendone il cuore e relegandone la volontà… E siccome abbiamo come guida educativa le scienze, le scienze naturali, sarà facile capire ciò che segue: faremo in modo che le rappresentazioni intellettuali, che la scienza suggerirà all’allievo, vengano convertite in sentimenti e vengano amate profondamente. Perché il sentimento, quando è forte, penetra e si diffonde nel più profondo dell’organismo umano, dando forma e colore al carattere personale».

Ferrer diventa quindi promotore di un “razionalismo umanitario” finalizzato alla costruzione di una società armonica.

«Il razionalismo umanitario che consiste nell’infondere nell’infanzia il desiderio di conoscere l’origine di tutte le ingiustizie sociali, perché conoscendole, essa possa a sua volta opporvisi e combatterle. Il nostro Razionalismo Umanitario combatte le guerre fratricide interne ed esterne, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la schiavitù della donna; combatte tutti i nemici dell’armonia umana, ignoranza, vizio, cattiveria, orgoglio ed altre brutture che tengono gli uomini divisi in oppressori e oppressi».
Il metodo puntava a formare individui privi di pregiudizi e critici verso la realtà sociale e lo scibile in ogni campo.

«Si insegni storia o agricoltura, letteratura o chimica, algebra o greco, risulterà sempre che si sarebbe potuto farlo in due modi; uno che irrobustisce il giudizio, l’altro che lo atrofizza e lo falsa al suo nascere; uno che fissa per sempre all’alunno l’ordine delle nozioni che si presentano al suo esame per la prima volta; l’altro che lo disgusta per sempre. La pedagogia consiste esattamente nel conoscere, formulare e applicare nella misura del possibile il primo di questi metodi».

La libertà doveva essere ciò che stimolava lo studio dei bambini e l’insegnamento dei maestri.

«Libertà per l’allievo di mostrarsi com’è e di progredire verso il sapere secondo la propria legge e le proprie forze, non sotto la soffocante autorità di un ordine imposto, di una formula stabilita in nome della perfezione e dell’assoluto. Libertà per il maestro di fare ricorso a tutti i mezzi necessari per sviluppare e interessare l’allievo».

Perché il fine ultimo era la realizzazione di una umanità nuova.

«Noi vogliamo uomini capaci di distruggere, di rinnovare di continuo gli ambienti e di rinnovare se stessi, uomini la cui forza consiste nell’indipendenza intellettuale, che non si assoggettino mai a nulla, sempre disposti ad accettare il meglio, felici per il trionfo delle idee nuove, aspiranti a vivere vite molteplici in una sola vita».

Di uomini cioè capaci di «desiderare, di pensare, di idealizzare, di sperare».

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Nel 1906 la Escuela Moderna di Ferrer contava circa 1.700 allievi tra la sede di barcellona e le succursali che nel frattempo si era aperte in altre località spagnole. In quell’anno però, il 31 maggio, Mateo Morral, un anarchico che aveva lavorato presso la Escuela Moderna, compiva un attentato al re Alfonso XIII nel giorno delle sue nozze. Il re non venne colpito ma morirono alcune decine di persone. Nella repressione che seguì all’attentato venne coinvolto anche Francisco Ferrer che fu arrestato. Ferrer riusciva però a dimostrare la sua innocenza e nel giugno del 1907 veniva rilasciato. Intanto la scuola veniva chiusa perché sospettata di attività propagandistiche contro la monarchia e lo stato. Iniziava per Ferrer un altro periodo di lontananza dal suo Paese. Dopo aver soggiornato in Francia e nel Regno Unito nella primavera del 1909 tornava in Spagna a causa della malattia e morte di una sua congiunta. Qui però scoppiano in quel periodo i fatti della cosiddetta “Settimana Tragica” (26 luglio – 1 agosto 1909). Tra la primavera e l’estate del 1909 infatti la Spagna intraprendeva azioni di guerra contro il Marocco. Quando nel luglio i comandi dell’eserto richiamavano i riservisti, nelle maggiori città spagnole scoppiava la contestazione operaia con scioperi e manifestazioni contro la guerra. La repressione fu durissima e Francisco Ferrer veniva ingiustamente accusato di essere l’ideatore di tali rivolte. Sommariamente processato, veniva condannato a morte e fucilato il 13 ottobre 1909.

Questo tragico epilogo della vita di Ferrer suscitò un’indignazione generale. Ci furono proteste e manifestazioni contro il governo spagnolo in tutte le capitali europee ed in molte città, cittadine e semplici in tutta Europa.

