Chi bada alle badanti? (prima parte)

badanti

GIULIANA MANFREDI

LA RICERCA

Siamo alle solite: un’altra badante durata lo spazio d’un mattino … e io vedo sfumare le mie vacanze, o quella parvenza di che da qualche anno a questa parte trascorro. Non fai in tempo ad abituarti, rassegnarti e, in alcuni casi, affezionarti a una di loro che se ne vanno. Così: dall’oggi al domani, senza colpo ferire. Senza darti il tempo di cercare con calma una più o meno degna sostituta. Come già molteplici volte, devo trovare una nuova badante in breve tempo. L’ultima se n’è andata in lacrime: qui stava bene, siamo brave persone, ma lei deve trovare un lavoro in cui le consentano di portare la nipotina di 6 anni, che senza di lei non mangia e fa i capricci. Perché si è sempre occupata lei di questa bimba: la madre ventitreenne, sua figlia, deve lavorare. Comincia la fase reclutamento, in cui occorre essere un po’ sensitive, o quasi. E neppure questa è una garanzia, naturalmente. Si è presentata una signora frettolosissima, che ha voluto vedere la badata, ma che non si è interessata d’altro, neppure del compenso mensile-contributi. Ha solo lasciato il suo numero e ha sussurrato alla zietta: «sono le 3… non dormite? Il pomeriggio si deve riposare …». Non era ancora in carica e già dettava legge. Si è proposta un’altra, che vive in un paese vicino, ma che pretendeva che l’andassi a prendere e poi …«Come? Nessuno ha un cellulare Wind? Allora chiamo di nuovo sul fisso». Trovato un passaggio per giungere sul potenziale luogo di lavoro, al telefono, con tono perentorio fa: «Sì, ma vengo se è una cosa seria, perché io la persona che mi accompagna in macchina la pago …» O ancora: «Vengo, ma c’è pure mia figlia di 15 anni. Potrebbe dare una mano in casa».  «Sì, sono libera fino al mese di … perché poi torno al mio paese». «Il giorno libero deve essere domenica, come tutte le mie amiche, se no che faccio io da sola?»

In casa, da due anni a questa parte, si sovrappongono lingue, odori, sapori, suoni, rumori di etnie differenti: rumeno, ucraino, senegalese, francese, ungherese. Muezzin e popi, nenie e prostrazioni verso la Mecca, copricapi e veli, rosari e coroncine. Non ne posso più! Non è colpa mia se sono l’unica della famiglia rimasta a vivere nella casa paterna. Prima con i genitori e ora con la superstite zia centenaria che ci seppellirà tutti. Già, non è colpa mia, ma le conseguenze me le becco io perché sono io a non essere padrona della mia vita.

Va bene, d’accordo, è difficile anche per loro abituarsi a stili di vita diversi, a persone diverse. Togliamoci dalla testa che possano fare il loro lavoro con spirito di sacrificio o un briciolo d’affetto. Lo fanno perché al momento non trovano di meglio. Perché devono lavorare. Perché le italiane non lo vogliono fare. Spesso ti guardano male perché «al loro paese si occupano loro degli anziani e i turni in casa li fanno tra parenti»; «gli anziani sono sacri, sono considerati quasi divinità e le loro preghiere vengono ascoltate Lassù … Chiedi agli anziani e ti sarà dato».

GALLERIA DI RITRATTI

La prima, di bella presenza e dall’italiano quasi perfetto, sbuffava per qualsiasi cosa. Si arrabbiava con la zia bislacca farneticante e ci litigava come se quella fosse capace di intendere e di volere. Era sull’isterico andante e sbraitava spesso e volentieri. L’apparentemente mite vecchietta l’aveva soprannominata la diavola. Durata: mesi 7. Poco male, non sapeva neanche cucinare né aveva voglia di imparare.

