I quadri elettronici e la poesia di Davide Coltro

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LAURA CORRADUCCI

Davide Coltro è l’inventore del quadro elettronico e, forse non a caso, il destino ha voluto che il nostro incontro avvenisse proprio via rete ma, non per questo, si rivelasse meno reale e stimolante.

Incuriosita dalle parole di un amico comune, poeta egli stesso, ho voluto conoscerne il mondo creativo e le opere, i paesaggi, in modo particolare, dalle atmosfere immobili e ipnotiche, mi hanno -da subito- afferrata, tanto che ho deciso di accompagnare alcune mie poesie, uscite lo scorso febbraio qui su Margutte, accostandole ad immagini dei suoi quadri.

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Davide Coltro – Paesaggi
Icona digitale tramessa a quadro elettronico serie Plenum.
Anno 2011
Courtesy Gagliardi Art System – Torino

Davide vive e lavora a Milano, i suoi quadri elettronici, creazioni artistiche assolutamente innovative, frutto di una ricerca e di un percorso intensi e, per la cui realizzazione si avvale di tecnologia e formule matematiche ben precise, sono stati acquisiti da importanti collezioni pubbliche ed esposte nei più grandi musei tra cui: il Museum of Modern Art di Mosca, il Museo ZKM a Karlsruhe in Germania, l’Urban Planing Center di Shangai, il Museo d’arte moderna di Palazzo Forti a Verona e la Collezione Farnesina di Roma.

Alla Biennale di Venezia, nel 2011, la sua imponente Res Publica I, un’installazione di ben 96 monitor dedicata al 150 anniversario dell’Unità d’Italia, è stata una delle opere più ammirate.

Insieme agli artisti italiani Nicola Evangelisti e Vincenzo Marsiglia ha dato vita al The On Group, (dall’inglese “acceso”), dove la tecnologia viene utilizzata in diverse forme per la realizzazione di opere d’arte, il gruppo nasce ufficialmente con una mostra inaugurata proprio la notte di capodanno del 2011 in cui, allo scoccare della mezzanotte, gli artisti hanno simultaneamente acceso le loro opere.

La critica, naturalmente, si è occupata e spesso si occupa dei suoi lavori, nel suo saggio La costruzione della bellezza, il critico Ivan Quaroni scrive di lui «In un’epoca in cui la pars destruens tende troppo spesso a soffocare le istanze più positive della ricerca, Coltro ha forse sentito la necessità di gettare le basi di un nuovo linguaggio, in grado di riflettere – sia pure attraverso la mediazione delle tecnologie digitali – i valori più alti e immutabili dell’uomo…»

Tecnologia, dunque, non come mezzo di creatività fredda o meccanica, ma come espressione imponente, in questo caso anche da un punto di vista materiale, e potente di umanità, passione e ricerca. Opere che nascono dall’uomo e tendono a coinvolgere, in un rapporto assolutamente diretto, l’uomo stesso.

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Davide Coltro – Ritratti
Icona digitale tramessa a quadro elettronico serie Medium Color Landscapes.
Anno 2008 – 2009
Courtesy Gagliardi Art System – Torino

L’energia emanata dai suoi quadri mi porta alla mente dei versi di Gaspara Stampa, meravigliosa poetessa del Cinquecento, il cui tema di tutte le liriche è Amore, inteso come dio assoluto e assolutizzante, a cui dedicare poesia e vita, senza compromesso alcuno

Or a te si convien far quel sole,
che mi desti per guida e per sostegno
non lasci oscure queste luci e sole

Quando per la prima volta ho visto le realizzazioni artistiche di Davide, istintivamente, ho avvertito questa devozione, talvolta anche dolorosa, a un dio da servire, da omaggiare, ho sentito in lui il desiderio di essere sole, di cercare attraverso l’energia e la tecnologia, la tensione a farsi occhio titanico che scruta, indaga, porta o intensifica luce laddove decide di soffermarsi e osservare.

