Il Cappellaio Matto

DSCF6503(opera di Andrea Laroux, esposta al bar “Notturno” di Dogliani)

LAURA BLENGINO

Lo sapeva che era vero. Doveva essere vero. Il suo santo Graal.
Il Cappello Nero.
Trovato nella selvaggia Foresta Nera.
Non era diventato matto, come molti sostenevano. Ora poteva dimostrarlo a tutti, a tutte quelle malelingue.
Il Cappello aveva la peculiarità di portarti in mondi paralleli. Bastava disegnare un cerchio per terra, gettarvi dentro il sacro oggetto ed esprimere il desiderio con la mente. E il portale si sarebbe aperto. Come per magia.
Quegli occhi profondi, malinconici e determinati davano la possibilità di crederci.
Si vestiva sempre con vestiti stravaganti e pittoreschi. E poi quella chioma rossa e vaporosa. Sembrava un clown. Era una sfida? Pareva lo facesse apposta per non essere preso sul serio. Forse era così?
Aveva messo piede nella realtà in cui lui non aveva creduto, e ceduto, all’illusione dell’oggetto mistico.
Era diventato sobrio. Nel modo di pensare e di vestire. Un padre di famiglia, con due figli. Con una moglie bellissima. Impiegato in una ditta. Tutti lo rispettavano e adoravano la sua compagnia. Non era affatto il buffone del paese. Com’era bella questa realtà!
All’improvviso un raggio di chiarore. Accarezzava tutto al suo passaggio. La sua giacca, il suo foulard al collo, il suo volto e anche il suo Cappello.
All’improvviso come era andato, era anche tornato. Nella realtà che conosceva fin troppo bene. Contro la sua volontà.
Si sentì scuotere e un signore disse:
- Si sente bene?
Si svegliò. Era sdraiato. Intorno chiome e chiome di verde. Era nella Foresta Nera. Si toccò sopra la testa. Bene! Il Cappello c’era ancora.
- Sì, sì. Sto bene, grazie!
Il signore se ne andò.
Preso da un’ondata di timore scattò in piedi, disegnò un cerchio a terra, gettò l’oggetto sacro e con tutta la forza della mente scandì “devo andare nella realtà in cui non ho creduto”.
Nulla.
“Devo andare nella realtà in cui non ho creduto”.
Niente.
Nessun raggio di chiarore. Nessuna magia.
Che l’incantesimo fosse finito? Che il Cappello si fosse rotto?
Poi inorridì e un brivido lo trafisse. Che avesse costruito tutto nella sua mente?
No! Non poteva essere.
Scosse la testa, in segno di “no”. Respirò di nuovo con calma.
Pulì il sacro oggetto nero e mise a posto le falde.
E ricominciò da capo.
Disegnò un cerchio a terra, gettò l’oggetto sacro e con tutta la forza della mente scandì “devo andare nella realtà in cui non ho creduto”.