Intervista con Urfaut

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LORENZO BARBERIS.

Urfaut è un fotografo-hacker, come l’ha definito Davide Pyriochos nel bell’articolo-intervista su cult.veneziepost.it. Nella recente mostra di febbraio alla Foto-Forum (foto-forum.it) di Bolzano,  egli ha introdotto gli Urtypes, ovvero schermi di e-reader su cui è stata caricata un’immagine, che resta impressa sulla superficie senza l’intervento di batterie né collegamenti elettrici. Un’invenzione, un nuovo supporto fotografico inedito.

Un Kindle Amazon (o un altro e-reader) non consuma energia quando una pagina di libro viene letta: l’elettricità è richiesta solo per visualizzare una pagina nuova.Gli schermi di e-reader attualmente in uso non permettono ai proprietari di caricare immagini in autonomia. Come spiega Pyriochos, “Urfaut ha perciò studiato i manuali che descrivono il funzionamento dei libri elettronici, ha frequentato per mesi blog su internet, e grazie all’aiuto di ingegneri affascinati dal progetto, ha apportato a un e-reader le opportune modifiche di hardware e software per caricare sugli schermi immagini fotografiche. Quel primo e-reader, dotato di batteria, scheda madre modificata, chip processore, e collegamento per i monitor “vergini” (i “dagherrotipi” da imprimere, gli “e-paper”) è diventato così la sua “camera oscura” digitale.”

Una transizione tra la fotografia tradizionale e quella della nuova era digitale, come spiega nell’intervista succitata l’autore stesso: “serviva un ponte tra i due linguaggi, qualcosa che garantisse la comunicazione tra le due ere, altrimenti anche tutta la riflessione filosofica rischia di andare perduta”.

Ma oltre che un hacker, Urfaut è un alchimista, e le 22 icone degli Urtypes richiamano da vicino gli arcani dei tarocchi. Computer e cabala, secondo l’antica lezione di Eco. Una lezione che anche “Margutte”, nel suo piccolo, ha cercato di fare propria, coniugando il profondo filone della controcultura rinascimentale con la moderna cultura informatica. Ecco perché non poteva mancare di intervistare Urfaut, nella schiera d’artisti recensiti su queste pagine.

1) Urfaut sembra richiamare  l’Urfaust di Goethe, perfetto per un “alchimista digitale”. Ma qual è la genesi del tuo nome d’arte?

Se te lo dicessi, che alchimista sarei? A parte gli scherzi, “Urfaut” lo definirei una sorta di calembour frattale, è un gioco di parole che continua a riflettersi in se stesso creando una sorta di abisso. Ma non posso spiegare di più…

2) Le tue icone sono le prime interamente digitali, nella realizzazione e nel supporto. Assieme ai droni, alla protesiologia avanzata, agli OGM e al dominio delle megacorp, è un altro elemento che ci fa sentire sempre più addentro al mondo del cyberpunk. Un riferimento plausibile?

Assolutamente plausibile. Anche se, in verità, non sono mai stato condizionato neanche minimamente dall’universo narrativo di Stearling e Gibson (pur considerandoli dei pilastri fondamentali della mia educazione letteraria e della letteratura mondiale) durante la “messa in opera” del mio lavoro. Più che altro, come giustamente hai sottolineato, la storia di questi ultimi trent’anni ha preso una deriva fortemente cyberpunk e quindi siccome l’arte è anticipazione ma anche spirito del tempo è possibile che, anche senza volerlo, mi ritrovi a far parte di questo pachtwork.

3) Al di là dell’aspetto futuribile, le tue immagini richiamano gli antichi dagherrotipi, sia pure in una versione ultramoderna. Più steampunk che cyberpunk?. Un rimando a un’estetica in parte retrò?

Onestamente non riuscirei a definirla retrò. Mi spiego meglio: quando dici che assomigliano nell’aspetto ad una versione moderna dei dagherrotipi hai perfettamente ragione, ma il termine retrò un po’ mi disturba perché da l’idea che sia una questione meramente estetica, quasi modaiola. Invece sono in tutto e per tutto dei Dagherrotipi Digitali anche sotto l’aspetto tecnologico, reagiscono in maniera meccanica ed elettrica riproducendo fedelmente il processo chimico che avviene nella stampa tradizionale (addirittura si può osservare la grana!).

4) Le tue immagini sembrano reinventare i classici archetipi di stampo junghiano: mi viene da pensare al lavoro di Crowley sugli Arcani. Non a caso, anche il papa gesuita ha parlato contro i tarocchi proprio in questi giorni, e fatto chiudere l’oroscopo anche a Frate Indovino. Qual è la tua posizione al riguardo?

Sì, è una sorta di riscrittura degli archetipi primari racchiusi in quello che Jung definiva “inconscio collettivo”. Siccome viviamo in una situazione di transito tra due ere, il mio intervento è stato quello di fotografare questo mutamento all’interno dei vari archetipi. Ovviamente si tratta di rivoluzionare la simbologia, di “riscriverli” diciamo, e, si sa, ogni rivoluzione comprende una parte di rischio (ma minore di sicuro rispetto a quello che ha corso il fondatore del culto di Thelema). Per quanto riguarda la querelle interna alla chiesa non mi pronuncio. Di sicuro, Papa Francesco intendeva identificare con i tarocchi i truffatori televisivi e non chi li usa per scopo ludico-ricreativo o come percorso di conoscenza individuale, altrimenti il prossimo passo sarebbe mettere al rogo la psicoanalisi, e poi? Ad ogni modo, il riferimento (nella sua accezione più popolare) lo trovo comunque non casuale e quindi vagamente inquietante.

5) Se davvero gli Urtypes sono i Nuovi Archetipi,  da essi potrebbe nascere una nuova concezione della riproduzione dell’immagine. Quali sono, se le hai già in mente, le prossime mosse della tua ricerca?

Sì, infatti l’alba della nuova era coincide, per pura casualità, con la transizione tra l’analogico e il digitale e, tramite il mio progetto, ho reso possibile la trasmutazione senza che la fotografia perdesse la sua portata filosofica: torna ad essere, anche nel digitale, un attimo unico, surgelato. Detto questo, non sono ancora in grado di dire quali saranno le mie mosse future: ho vari progetti in cantiere e un paio sono in fase di realizzazione. La cosa certa è che Urtype, anche solo a livello tecnico, ha segnato un nuovo punto di partenza e d’ora in poi sarà difficile non tenerne conto.

Foto di Alvise Vivenza, Hartmut Prünster, Katharina Kolakowski e Galerie Foto-Forum