Alba Spirituale (1950 – 1956)

1951

LORENZO BARBERIS

Su queste pagine ho cercato, in numerose puntate precedenti, di ricostruire il percorso delle riviste culturali di Mondovì che ci hanno preceduto. Da un lato, ho ripercorso il filone delle riviste della controcultura monregalese che sono le antenate dirette di Margutte: “Una tazza di té” (1974-76), “Poesia sulla strada” (1977 – 1986), “Weltanschauung” (1993-1997), unite a Margutte anche da una continuità redazionale; e poi il Belvedere (1963-1993) la rivista della sinistra DC “area Moro” locale, di cui ho ricostruito parimenti il percorso intellettuale, parallelo e spesso opposto alla controcultura.

Risalente più indietro, Mondovì si segna però per un curioso primato in ambito diciamo “esoterico”: la città ha visto infatti la pubblicazione, per un ampio periodo, di ben due riviste della teosofia italiana, “Alba Spirituale” e “Nuova Era”.

La loro uscita in città si lega alla figura di Giuseppe Gasco, figura monregalese di grande interesse e in gran parte poco conosciuta. Nato nel 1875 (lo stesso anno della Teosofia, tra l’altro), fin dai primi anni del ’900 Gasco si interessa di filosofia ermetica, affascinato anche, a quanto lui stesso afferma, dal Rito Filosofico Italiano di Reghini, nato nel 1907. Scrive inoltre presso la Gazzetta di Mondovì ed altri giornali locali di area liberale, collaborazione occasionale che andrà avanti per lungo periodo anche in seguito.

Nel 1911, sulla rivista d’area liberale “Stella” di Mondovì, un tale Micros  scrive il racconto Metempsicosi: nel 1880, un uomo ritrova la propria donna amata ricordandosi che è quella che ha già sposato nel 1424. Il racconto, di possibile marca teosofica per il tema orientale della trasmigrazione delle anime che contiene, è possibilmente attribuibile a Giuseppe Gasco stesso, collaboratore della rivista.

Gasco, come professione, sarà veterinario. Nel 1913 esce il suo “Il servizio di vigilanza e di assistenza zooiatrica nella provincia di Porto Maurizio”, sua prima pubblicazione scientifica. Il lavoro veterinario si lega intrinsecamente alle sue posizioni teosofiche, dove grande importanza sarà data, dal Gasco, al tema della reincarnazione e quindi della pari dignità tra viventi che, sulla scorta dell’induismo recuperato dalla teosofia, sono tutti dotati di pari dignità.

Su “Nuova era” Gasco racconterà di aver preso parte, nel 1935, a una seduta spiritica a Camerino, dove avevano ricevuto una profezia apocalittica da Arnaldo Mussolini, fratello del Duce morto l’anno prima, che li implora di avvertire il fratello di cambiare rotta o entro quattro anni il fratello avrebbe portato l’Italia alla distruzione.

Emerge fin da qui la sua contrarietà all’interventismo fascista, la cui cultura mal si conciliava con le sue posizioni filosofiche volte a una comprensione non solo umanitaria, ma anche verso le altre razze animali, esplicata anche nel suo lavoro (nel 1938 esce il suo “Zoofilia e macellazione umanitaria”, dove il primo termine è ovviamente da intendersi in senso di cura per gli animali; nel 1939 il “Saggio sulla Macellazione Eutanasica” (in qualità di veterinario) per l’ente nazionale fascista protezione animali.

Nel 1939 la teosofia italiana rifiuta di recepire le leggi razziali; il fascismo quindi la scioglie ufficialmente,come già avvenuto della massoneria (1925). Giuseppe Gasco, in questo difficile frangente, viene scelto come segretario, probabilmente anche per la sua scarsa vicinanza al regime.

Nel 1940 Gasco, con Roberto Hack, pubblica “”Il sentiero ascendente : La missione delle nazioni nel piano divino dell’Evoluzione – Ed. Il Loto”, e nel 1941 commemora, da segretario teosofico, i cinquant’anni dalla morte di Helena Blavatsky, la fondatrice dell’ordine: “La più grande rivelazione del secolo 19.mo : omaggio alla memoria di Helena Petrowna Blawatsky nel 50. anniversario della sua morte, 1831-1891.”