La seconda l’italiano lo masticava poco, anzi pochissimo ed era convinta che se il tono di voce era un po’ più alto del normale la causa fosse lei e che presto l’avremmo mandata via di casa. Era mite e dolce, molto paziente e affettuosa e, a suo modo, si sforzava anche di cucinare. A volte si esibiva in succulenti ma pesantissimi piatti sovietici, su cui mi fiondavo affamata. Accadeva di rado, ma per lei questo era motivo d’orgoglio. A seguito di ciò proferì la famosa osservazione: «Signorini (io, n.d.r.) non mangia molto, si no piace no mangia. Ma se piace mangia mangia mangia!». La zia l’adorava e ha continuato a rimpiangerla e a ribattezzare tutte le altre che sono seguite col suo nome. Come facessero a capirsi non lo so, considerato che una parlava in dialetto calabrese e l’altra in quello ucraino.

La terza badante è stata una giovanissima bionda, del tutto incapace di gestire cucina e assistita. Conosceva solo 10 parole di italiano e trascorreva il tempo al telefono (particolare, questo, che le accomuna tutte), al computer, a leggere e ricamare. Ma, per qualche tempo, mi ha consentito di andare a lavorare. E sorrideva sempre.

HEIDI

Partita la biondina, è giunta una spiritata signora, sposata con un italiano altoatesino, stufa delle vette innevate e della monotonia montana. Aveva raggiunto qui un familiare, per raggranellare qualche soldo. Noto, quasi subito, che salta per un nonnulla e urla se entra in una stanza e trova me… Spesso piange, senza spiegarmene il motivo. Trascorre notti insonni, ma è materna con la zia e si sforza di fare del suo meglio. Durante il suo breve soggiorno la sottoscritta parte con la scuola per un periodo abbastanza lungo. E la mancata Heidi, che poi si scoprì avere dei trascorsi da alcolista, riprende a bere di nascosto. Nessuno, però, se ne accorge. Fino a quando comincia ad avere visioni (proprio come la zia, che vede donne e uomini che rubano tv e lavatrici, nonché coperte e lenzuola, mobili e suppellettili) e telefona nottetempo, terrorizzata, a mio fratello perché corra in quanto ci sono estranei in casa. Ovviamente non c’è nessuno oltre a lei e alla centenaria, nel cui letto, la notte successiva, si rifugia «perché c’è un uomo che gira per casa» . La situazione è insostenibile, ma la tragicommedia non ha ancora raggiunto il suo climax. Una mattina, dopo aver lasciato il chiavistello al portone, pensa bene di salire in terrazza e di rimanere chiusa all’esterno. Presa dal panico, si cala dalla terrazza al balcone sottostante, rischiando di cadere nel vuoto. Una volta raggiunto, miracolosamente, il balcone rimane là inerte, perché il balcone è chiuso e lei non può entrare in casa. Nel frattempo, la povera zia, completamente cieca, si avvia a tentoni verso i fornelli «perché nessuno le ha dato il latte, quella mattina». Mentre avviene tutto ciò, le mie due sorelle, con buste di viveri e leccornie, si recano in visita alla zia e alla mancata Heidi, ma, pur munite di chiavi, non possono entrare in quanto il portone è off limits, chiuso dal chiavistello . Cominciano a citofonare e a telefonare, ma nessuno risponde (Heidi è sempre chiusa nel balcone, ma loro non lo sanno). E cominciano ad agitarsi, temendo il peggio. Si coinvolge, a un certo punto, un operaio che con una lunga scala sta montando le luminarie per la festa del Santo patrono: costui si introduce nel balcone della cucina, fortunatamente aperto, e scende a togliere il chiavistello del portone. Tutto il rione partecipa all’evento, con gli occhi all’insù. Le due sorelle, pronte al peggio, salgono col cuore in gola … La zia è al suo posto, sana e salva, ma di Heidi non c’è traccia. D’un tratto, una delle mie sorelle, se la trova come uno spettro nel balcone, chiuso dall’interno, in cui si era calata dal terrazzo, sfidando il vuoto. Un’espressione attonita, intontita, gli occhi sbarrati, i vestiti sporchi di polvere e muta come un pesce. Si telefona subito ai parenti che l’hanno proposta e arrivano immediatamente, costernatissimi, fratello e cognata. Viene fuori che Heidi aveva avuto problemi di alcool che si pensava fossero risolti. Prese le sue cose, come un automa, lascia la casa. Per giorni e settimane abbiamo trovato negli stipi e nelle credenze decine di bottiglie di liquore (moltissimi stantii) scolate …. ne abbiamo contate 43!

