Poeti dal mondo, Carlos Fajardo Fajardo, Colombia

Foto para revista Margutte

Nato a Santiago de Cali, Colombia nel 1957. Poeta,  saggista, filosofo, Magister e Dottore in Letteratura. E’ titolare di Abilità Comunicativo – Educative nella Facoltà distrettuale di Scienze dell’Educazione Francisco José de Caldas, Bogotá. Cofondatore e ex direttore della Corporazione Si Mañana Despierto (Se domani mi sveglio), dedicata alla creazione e all’analisi della letteratura. Ha pubblicato, tra le altre opere, Origen de silencios – Origine dei silenzi, (Fundación Banco de Estado, Popayán, 1981); Serenidad sitiadaSerenità assediata (Si Mañana Despierto Edizioni, Bogotá, 1990); Veraneras- Pascoli estivi (Si Mañana Despierto Edizioni, Bogotá, 1995); Atlas de callejeríasAtlante stradale (Trilce Editore, Bogotá, 1997); Tierra de Sol – Terra del Sole, Premio di poesia Jorge Isaacs, Governo di Valle del Cauca, 2003; Navíos de Caronte – Vascello di Caronte, (Común Presencia Editore, Bogotá, 2009); Antología poética – Antologia poetica, (Caza de libros, 2010); Péndulo de Arena – Pendolo di Sabbia,  (Antologia, Bogotá): la raccolta Un libro por centavos – Un libro per un centesimo. (Università Collegio di Colombia, 2013); il libro di cronache La ciudad del poeta – La città del poeta ( Común Presencia Editore, Bogotá, 2013) e vari libri di saggi. Alcuni suoi saggi e poesie sono stati tradotti in inglese, italiano, francese, serbo, polacco e portoghese. Vincitore del premio di poesia “Antonio Llanos”, Santiago de Cali 1991; del secondo premio al Primo Concorso Nazionale di Poesia “ICFES, 1984”; Menzione d’Onore al Premio “Jorge Isaacs 1996  e 1997”; Menzione d’Onore al Premio Città di Bogotá, 1994 e premio di poesia “Jorge Isaacs 2003”.
Poesia a Madelaine

Madelaine
ragazza che palpi con le tue dita i mie capelli
presso la freschezza di questo inverno
ti dico sotto questa pioggia:
ricordi le voci che accompagnano la nostalgia?
Mai dovrai pronunciarli nella mia presenza
cerca invece d’illuminare.
Che il sole penetri profondo tra di noi
Madeleine
da luce e da scultura
che il sole penetri profondo
mentre sconvolgi amorosa i miei capelli
come se io fossi tuo figlio appena arrivato dalla guerra
come se da poco sia finita una battaglia.
Pubblicata in Piccola antologia di poeti latinoamericani

***

Parole d’Orfeo

I poeti saremo sempre i sottrattori dell’alba
e della notte
Della serenità e la tempesta
Apriremo una ferita
Nell’anima d’ogni straniero
Vedremo sempre quello che fummo e quello che siamo

I poeti
caricheremo il dolore
come gli anziani la prontezza della morte.

***

Il primo sole

Se ho scritto e’ stato solo per non morire.
Nei miei primi anni
non avevo l’astuzia degli uomini morti
Camminavo tra fichi marci
conoscendo in fretta la silhouette delle cose
senza dimenticare le sue forme
mi fermai a nominarle.
Cosi imparai il mondo.
Adesso non posso mancare alla mia parola.
Da est fino a ovest
come un pendolo di sabbia
il mio desiderio cresce quotidiano.

***

Le formiche

Di là c’è quel limone divorato dalle formiche
che salvarono muri e annegarono le finestre.
arrivarono arrampicandosi fino al cuore della casa
attraversando pneumatici
che servirono qualche volta da salvavita.
Agili salirono sopra le bianche pareti
con le loro zampe vetrose
perseguitate dalle lucertole.
Quanto non lottò la madre
per fermare le sue voraci vittorie
portandosi via il fiore più bello del vicolo.

Ancora vanno per i giardini
che supportano questa casa.

***

Esili

Inviami una cartolina, mi dici.
Comprami una sciarpa per raggiungerti.
Scrivi le tue lettere sulla bocca dei lupi
e non morire senza di me in estranee città.

Portami un vino buono
per passare insieme il sorso amaro di questa lontananza.
Portami qualcosa ma soprattutto porta te.

Mentre io
da questo altro lato della linea
tento di raggiungere quella voce
cercando che la sera prenda la forma delle tue braccia.

***

Dove nasce e finisce il mondo

Dietro ogni grande amore il niente minaccia.
Oscar Hahn

La morte ti osserva nuda
e si svela.
Si è innamorata di te
ma preferisce trattenersi con me.
Osserva i tuoi seni e si dissipa.
Teme il radiante splendore del tuo sesso
il fuoco dei tuoi occhi,
allibisci d’amore
non osa penetrarti
si dissipa.

Allora sconfitta
contempla i tuoi impenetrabili capelli
dove nasce e finisce il mondo.

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Non chiedo salvezza

L’unica bandiera che possedevo è stata saccheggiata
e non ne ho un’altra per rifugiare le mie rovine.

Atterrito
scrivo parole che non dovrebbero esistere.

Vivo tra fiori spezzati
muri ammuffiti
angoli di sussulto.

C’è una luna che piange
in questa oscura città
come il suo cielo.

Non chiedo salvezza.

Questo non è la punizione di Dio
se non il suo sputo

***

Nelle corde del patio

Nelle corde del patio
dondola il pianto di un bambino triste,
alberi sanguinosi
ogni sole espulso.

Nelle corde del patio
si stende un lungo tessuto di lacrime.

Fino a lì arriva soltanto il mormorio del quartiere
dove un bambino solitario gioca con la sabbia
e semina rose bianche nel suo addolorato giardino.

Nelle corde del patio
c’è un canto e un mistero
rubato dal becco di qualche passero.

***

Diaspore

Sono dell’oblio.
Crolla il tetto della mia casa
voraci vespe pungono la mia carne
insetti scendono a degustare questo marcio.

Mi resisto a vivere davanti a queste mura.
Non voglio inchiodare qui i miei occhi né il mio sesso
non voglio essere un moribondo sotto il pianto
qualcuno che convoca le mosche golose.

Sono dell’oblio.
Buio tunnel dove il tempo con sigillo si occulta
ferita aperta davanti a miei occhi
cataclisma che guarda la dolente bellezza.

Sono dell’oblio.

Un uomo con bara che trascina
e una preghiera che piange.
Un essere che si fa domande
piegato in questa barca
eterna guida della morte che mi segna
cuore del mio estraniare

***

Navi

Ci ammutolisce questo antico mare
scolpito nella memoria
e il desiderio di raggiungere l’orizzonte infinito.

Rumori ci arrivano con l’aria.
Trainammo le navi sulla sabbia
e una goccia di sale si posa nei nostri occhi.

Ci ebbra il suono delle onde
La chiamata di Caronte.

La solitudine è questa barca avvolta di tragedia.

Le mosche girano sui nostri volti.
Sulla nostra pelle tatuato il segno della morte.

Versione italiana di Gabriel Impaglione

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