La luna e il pettirosso

17 giugno Copertina la luna il pettirosso di Benevello disegno di Luciano De Carolis

Proponiamo alcune poesie tratte dalla raccolta “La luna, il pettirosso di Benevello e altre poesie”, di Attilio Ianniello (con interventi di Silvia Pio), precedute da una prefazione di Giuliana Bagnasco.

Con un tono stupefatto e leggero, nei versi di Ianniello le cose, le figure che si rincorrono rivelano la loro intima dolcezza: una melodia che si ripete incastonata in delicati aloni di pause e silenzi. Un viaggio poetico in un’altra dimensione, una vertigine verso remoti e siderali luoghi per sottrarre gli istanti a un ordine del tempo. Nelle liriche in cui il controcanto è di Silvia Pio, è la luna a salmodiare l’intensità della vita, (“dalla luna stillano storie … è la luna a riempire il vuoto delle abbandonate ripe …”), mentre il coprotagonista, il pettirosso di Benevello, si posa, poi si invola “sulla ringhiera del cuore” e i gatti di San Bovo sono i “custodi delle porte del divino”. Anche i ramarri paiono figurazioni metafisiche, abitano le pietre “dove chi guarda intravede la riserva segreta dell’essere”. I silenzi evocati preparano alla rivelazione: è la poesia a sorprendere il sacro catturandone la luce come se scaturisse da una sorgente interiore. È così che le lucciole del Castellengo sono “imbevute d’orante riflesso” e richiamano ad altre luci. Una luce fisica e metafisica percorre i versi ma anche una luce “creaturale” che è pura interiorità può strappare un barlume di senso al nostro esistere. Le immagini enucleate su dati concreti avviano verso alti interrogativi, ma non solo le creature animate sono portatrici di significato, anche le rocce moreniche, sulle rive del Berria, distese come uno scialle a circondare l’acqua, emanano palpiti che il cuore percepisce quali respiri d’amore.

È la memoria di altre lune a rendere tersi il pensiero e il tempo rappreso, dove tutto scorre uguale, senza rumore e “la presenza” viene avvertita come un dono.

Nell’accordo con il cosmo il canto riprende, la vita dirama su un fondo di malinconia pur nell’eternità di ciò che resta.

Giuliana Bagnasco

Il pettirosso di Benevello

Sulla ringhiera dove l’ombra arretra
intriso d’alba si posa il pettirosso
e cerca le briciole discrete
che spargemmo come semi
nella leggera bellezza
di questo ondulato mondo

Si posa il pettirosso
e poi
di colpo
s’invola verso la valle del Berria
là dove nascono i noccioli
e s’apre di verde il fogliame
nel vapore
di virili nebbie ed inquieti venti

S’invola
dentro strisce di luce
dove
solo non tace
il suono del mutamento
dove
solo non tace
la brace dei fuochi
ch’osammo sperare

Sulla ringhiera del cuore
all’alba
si posa il pettirosso
piumata aerea porzione
di carne e sangue
e guarda
ed è guardato
mentre si alza
nell’aria alta di nubi
là dove non giunge il latrato dei cani
là dove s’avvista abbracciante
il fresco profilo del mare

(Attilio Ianniello)

Il pettirosso di Benevello

Sulla ringhiera osserviamo il pettirosso
che abbiamo nutrito
negli ultimi anni di giovinezza
Va e torna
al di là del vetro
che nell’inverno di vento
divide il nostro
dal suo discreto mondo,
aperto alla valle dove
cerchiamo certezza di terra non conquistata
Va e porta sentore di mare
colore di sole
Sono le briciole nostre
compenso modesto al suo sicuro tornare
e portare sull’ali
porzioni di un’alba ancora sperata

(Silvia Pio)

*

I gatti di San Bovo

Tra l’ailanto, il sambuco e il corniolo
si nascondono i gatti di San Bovo
al margine dello sterrato silenzio
che scende fino al Belbo melmoso

