Nella mia vita, c’è di certo la musica

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PATRIZIA GHIGLIONE

Tutto è nato nel momento in cui ho litigato con la mia famiglia, con i miei genitori. Avevo sedici anni e ho deciso di andarmene di casa. Mi sono ritrovato a girare tutto il Nord Italia, in treno, senza biglietto, cercando un posto in cui star meglio. Lontano da qui. Un viaggio dentro e fuori di me, che è durato un anno. La prima tappa è stata Genova. Ero senza niente, soldi né nessuno. Ho incontrato delle persone che mi hanno aiutato, dato la possibilità di andare avanti. Soldi, aiuto morale. Un divano, anche.

Non chiedevo. Ma c’è sempre gente per bene, che vuole dare del bene. Le condizioni sono state molto difficili, non mangiare anche per giorni. Poi mi sono spostato a Novara, dove è andata malissimo. Non ho mangiato per quattro giorni, passato notti e notti sotto i portici. Lì ho cominciato a fare musica, avevo il mio solito computer, che mi ha accompagnato dappertutto. Facevo musica elettronica, e la batteria reggeva venti minuti; scroccavo un po’ di carica da qualche parte e ricominciavo. A Milano, mi sono fermato due giorni soltanto. Ho incontrato un ragazzo che si chiama Piero, mi ha proposto di lavorare con lui. Ho rifiutato perché ho capito che la sua famiglia non era molto d’accordo. Lui sì, mi aveva dato amicizia fin da subito.

Quindi son andato a Venezia, passando per Verona. Venezia è stata in assoluto la città che mi è piaciuta più di tutte. Per il fatto che è molto, molto bella. A Venezia non mi è andata bene, però, non ho avuto alcun aiuto. Certo, il bene non lo trovi in tutti. Ovviamente, lo capisco. Così sono arrivato a Reggio Emilia, poi a Bologna. Sulla piazza del duomo c’erano i ragazzi che cantavano, sono stato tutta la notte insieme a loro, abbiamo mangiato e bevuto. Hanno ascoltato la mia musica, è piaciuta, è nata un’amicizia che ancora esiste. Passando di nuovo per Reggio Emilia, mi sono fermato, questa volta. Ho trovato uno studio di registrazione e, per la prima volta, è stata prodotta qualche mia canzone.

Ho imparato a rapportarmi con le persone, durante questo mio viaggio, ora posso parlare con chiunque, perfino di qualsiasi cosa. La forza è quella che ti fa scappare, poi però deve essere rinnovata, giorno per giorno. Riuscire a stare solo, e, già solo, a trovare qualcosa da mangiare. Ma questo non significa che io, oggi, sia diventato una persona sicura di sé. La sicurezza della mia famiglia è stato un elemento di cui mi sono privato prematuramente ed è un vuoto che non si colmerà mai più. Ho conosciuto chi vive in strada, sono stato con loro, in mezzo a loro. Gente che aveva situazioni molto peggiori della mia. Ho parlato con persone che non avevano più niente da dire, più niente da fare, persone finite. A quarant’anni, magari. Finite. È stato allora, forse, che ho capito che era meglio tornare.

Nella mia vita c’è di certo una cosa, la musica. La musica mi ha aiutato tanto, in quel brutto periodo. Mi ha aiutato anche ad uscirne. Non mangiavo, magari non dormivo neanche, ma ero sempre io, con la musica. Rispetto alla musica c’è, da una parte, quello che vorrei fare e dall’altra quello che posso fare. Mi sento un po’ trattenuto: dalle mode, dai filoni che vanno. Ma riesco sempre, ugualmente, a metter dentro qualcosa di mio. Il desiderio, ovviamente, è quello di fare tantissimo. Ho aspirazioni nazionali e anche internazionali. Perché avere sogni e aspirazioni di vita è alla base delle esperienze dell’uomo, se non li hai, ti svegli al mattino senza una meta. Bisogna avere un obiettivo, una finalità, devi sapere dove vuoi andare a parare. Sembra difficile, ma ci devi provare. La musica non è una parte integrante della mia vita, di più, è proprio fondamentale. Per esempio, aiuta parecchio l’umore: se sei triste, ti tira su, se stai bene ti fa arrivare ancora più in alto. Questo è, d’altra parte, quello che cerco di fare, con la mia musica, di influenzare l’umore delle persone, di rallegrarle.

Da qui a dieci anni possono cambiare un sacco di cose. Vorrei avere una vita normale, da grande. Una famiglia e, vabbé, una donna. Un bel salto sarebbe, di certo. Avendo passato tutto quello che ho passato, io proprio normale non posso essere, ora. L’esperienza mi ha arricchito, forse anche invecchiato. Il mio, è un corpo di ventiduenne ma dentro ho di sicuro qualche anno in più. A volte mi sento un po’ un alieno. Adesso come adesso, sono tristemente disoccupato. So che è una situazione largamente condivisa. La fiducia in una possibilità di risolvere la situazione, c’è ancora, tuttavia. Di trovare un lavoro anche per poco tempo, un modo per tirare avanti, che ne so. E per proseguire il discorso musicale. Aver imparato a vivere con poco, è stata una gran bella fortuna.

Adesso come adesso, i rapporti con la mia famiglia sono sempre molto precari. Più precari del lavoro che manca, per la verità. Ma ho trovato una seconda famiglia. L’ho trovata nell’amicizia. Puoi nascere nella famiglia sbagliata ma crearti il tuo mondo tra le persone in cui ti riconosci. Mi sento migliorato. Le esperienze che ho avuto mi hanno lasciato addosso un po’ di durezza, di diffidenza rispetto alle situazioni che vivo. Quando sei giovane e ti manca il sostegno dei genitori, capisci quanto sia importante la fiducia negli altri e quindi tendi a distribuirla con cautela. Io ho trovato persone di cui fidarmi. Gli amici, quelli che difficilmente ti giudicano. Una seconda famiglia è una seconda possibilità. Forse anche una terza.

Adesso come adesso, affronto i problemi giorno per giorno, con una certa serenità. Ma ho necessità di essere ascoltato, questo sì, quotidianamente. Di avere consigli e conferme. Un bisogno che si sente, nel momento in cui si comincia ad acquistare un’autostima e una fiducia in se stessi. Non è ancora quello, certo, il momento in cui ti metti completamente a posto; inizia un po’ prima, quando ci provi, a metterti a posto.