Intellettuali ed artisti espressero in vario modo la loro indignazione per la fucilazione di Francisco Ferrer. Il poeta Giovanni Pascoli il 14 ottobre (il giorno dopo l’esecuzione di Ferrer) diffondeva in Bologna, su volantini, una poesia dedicata all’illustre pedagogo, poesia che veniva in seguito pubblicata sulla rivista “La rana” [3]:

«Uno scoppio di fucili …
echeggiò nelle scuole della terra
rimbombò nelle officine del mondo:
e i pensatori levarono gli occhi dal libro
e i lavoratori alzarono il pugno dall’incudine
e si volsero al tramonto
dove era bagliore di fiamma e odor di roghi
FRANCISCO FERRER
era là, caduto in un tetro fossato…
Stringetevi l’uno all’altro avanti questo martirio
o Pensiero e Lavoro Umani!
 Quelli che Ferrer non poté redimere con la parola
li redima col suo sangue!
GIOVANNI PASCOLI».

La fucilazione di Ferrer, opera di Flavio Costantini

La fucilazione di Ferrer, opera di Flavio Costantini

L’indignazione per la morte dell’innocente Francisco Ferrer, per la violazione dei suoi diritti alla difesa e ad un processo giusto, arrivava anche all’ombra del Monviso.

Il quotidiano cuneese di ispirazione liberale “Sentinella delle Alpi” dedicava diversi articoli al Ferrer nel corso dell’autunno 1909. Lo stesso quotidiano annunciava in questi termine la fucilazione del fondatore della Escuela Moderna:

«L’han fucilato. Non siamo né socialisti né framassoni: siamo uomini, ed in nome del sentimento più schietto di umanità, all’infuori e al di sopra di ogni spirito di partito, dichiariamo semplicemente che quella del Governo spagnolo è un’enormità tale di ferocia al cui paragone impallidiscono tutti gli atti di ferocia del famosissimo Duca d’Alba e di Filippo II, dati i tempi. Non vogliamo intrigarci negli affari delle altre nazioni, che si regolano e giudicano a parer loro con lo stesso sentimento di indipendenza  che invochiamo pur noi. Ma qui non si tratta della nazione spagnola; qui c’è un giudizio che vuolsi  ispirato ai sentimenti di verità e di giustizia, e noi abbiamo il diritto di dire che con Ferrer si sono colpite alle spalle la verità e la giustizia» (“Sentinella delle Alpi” del 14 ottobre 1909).

Sullo stesso tenore interveniva anche la “Gazzetta di Mondovì” del 16 ottobre 1909 con un articolo intitolato “In nome della giustizia e della umanità”:

«Anche il modesto giornale di provincia unisce la propria voce al coro mondiale di protesta e di esecrazione per l’uccisione di Francisco Ferrer . È un delitto di lesa umanità quello che ha perpetrato il Governo di Spagna sordo alle ammonizioni della propria coscienza che necessariamente dovette gridargli l’ignominia di tanta ferocia, sordo al formidabile richiamo di tutta Europa a consigli più miti e più equi. È semplicemente spaventoso che un uomo possa essere mandato a morire senza dare le prove della sua colpevolezza ai suoi connazionali ed agli stranieri, non solo, ma a lui stesso, ma all’anima dei giudici. Quale giustizia è questa? E come chiamarla se non un omicidio legale imposto da una mentalità arretrata o decadente, consigliato dalla paura, voluto, a qualunque costo, da una sete belvina di vendetta?».

La fucilazione di Ferrer ebbe come risultato immediato che anche nelle più piccole cittadine italiane di provincia si parlasse di lui e della sua scuola (una presentazione della Escuela Moderna venne fatta dalla “Sentinella delle Alpi” del 19 ottobre 1909); del resto molte delle sue idee pedagogiche venivano sperimentate, in quegli anni, in Italia anche dalla famosa pedagogista Maria Montessori.

Note
[1] Cfr. Casano Nicoletta, Nel centenario della fucilazione del Fratello Francisco Ferrer y Guardia e delle proteste in suo favore degli schieramenti laici, in “Hiram” n. 3 – 2009.
[2] Questa citazione di Ferrer e quelle seguenti sono tratte da Codello Francesco, Francisco Ferrer e la scuola moderna, in “A-rivista anarchica”, n. 236 maggio – 1997.
[3] Cfr. Felici Isabelle, Giovanni Pascoli rend hommage à Francisco Ferrer, in http://atelierdecreationlibertaire.com/blogs/anarchistes-italiens/2009/10/13/giovanni-pascoli-rend-hommage-a-francisco-ferrer/