Finita la guerra, trasferitosi a Savona, vi rifonda nel 1945 il circolo teosofico, e pubblica “Il Governo migliore: valore e significato della democrazia.”

Qui a Savona fonderà nel 1948 “Alba Spirituale”, la rivista della risorta teosofia. Ma poi, già nel 1950, la redazione della rivista sarà da lui spostata a Mondovì, dove si era trasferito. Qui la rivista è attestata anche l’anno seguente, nel 1951.

1950

Mondovì 1950

Notiamo la bella copertina, di Emilio Scanavino, pittore figlio del teosofo Sebastiano Scanavino, vicina a una sensibilità vagamente metafisica, e forse reminiscente di alcune cose escheriane nel labirinto di scale che rappresenta, verosimilmente, la difficile ascesa dell’iniziato a uno stadio superiore. In seguito Scanavino, artista che raggiunse un buon livello di apprezzamento, anche se oggi meno ricordato di altri, volgerà verso un’astrazione più radicale.

Interessante anche quello che non c’è, per il momento: ovvero il simbolo teosofico, legato alla svastika: non quella mortifera del nazismo, che l’aveva rovesciata in un ciclo della morte, ma il ciclo della vita orientale. Tuttavia certo il simbolo era imbarazzante, nel Piemonte dell’immediato dopoguerra, e così il simbolo teosofico non c’è.

1952 ott

Nel 1952, sempre a Mondovì, la rivista cambia impianto grafico. Si rinuncia all’illustrazione (fissa) di Scanavino per un indice che dà alcune indicazioni sui temi del giornale. Inoltre riappare timidamente il simbolo teosofico, dove i bracci della svastika sono limati fino a tramutarla in una semplice croce a X.

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Nel 1953 Gasco fonda, con altri maggiorenti cittadini, un “Comitato Civico” di area liberale che si propugna di pungolare “da destra” la DC cittadina, di sinistra, presentandosi in chiave “apartitica” e partendo come movimento “apolitico”, che vuole solo stimolare per il bene della città, senza ambizioni elettorali dichiarate. Un espediente non nuovo alla politica, anche allora, esperimento che però ha scarso successo.

Presso la Biblioteca Civica ho reperito le annate di Alba Spirituale
dalla fine del 1956 fino al 1970, cioè alla conclusione della rivista.

Si tratta di una cosa curiosa, perché mancano proprio i numeri stampati
a Mondovì, dal 1950 al 1956. Sembra come se, ricevendo la rivista, si
sia deciso di spezzare in due le annate: da un lato quelle monregalesi,
da destinare in teoria al fondo storico, dall’altro quelle extra-monregalesi, di minore interesse. Però si sono conservate queste ultime, e perdute, forse, le prime.

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Il primo numero conservato è dell’ottobre 1956.
La copertina è un disegno di Eupreimo Lo Martire, che illustrerà anche la Nuova Era, la rivista teosofica “personale” di Gasco.
Vi vediamo un’alta colonna classicheggiante che svetta tra le nubi,
in un cielo radioso, e porta in cima il simbolo della teosofia.
Come al solito, comunque, la svastica orientale vi è effigiata con molta pudicizia, riducendo al minimo possibile i bracci uncinati della croce, ad
evitare pericolose associazioni. Il simbolo comunque è orientaleggiante e non nazista: si unisce addirittura alla Stella di Davide, qui più come Sigillo Salomone, simbolo della fusione di Maschile e Femminile, Alto e Basso, circondato qui non da un cerchio protettivo ma dal serpente cosmico simbolo della rotazione delle Ere (affine, quindi, alla ciclicità della svastika, che però è più il ciclo solare).