In Coltro coesistono pioggia e a arsura, bisogno e desiderio incessante di essere bocca e acqua insieme.

Non c’è innocenza nei suoi quadri luminosi, l’effetto opalescente dei colori e le evanescenze delle forme, costringono lo spettatore a seguirne i movimenti, perdendosi fra gli effetti delle sfumature e delle ombre, per finire avvolto in una dimensione altra, dove l’oggetto rappresentato è eco di suggestioni e malinconie che si rincorrono come in un gioco di specchi.

Ha ragione Picasso quando dice che l’arte non è mai casta e che si dovrebbe tenerla lontana da tutti i candidi ignoranti, «l’arte è pericolosa, se è casta non è arte», e ciò vale, naturalmente, anche per la poesia.

Ho affiancato suoi quadri ai miei testi proprio per questa ragione, nei suoi lavori avverto un senso di confine imminente, un segnale di allarme trattenuto, una linea che gioca a spostarsi fra la rappresentazione di ciò che l’occhio vede e di ciò che vuole far vedere o suggerire.

I paesaggi sono immagini di lande ghiacciate, sembrano essere state appena investite da un vento gelido, dove gli alberi o i fili d’erba, restano appesi ad un’atmosfera drammatica, a tratti, surreale.

C’è un passaggio di un racconto dell’immenso Tolstoj, Temporale nel bosco, che pare quasi descrivere un quadro di Coltro

(…) all’improvviso si fece buio, cominciò a piovere e a tuonare.
Mi spaventai e mi rannicchiai sotto una grande quercia.
Balenò un lampo così vivido che mi fece male agli occhi, e li serrai. Qualcosa schiantò e crepitò sopra di me e poi qualcosa mi colpì alla testa.
Caddi e rimasi disteso sino a quando cessò di piovere. Allorché mi riebbi, gli alberi del bosco sgocciolavano,la grande quercia era schiantata, e dal suo tronco usciva del fumo. Attorno a me erano sparsi pezzi di legno.

I suoi ritratti paiono uscire da un’oscura acqua primordiale, sofferenti, di un dolore senza incrinature, che viene accolto, custodito come un segno prodigioso.

Gli sguardi non si ritraggono, non vogliono celarsi ma scrutare gli occhi dello spettatore per interrogarli fino a coglierne la fame di senso che portano, che tutti, dentro, portiamo con forza quasi violenta. Sono volti che trasfigurano lo loro solitudine nelle ombre e nei movimenti di luce, allentando o intensificando il dramma interiore nei colori che ne disegnano i tratti, i lineamenti.

così vengo a cercarti sulla piazza
mi levo il sale dagli occhi e annuso
quel silenzio che divora la tua carne

Davide ha scelto di vivere appartato, in un luogo dove il silenzio e la solitudine diventano compagni e ispiratori dell’arte, probabilmente, nell’urgenza che spinge a creare, si impara, quasi per contrasto, a fermarsi, ad attendere, a praticare, nel caso di Coltro anche fisicamente, l’esercizio supremo della pazienza. Questo vale tanto per lo scrittore quanto per l’ artista visivo, il quale sceglie di lavorare usando le mani come strumento concreto del proprio pensiero.

Non a caso, Pier Luigi Bacchini, poeta parmense straordinario (scomparso lo scorso gennaio) che, per scelta, visse un’esistenza appartatissima e per il quale la natura, osservata in modo a volte scientifico a volte metafisico ha avuto un ruolo dominante, nella sua poesia Sereno, sapientemente, scriveva così:

c’è tempo prima delle stelle
dopo la curva dei gelsi
mi siedo e l’aspetto

http://www.davidecoltro.com/

Due opere di Davide Coltro sono presenti all’Esposizione e Collezione Permanente dell’IGAV – Istituto Garuzzo per le Arti Visive – presso la Castiglia di Saluzzo http://www.igav-art.org/mostre/permanente