Si spostano in attesa di chi porta loro il cibo
cerimoniose orme nel misurare
il benefico passo d’un paesaggio umano

Stanno i gatti sulla linea antica
dappertutto orante di promesse
e premesse di squarci
oltre le spalle di apparente disattento cielo

Senza certa tana e focolare d’avi
si muovono nella notte
che lucciole rendono più nera

Stanno i gatti sulla soglia della casa dell’incenso
a presidiare le porte del divino
stanno
nella piazza che il vento chiamato Marino
riforma
in profumo di tiglio maturo

(Attilio Ianniello)

I gatti di San Bovo

Senza tana o tetto
nascosti da questa notte
noi come i gatti di San Bovo
seguiamo la linea delle lucciole,
sentiero segnato tra il rovo e l’agerato.

Così è la nostra esistenza
tra la selva e l’inutile bello,
tra la spina e l’intenso colore
alle porte del divino a noi precluse
e all’ombra dell’umano rosmarino

(Silvia Pio)

*

I ramarri del Pavaglione

Verdimmoti rimangono i ramarri
dove la terra confina con l’asfalto
Rilucenti ascoltano il respiro
d’un sole maturo come il frutto
ch’addenti a placare l’inattesa sete

Cordoni di rovi smerigliano la riva
che tiene uniti il piano e la collina
facili nascondigli ai bordi dei pensieri
luoghi di partenze
di attraversamenti veloci

Corrono i ramarri nell’arco dello sguardo
rime boschive di un linguaggio
che si scioglie
ai confini del sonno e della veglia

Abitano i ramarri il muretto a secco
il muretto di pietre perfette
dove resiste la ginestra e si ferma
l’esuberanza del bosco

Abitano i ramarri dove la pietra
conserva l’umido sogno della notte
e il fresco tesoro dell’aurora
abitano i ramarri la pietra
dove chi guarda intravede
la riserva segreta dell’essere

(Attilio Ianniello)

I ramarri del Pavaglione

Terra di confine la nostra età
di frutti maturati da soli e lune
con gusto ancora di sorpresa
e giochi mai terminati

Come i ramarri
nascosti per un poco al tramonto
noi con memoria di partenza
e saluti rinnovati
ai quali non credere

La pietra rimane calda del ricordo
di estati stupite,
fresca del settembre silente
nell’umido riparo
che ancora resta
fatto di niente

(Silvia Pio)

*

Le lucciole del Castellengo

Svapora la notte d’estate
su queste pietre di Langa
erette a confini
tra terre di morbidi umori

Svapora la notte e scorrono
le lucciole del Castellengo
lungo il canale d’asfalto
fino alle Vigne e oltre
nel bosco che divalla
nell’immobile ruota di Mulino

Svapora la notte
e le lucciole crediamo
imbevute d’orante riflesso
che immerge nell’eco
di un’umana profonda natura

Le lucciole del Castellengo
affiorano nella calma di vento
nel buio ingenuo e vergine

Le lucciole del Castellengo
affiorano
dove la memoria tramuta la mano
in commossa carezza sul seno
e vulva di donna dal sangue
di Langa

Traducono altre luci le lucciole
e il tiglio rifrange sui rami
il biancore della luna

Traducono altre luci le lucciole
e per chi torna
d’assolata solitudine
è fresco sguardo
è offerta nella fuggitiva sosta
dove stanchezza sarà vampa d’amore
per questa terra
per questo taglio di vita

(Attilio Ianniello)

Le lucciole del Castellengo

Ci salva la notte
che il bosco separa dal paese
di luci e di facciate chiuse

Ci accoglie la notte
dove immensa ci prende
memoria
puntinata di lucciole antiche

Sul sentiero
dove anche per una sola volta
tutti
sono stati amati
tutti han lasciato un’impronta
e rimane di loro
di noi
un soffio che a volte si sente

Salvezza e conforto è la notte
Infinito il nostro tornare

(Silvia Pio)

Disegno di copertina di Luciano De Carolis.
Originariamente apparso in Margutte l’8 giugno 2013.