Eupremio Lo Martire (Sanremo 1906 – Torino 1999) esordì nel 1928 a Fano su una committenza religiosa vescovile, ma la sua è religiosità tormentata, come emerge nei dipinti del 1940 (certo anche su influsso degli orrori della guerra, come in “Profughi verso l’Asse”) quali “E tu la tua croce come la porti?, illustrata qui sopra. Del 1942 è Le innocenti vittime; la svolta vicino alla teosofia (tanto da farsi copertinista di una rivista, almeno) è forse conseguenza di una crisi nella religione tradizionale.

La sua attività soprattutto di acquaforte è segnata da temi allegorici, per cui si è parlato di un influsso del Metropolis di Lang e in genere dell’espressionismo tedesco, e nel 2012 una mostra l’ha celebrato quale pittore esoterico.

La nuova cover potrebbe datare anche al 1954-1955, essendo i numeri di tale periodo, per ora, perduti. Dato che in mezzo c’è una cover “bianca”, posso pensare che Scanavino, divenuto nome noto della pittura nazionale, non abbia più voluto legarsi ai teosofi (simpatia potenzialmente ghettizzante, sia presso l’area laica materialista che presso quella cattolica, i due versanti del duopolio culturale) e abbia lasciato, e che solo in seguito Gasco abbia trovato un degno sostituto. Similmente, Lo Martire lascerà assieme alla fine della gestione gaschiana.

Gasco è ancora direttore responsabile, ma va cedendo il posto al nuovo
segretario Filipponio, che risulta direttore generale della rivista, e che
a breve gli subenterà. Vediamo però che la redazione è ancora in piazza
Gherbiana 14, presso la residenza di Gasco stesso, e la stampa presso
la Tipografia Editoriale Monregalese, in Via Nallino 12.

L’autorizzazione della rivista è parimenti quella concessa dal tribunale
di Mondovì nell’8 gennaio 1952. Curioso, perché la rivista è attestata a
Mondovì nel 1950: probabilmente per un po’ è uscita ancora sull’autorizzazione del tribunale di Savona.

La rivista si apre con un articolo su “Scienza occulta e religione”.
La teosofia è presentata come scienza occulta, superiore alla religione
perché in grado di dare una sapienza certa razionalmente, non una verità
da credere per fede. Si parla dell’Amore in Dante, della Luce Spirituale
che può rendere Illuminati, di numeri pitagorici
e – l’articolo più interessante – di una proposta per rendere i Numeri
il linguaggio universale, tramite 999 simboli associati a tali numeri.
In effetti, la linguistica parla di 2000 simboli essenziali per la
lingua di tutti i giorni; ma, come si inferisce dall’articolo, 999 sarebbero
i numeri base, da cui potrebbero derivare declinazioni e coniugazioni
per operazioni aritmetiche: quindi l’ordine di grandezza è giusto.
Ovviamente i numeri non sono associati in modo casuale: l’Amore viene
associato al 33, dantescamente, mentre per la sola parola “mamma” si propone di mantenere in ogni lingua la scrittura tradizionale.

Gasco, veterinario, si scaglia contro la caccia e la vivisezione, mali che
allontanano l’uomo, a suo avviso, dall’armonia cosmica universale. Spesso sulla rivista noteremo la vicinanza dei teosofi a tematiche ecologiche, animalistiche, vegetariane, in connessione con la loro visione cosmica.

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Interessante anche la presenza, in questi numeri ancora monregalesi, di numerose liriche dedicate ai temi filosofici (col cambio di redazione questo tipo di contributi diminuirà radicalmente).

Questa, dedicata a passi delle Stanze di Dzyan, si ispira a un libro teosofico che sarà usato da Lovecraft nel creare la sua mitologia di Chtulu, da lui citato come libro di una “rivelazione minore” dei suoi Antichi. L’Eterno teosofico (come l’Old One, l’Antico per eccellenza di Lovecraft, Azatot) dorme e sogna l’universo.

Più coerente appare Lovecraft, che non di sogno parla, ma di incubo (e grazie alle divinità inferiori, che lo mantengono addormentato con la loro eterna danza: al risveglio di Azatot, la realtà svanirebbe). Lo stesso Lovecraft aveva dedicato ai temi del suo ciclo esoterico-horroristico numerose poesie, più riuscite di queste ma parimenti segnate da una certa verbosità, che ne limita la valenza artistica (mentre interessanti sono come testimonianza storica).