LA MAESTRINA CON LA PENNA ROSSA

In questo scenario d’emergenza si colloca la maestrina con la penna rossa, attempata signora arrogante e petulante di origini ungheresi. Apparentemente affidabile e padrona della situazione, comincia a gestire la casa (si fa per dire) senza la mia presenza (mi trovavo ancora fuori). Soffre di fobie gastronomiche e ha strane manie: il suo piatto, il bicchiere e le posate vengono lavati a parte e avvolti in una busta sigillata. Le fa specie mangiare con le nostre posate e mangiare e bere nei piatti e bicchieri della casa! I gatti di casa le fanno impressione e le danno la nausea. Fa comprare ogni 2 giorni 7 mozzarelle, fa strane liste della spesa e butta, ormai marce, tutte le cose fresche che le si portano da preparare (verdure, frutta, ricotta). Non fa che parlare di cibo e di igiene. Salvo mangiare pop corn bollenti su fogli di quotidiano. Dopo meno di due settimane arrivo io. L’incontro avviene alle 7 di mattina, mentre mi preparo per andare a scuola. La prima frase da lei pronunciata è « La zia si alza troppo presto, la giornata così è troppo lunga, mi stanco. Bisogna dare una pillolina alla zia …» La guardo basita e le rispondo che non se ne parla. Nei giorni che restano (allo scadere del mese  di sperimentazione) non fa che ripetermi quanto è brava, quanti plausi ha ottenuto nelle famiglie in cui ha lavorato, quanto sia attenta alla pulizia. Alla fine, di comune accordo, ma non senza reciproche frecciatine velenose, la maniaca del pulito se ne va, tra il sollievo generale.

OTTO MESI DI TRANQUILLITÀ

È difficile trovare di peggio, a questo punto. Ma è quasi estate. Il picco di “abbandono del tetto da parte di badanti” si tocca tra giugno e luglio e a dicembre. La prossima Pubblicità Progresso da lanciare dovrebbe essere questa, visto che per scongiurare l’abbandono di animali da compagnia qualche passo avanti c’è stato. Cerco, contatto, telefono e incontro e, con molta convinzione, scelgo una graziosa signora di colore, che dimostra 20 anni di meno. Nessuno l’ha voluta perché troppo scura. Indignata che nel 2011 possano esistere problemi del genere, la accolgo, e inizia il periodo più sereno e promettente di tutti. Non era una presenza ingombrante; tornavo a casa e mi sembrava di trovare un’amica. Facevamo lunghe chiacchierate, lei mi raccontava degli usi e costumi della sua terra, poi passavamo ad argomenti frivoli (creme, profumi, ginnastica, pigrizia, uomini) o alle sue disavventure lavorative (quello che ci provava, l’altro che nelle mansioni da colf voleva inserire extra in natura, il corteggiatore devoto che le portava regali e primizie). Tutto questo è durato, più o meno, otto mesi. A un certo punto, però, la situazione, comincia a peggiorare: la nostra chiede di uscire continuamente, parla ore al telefono, non prega più (mentre era assai zelante con le preghiere quotidiane). Poi inizia a essere più distratta, approssimativa, pensierosa. Chiedo se qualcosa non va. Niente, risponde, solo un po’ di nostalgia, ogni tanto. Ha deciso che ad ottobre di tornerà nel suo paese per un mese e resiste. Invece, il 15 giugno mi annuncia che a fine mese va via perché la madre sta male. Ad alcune persone dice, invece, che va a sposarsi con un vicino di casa che conosce da tempo e che ha già una prima moglie. Ad altre dice che è un uomo con un cuore grande, ad altre ancora che è un egoista. A questo punto, sapendo le sue vere intenzioni, la nostra colf venticinquennale si decide a confidarmi, dopo mesi che ne era a conoscenza, una serie di particolari che mi mandano in bestia non poco. E cioè che la affidabile badante sostiene che io le buchi i vestiti, le tagli i calzini, le righi l’orologio, le dia lenzuola con i buchi in cui dormire, le faccia dispetti. Che ha paura di stare in questa casa e che se ne scapperà appena possibile. Io resto di sasso. Gliene parlo e reagisce malissimo, urlando. Non solo: comincia ad uscire quando vuole, lasciando sola la zia e usando a piacimento le chiavi, che a volte dimentica da un’amica o da un altro amico. E’ decisamente troppo. E un pomeriggio, dall’oggi al domani va via. Il mensile però, lo aveva già percepito perché era stata tre giorni fuori da amici a fare spese e mi aveva chiesto di anticiparle la busta paga. Non l’ha neppure firmata. Sparita.