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L’opera previa è anonima; a firma di Alfonso Batà, sul numero successivo, questo inno al Sole dai toni paganeggianti, dov’egli è il dio pagano dei greci, degli Egizi e degli Aztechi (collegati forse, ma egli non lo dice in modo esplicito, dalle comuni piramidi d’Atlantide); ma anche l’Amore “che move il cielo e le altre stelle”, cantato da Dante e dagli esoterici e misteriosi Fedeli d’Amore. Batà è in effetti saggista esoterico qui e su altre riviste d’area, come “Luce ed Ombra”, dello stesso periodo (1947-1960).

*

Il numero di novembre è molto simile:
nell’articolo di fondo, Gasco parla del rischio che la Nuova Era
dell’Acquario si apra con una terza guerra mondiale.
Il 1689 aveva visto la rivoluzione inglese; il 1789 quella francese,
il 1889 non viene citato, ma nello stesso numero scopriamo trattarsi del
primo anno di vita della scuola esoterica della teosofia. Viene
quindi lasciato intendere che il 1989 sarà anno di un grande sconvolgimento. In fin dei conti la profezia, vaghissima (e qui si pensa a un conflitto violento, mentre il crollo del comunismo fu – relativamente – pacifico, e certo non nucleare), non è errata.

“Esotericus” parla del carattere severo dell’occultismo teosofico, via
per pochi; Alfonso Batà scrive un’esoterica ode al Sole, si continua
a parlare di scuola pitagorica e appare un contributo in esperanto che
esalta la Lingua dei Numeri, adatta alla nascente “Età della Macchina”.

Nell’ultimo numero del ’56, a dicembre, L’editoriale di Gasco spiega il passaggio della redazione a Roma con la fine del suo mandato di segretario (la divisione dei numeri deve partire dalla fine effettiva, mentre gli effetti redazionali reali cominciano due mesi dopo).

Interessante la ripubblicazione di un saggio di De Castro del 1864,
che sosteneva la derivazione di Gesù dalla setta degli Esseni. Non
sono modificati molti dati della sua vita, eccetto per il fatto che
ogni suo atto è ricondotto al Piano Esseno, e che Gesù è visto come
puramente umano (“Gloriamocene, e non regaliamolo facilmente al cielo!”).

In modo congruo, De Castro analizza la simbologia della croce, rinvenendola simbolo cosmico dei quattro elementi alchemici, acqua, aria, terra, fuoco, affine in sostanza alla svastica teosofica.

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Col 1957, la stampa passa a Roma (plausibilmente, il contratto con la
tipografia monregalese era annuale, e non si poteva rescinderlo senza
penale). Nuovo direttore, a pieno titolo, appare Filipponio.

Il cambio di editrice si associa al cambiamento della grafica,
con una copertina più severa – ed economica – in bianco e nero, senza
disegni, col solo simbolo della teosofia in alto e un indice dei contenuti
del numero. Un ritorno a numeri sobri già visti in quelli monregalesi
del 1952, dopo numeri del ’50-’51 con disegno in cover (in bianco e nero); ma la differenza è la svastica teosofica che torna ad essere più marcata, come prima della caduta di Hitler.

All’interno, la nuova gestione Filipponio diminuisce i contributi poetici
- qualcuno apparirà, ma in modo più sporadico.

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Tra le ultime poesie,
sul n.5, appare un Inno all’Atomo, che conferma la fusione di occulto e
scienza nella teosofia, in modo non dissimile da quanto avviene ne “Il mattino dei maghi”, opera cardine del “nuovo occultismo” postbellico, affascinato dalle dottrine ermetiche dell’Atomismo moderno.

La nuova gestione aumenta i contributi di autori
stranieri in traduzione. Tra questi testi, spicca per interesse la vita del
Conte di Saint Germain: vita, si intende, dopo la apparente “sparizione”
del 1780. L’immortale, mascherato talvolta come Rakozy, appare qua e là agli snodi della storia, per un avventura galante o per tessere le sue
trame.

Nel suo editoriale sul n.5 Filipponio infatti ribadisce l’avvio di una
Nuova Era, guidata dai Messaggeri dei Grandi Esseri, come ad esempio è Saint Germain. Essi hanno prodotto il 1789 (e, ovviamente, il 1889, con la nascita della Teosofia Esoterica), e ora lavorano a una nuova evoluzione basata sull’Energia Nucleare, dove l’Atomo rappresenta il Puro Spirito.

La rivoluzione francese, Napoleone e oggi la scienza sono guidati per
un bene superiore da tali forze occulte (con cui Filipponio lascia intuire
di essere in contatto).

Gasco continuerà a scrivere, ma in posizione
isolata e sempre più in polemica con la nuova gestione.

Nel numero 4, Gasco sostiene la necessità di creare Scuole Teosofiche
riconosciute dall’Unesco per diffondere realmente la teosofia, ispirandosi alla pedagogia mazziniana. In effetti le scuole popolari di Mazzini, basate su un insegnamento “a piramide” (l’allievo insegna a nuovi allievi ciò che ha appreso come pagamento del servizio ricevuto, in sostanza), permette una rapida diffusione dell’insegnamento propagato, a patto che interessi (di solito, quando ciò avviene in concerto con l’alfabetizzazione, laddove serve: quindi in realtà il metodo di Gasco è in parte ingenuo per l’occidente.

Però, la teosofia puntava a diffondersi anche in India, dove esso avrebbe potuto realmente dare buoni frutti).

A settembre imbastisce una storia dell’ordine teosofico, evidenziando anche lui, come Filipponio, come la Blavatsky abbia fondato l’ordine sotto la guida dei Maestri. Giunta in USA per occuparsi di spiritismo, Elena B. aveva ottenuto fama in un dibattito sui Rosacroce, ed aveva poi fondato il primo nucleo di Teosofi per raggiungere la “perduta legge di proporzione egizia”.

Nel 1877, con Iside Svelata, la rivela in parte tale sapienza,
poi si sposta in India l’anno seguente, 1878, fino a fondare nel 1888 la
scuola esoterica dell’ordine. A conclusione, Gasco ringrazia i suoi vecchi amici, “Gli occulti fondatori della S.T.”.

A novembre Gasco parla dell’ipnotismo in psicanalisi, dicendo di averla
praticata producendo sui suoi soggetti stigmate “come santa Teresa”.
Esamina poi l’uso di tale mezzo da parte di Freund (sic!) e conclude
ritenendo la psicanalisi una forma di magia nera, in quanto sapienza
pratica non guidata da una retta sapienza superiore.

Freund, e non Crowley, è per lui, con parere discorde dai più,
il Mago ipnotista di cui parla Maugham, nel suo romanzo del 1908.

Nel 1958 Gasco riparlerà di “Cultura e vie occulte”, ribadendo come
l’Occultismo non è che un accelerato sviluppo spirituale, che non esclude
i “superpoteri” graditi ai profani, ma li subordina a una retta coscienza.
L’obiettivo non è Merlino o Mefistofele, ma i Maestri (n.4).

Sul n.6, egli riporterà invece il suo intervento, molto critico, al convegno
di Perugia, sostenendo che i degni eredi della Grande Fratellanza Bianca dei Maestri devono adeguare il loro messaggio, usando per la
teosofia radio e televisione, non limitandosi a “bollettini di informazione
timidi e sbiaditi”. Critica ingenerosa, perché la rivista sotto Filipponio
non è peggio di quella di Gasco, sotto tale profilo.

Nel numero seguente, 8, egli risponderà a critici del suo intervento,
che ne contestano lo spirito distruttivo.
Egli si va allontanando da Alba per pensare ormai a Nuova Era.