FRICCICARELLA

Dopo un’altra meteora, durata 10 giorni, rimango sola un’altra settimana e continuo a cercare. Mi indicano una ragazza, giovane e avventata (questo lo scoprirò quasi subito) che resiste 2 giorni e mezzo. Non mi convince da subito, ma ho preso una serie di impegni, molto seri, per il giorno successivo al suo arrivo, e non posso salutarla lo stesso giorno in cui si presenta. Quel primo giorno, mi chiede di uscire per recuperare un bagaglio grande a casa dell’ex fidanzato, che abita a pochi metri. Trascorre un’ora e le telefono un po’ allarmata. Rientra dopo pochi minuti. Nel pomeriggio, mi chiede di darle un anticipo della paga mensile perché deve fare delle spese dai cinesi. Sa perfettamente che ad una certa ora devo uscire: ho appuntamento dal veterinario per il vaccino al micio. Esce e dopo un’ora non è ancora tornata. La chiamo, inviperita. Mi dice che arriva subito. Passa un altro quarto d’ora. Ci incrociamo nelle scale: lei sale e io corro col micio al controllo. La mattina dopo, esco a comprare i giornali, e una vicina mi mette in guardia sulla novella badante: è un po’ troppo friccicarella, dice: troppi uomini. Ma se è arrivata ieri sera? Torno a casa, con varie riserve mentali, e la signorina alla sua prima mattina di lavoro non si è ancora alzata e io, prima di andare a scuola, faccio alzare, lavare e mangiare la zia. Controllo la pressione e le do la pillola. Sono quasi le 8, devo uscire e vado a svegliarla, sottolineando che il buongiorno si vede dal mattino. Quel giorno mi vede ben poco: ho impegni anche nel pomeriggio e la sera. Ma dopo pranzo mi chiede se può andare 2 o 3 ore al mare con gli amici! Sorrido. «Stai scherzando? Ieri sei uscita due volte e ho dovuto telefonare tutt’e due le volte per farti tornare e oggi vuoi uscire di nuovo? No. E, comunque, ho impegni tutto il giorno. Mi sa che non ci siamo capite». La seconda mattina, dopo il cicchetto del giorno precedente, si alza e fa, secondo lei, quello che deve fare. Ma sbaglia la dose della compressa per la pressione. Le dosi sono scritte sia sulla confezione delle pillole sia sul notes su cui segna i valori per osservare l’andamento pressorio. Mia sorella, più tardi, arrivando in macchina, la trova al balcone, dal lato opposto della casa, seduta su uno sgabello, che fuma. E la zia è sola in cucina. Le fa notare la cosa (ma la giovanotta, furbescamente, si è intanto fatta trovare in cucina vicino al lavello a sciacquare bicchieri) e le sottolinea che lei è da noi, pagata, per stare con la zia, non per stare in giro per casa o al balcone. Uscita a sbrigare una serie di commissioni, intanto rientro e vedo che non ha preparato nulla per pranzo. Non solo, ho appena ricevuto un sms da una mia amica badante, sua conterranea, che mi avverte di stare moooolto attenta alla giovincella, che ha fatto la vita ed è totalmente inaffidabile. Il tempo di fare i bagagli ed è di nuovo senza lavoro. Ovviamente, non rivedrò più l’anticipo che sventatamente le ho dato due giorni prima. Vengo poi a sapere che dal balcone di casa mia intratteneva svariati giovanotti, lanciando loro sigarette, bigliettini e risatine.

(La seconda parte si trova qui e la terza qui)

Foto di Silvia La Torre di Lamezia Terme, studente di Storia all’università di Firenze con l’hobby della fotografia.