Il 1958 è l’ultimo anno in cui scrive sulla rivista sistematicamente:
critica l’istruzione religiosa, esalta Pio XII, polemizza con famiglia
cristiana…

Dismesso l’incarico di segretario della Teosofia italiana, Gasco ottenne l’autorizzazione (5-12-1958) dal Tribunale di Mondovì per aprire un nuovo giornale, Nuova Era, che diviene il mensile dei teosofi italiani. In esso appare un riferimento al concetto junghiano di Era dell’Acquario come new age, che sarà ribadito in copertina dal simbolo astrologico acquariano. Egli lo userà per difendere le sue idee contro la società teosofica declinante, al posto di Alba Spirituale, il giornale teosofico ufficiale, che durante la sua reggenza aveva fatto stampare a Mondovì. La pubblicazione inizia l’anno seguente (1959) e la redazione è posta in Piazza Gherbiana 14 a Mondovì Cuneo, nell’abitazione di Gasco stesso. La rivista prepara una esaltazione del nuovo “settennio aureo della città”, in memoria di quello che era avvenuto dal 1560 al 1566. È plausibile un riferimento ermetico al 6-66, che verrà ripreso con vigore dalla scena occulta di San Francisco nel corso di tutti gli anni ’60; sulle coincidenze numerologiche insiste infatti anche il Gasco, che evidenzia la concomitanza italiana, per lui significativa, di Olimpiadi di Roma (1960), centenario dell’Unità (1961) e Concilio Vaticano II (1962).

Copertinista della Nuova Era è di nuovo Eupremio Lo Martire, pittore esoterico di Torino, già autore delle ultime copertine di Alba Spirituale versione monregalese (quelle con la colonna sormontata dalla mini-svastica), che realizza una svastica sinistrogira (non nazista) come vortice di energia al centro di quella che probabilmente vuol essere un disegno della galassia. La svastica, come già nella rivista di Filipponio, è ormai tornata ad essere usata senza troppi timori.

Sopra, il segno astrologico dell’Acquario segna l’ingresso nella New Age teosofica, già preannunciata da Jung (che Gasco stima) per il ‘30-’33 con l’avvento del nazismo, ora riproposto per il ‘60-’66 con una nuova era più “buonista”. L’Acquario, il coppiere di Zeus Ganimede, che con la sua coppa (Graal) rimescola le acque fluviali della Sapienza Eterna, si lega per i teosofi all’evoluzione del cristianesimo (già religione legata all’Acqua nel simbolo dualistico dei Pesci) verso un Panteismo sincretico illuminato.

Gasco, Segretario Generale Onorario della Teosofia Italiana ad vitam, mostra così nella rivista la sua personale visione della Teosofia. Polemizza infatti con la Società Teosofica ufficiale, scrivendo un “Memento dei Filosofi” in cui lamenta in tono criptico un abbandono della via tradizionale. Propone poi tramite il giornale una visione della teosofia che è sicuramente dotata di elementi di ricerca personale, legati anche alla sua esperienza di veterinario provinciale. Polemico col tradizionalismo occultista, scrive una storia delle società segrete a puntate in cui nega il ruolo dei Templari nelle vicende del Graal, e ricollega invece la teosofia all’antichità classica dei terapeuti greci (di cui egli, come medico veterinario, è in fondo un continuatore).

Anche in altri punti nella rivista vi è una marcata segnatura anticlericale: oltre a negare ruolo esoterico ad ordini della chiesa come i templari, Gasco gioisce della diminuzione dei preti, e sostiene che siano ancora troppi.

Il ruolo viene negato ai Templari per ragioni, traluce qua e là, di anticlericalesimo. L’autore, massone, è anche legato, fin dalla gioventù, alla stampa liberale monregalese, ostile al monocolore DC (al massimo aperto a sinistra) del gruppo del “Belvedere”, contro cui aveva creato anche il comitato civico del 1953.

Riconosce invece valore ermetico ai Rosacroce, staccati però dai templari e visti come espressione dello scienziato Bacone e del Conte di San Germano secondo la lettura di Annie Besant; da questi si giunge così alla Teosofia. Ritorna, come nel detestato Filipponio, suo gran rivale, il ruolo speciale di Saint Germain, più rilevante per i teosofi. Umberto Eco, nel suo Pendolo di Foucault (1988), in effetti ne sottolinea il ruolo ermetico centrale. Comites Sancta Germanitas, “Compagnone della Santa Fratellanza”, anche simbolicamente il conte si pone come il continuatore della Grande Fratellanza Bianca universale. Tra l’altro, egli era originario di Asti, a quanto pare, non lontano da noi (e Mondovì nel suo sorgere era appunto sotto il vescovo d’Asti). Non so se anche per Gasco contavano queste ragioni di campanilismo: se così fosse non lo dà a vedere. Bacone, invece, vale quale testimonio di connubio esoterismo-scienza.

Dio è nella concezione teosofica-gaschiana una “energia elettromagnetica universale” che si estende ai vari viventi, con una personale lettura delle filosofie orientali dell’energia karmica. In questa chiave Gasco rivaluta gli animali, attacca la caccia, promuove il vegetarianesimo e, dato personale, darà sepoltura ai suoi cani; crede nella reincarnazione, e vede l’evoluzionismo come il segno della continuità psichica tra uomo e animale.

Scopo della Teosofia è per lui contribuire a una età di Pace, di cui è ottima espressione l’Esperanto, la lingua artificiale in fa tradurre alcuni articoli.

Nel 1960 Gasco celebra convinto le Olimpiadi di Roma, profetica speranza di rinascita che in qualche modo chiude il ciclo iniziato con le Olimpiadi di Atene a inizio 1900.

Nonostante il suo teorico pacifismo Gasco, che a fine della sua esistenza sarà celebrato come massone (di 33 grado!) celebra inoltre con entusiasmo come segno della New Age anche il centenario del risorgimento (1961) i grandi massoni risorgimentali, Mazzini, Garibaldi, e la presenza della Blavatski alla Mentana, la cui guerra, in fondo nazionalistica, cozzerebbe con gli ideali di pacifismo orientaleggiante. Similmente, egli attacca duramente la Gazzetta di Mondovì per aver difeso i primi obiettori: il pacifismo è quindi anche qui punto d’arrivo ideale, ma non condotta pratica.

Sul concilio vaticano (1962) inizialmente è scettico, e addirittura lo ritiene convocato per offuscare il risorgimento massonico appena celebrato. Nel 1963 la rivista parzialmente si ricrede, e interpreta le aperture come possibile segno dello spirito New Age che soffia anche lì, come nella distensione USA-URSS.

Ma nel 1964 la rivista si rivela delusa dal Vaticano II, che ha svoltato a sinistra, invece che verso l’ermetismo. Nuova Era mostra anche una certa matrice teosofica di destra: espone infatti la nota dottrina teosofica dell’evoluzione delle razze, che porrebbe nella sua lettura quella bianca sul punto più elevato, collegando il Bianco allo spirito, il Nero alla materia.

Nel 1965 Nuova Era celebra invece il settecentenario della nascita di Dante ricollegandolo alla teosofia, e approfittando dell’occasione per un nuovo excursus Templari – Fedeli d’Amore – Rosacroce / Teosofia Cristiana – Teosofia blavatskiana.

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Nel 1966 infine Nuova Era chiuse a Mondovì le pubblicazioni. Gasco, ormai novantenne, sente esaurita la sua missione. Il grande teosofo e massone morirà quattro anno dopo, il 10 dicembre 1970, quando chiude anche “Alba Spirituale”, creatura di Gasco che preannunciava la Nuova Era mondovita, e che si trasforma in una più burocratica “Rivista della Teosofia Italiana”.

Oggi è rinato un circolo teosofico monregalese, intitolato a “Marsilio Ficino”, ma la continuità che esiste con Gasco, se c’è, è indiretta, essendo di fondazione successiva.

Ormai altri fermenti bruciavano in Italia ed anche a Mondovì. La nuova controcultura sarà spirituale, in parte forse anche ermetica, ma non fu teosofica – massonica.