Le canzoni delle nostre nonne. “Chi vuole con le donne aver fortuna”

noemiISABELLE FELICI

Arrivata in Francia negli anni venti, mia nonna portava con sé in valigia una canzone di Armando Gill. Con questo pseudonimo (1) l’autore-compositore-interprete napoletano Michele Testa (1877-1945) aveva composto nel 1919 una canzone intitolata Canti nuovi, divenuta una canzone di successo, come molte altre sue canzoni, in napoletano o in italiano (2).

Questa canzone è tornata nel repertorio della mia famiglia per merito di Luchino Visconti, che nel suo film Morte a Venezia (1971) la fa cantare da un’orchestra di musicisti di strada. Mia nonna non andava mai al cinema ma il “33 giri” che riprendeva le musiche originali del film è arrivato fino a lei grazie alla figlia maggiore. Quest’ultima aveva riconosciuto una canzone che l’aveva cullata nella sua infanzia, prima della seconda guerra, quando mia nonna passava le giornate a cantare. Questa voglia di cantare è svanita con la guerra e le delusioni di cui non mi sono mai stati raccontati i dettagli. Quando ho sentito per la prima volta Chi vuole con le donne….., iniziavo il mio secondo anno di apprendimento dell’italiano alla scuola media; non avevo mai sentito mia nonna cantare e non potevo immaginare cosa poteva risvegliare in lei il risentire quella canzone. Non so se è stato con piacere che lei mi ha aiutata a trascrivere le parole, ma ho un ricordo molto preciso della storia che mi ha allora raccontato, e che a mia volta ho raccontato ai miei compagni di classe.

Durante la Prima Guerra mondiale, mia nonna, nonostante fosse originaria del Friuli, si trovava in Piemonte, a Chivasso, dove lavorava in un’industria tessile, il maglificio Gallo. Nata nel 1902, lei era una ragazzina, quasi una bambina (aveva dodici o tredici anni) e viveva, con altre giovani operaie, nel locali della fabbrica. Una di queste ragazze, che aveva più o meno vent’anni, era la fidanzata di un operaio che aveva deciso di partire per andare a lavorare a Torino, per il gusto d’avventura e con la speranza di guadagnare di più, più che per vera necessità, poiché mia nonna mi diceva che a Chivasso il lavoro non mancava. Il tempo passava e la ragazza si era pian piano convinta che il suo fidanzato avesse un’altra donna a Torino e quando si accorge di essere incinta decide di uccidersi con il veleno. Mia nonna aveva conservato il ricordo preciso del suo viso livido, a causa degli effetti del veleno. Avevo dimenticato questo dettaglio del suo racconto che ho ritrovato casualmente, in occasione di un trasloco, in un tema che avevo redatto all’epoca, un dettaglio che non si inventa e che mi convinceva che mia nonna era stata sicuramente testimone di questa tristissima storia. Mentre lei non aveva esitato a fare del giovane fidanzato l’autore della canzone, il ché potrebbe corrispondere in una certa misura alla verità: il cammino d’Armando Gill, partito in guerra come soldato (3), potrebbe avere incrociato quello del giovanotto partito anche lui probabilmente al fronte. Certo la storia è banale e l’autore-compositore potrebbe essersi ispirato ad altri fatti di cronaca, ma bisogna però constatare, ascoltando le parole (che trascriviamo in allegato), che molti particolari corrispondono: l’avvelenamento, che la giovane ha scelto per porre fine ai suoi giorni, il ponte sul quale il ragazzo pensa pure lui, per un attimo, di uccidersi, che potrebbe essere il ponte Cavour a Chivasso, di cui mia nonna, più di cinquant’anni dopo averlo visto per l’ultima volta, aveva conservato un ricordo molto preciso. Mia nonna aveva notato che quello che sentiva nella colonna sonora del film di Visconti non corrispondeva alle parole originali della canzone che un tempo aveva cantato, ma non è più riuscita a ricordarle (4). Queste differenze ci dicono che Visconti ha utilizzato una versione trasmessa oralmente. Morte a Venezia di Thomas Mann comporta lunghe pagine (5) dedicate all’orchestra ambulante e al suo cantante, che il cineasta ha reso in una scena che dura più di otto minuti.  Visconti sceglie scrupolosamente delle melodie che riflettono perfettamente le intenzioni dello scrittore, riassunte in questo stralcio:

Tuttavia il chitarrista aveva cominciato un assolo di cui suonava lui stesso l’accompagnamento, che si cantava all’epoca in tutta Italia e in cui interveniva tutta la “troupe” a ogni ritornello, con canti e orchestra, mentre lui suonava con un impeto e un senso drammatico che colpivano.(6)

Si deve comunque notare un  anacronismo poiché Armando Gill compone la sua canzone nel 1919, mentre il film, così come il romanzo pubblicato nel 1913, sono ambientati prima della Prima Guerra mondiale. Qualche anno più tardi un altro cineasta italiano utilizza la stessa canzone in una delle sue opere: Vittorio De Sica mette pure lui in scena Canti nuovi di Armando Gill nel 1974 in Il viaggio, il suo ultimo film, adattato da una novella di Luigi Pirandello. Il regista dispone questa volta di ben pochi elementi per scegliere la canzone che dovrà illustrare una scena che si svolge in un cabaret:

Fu a Napoli, in un attimo, nell’uscire da un caffè-concerto, ove avevano cenato e passato la sera. Solito egli, nei suoi viaggi annuali, a uscire di notte da quei ritrovi con una donna sotto il braccio, nel porgerlo ora a lei, colse all’improvviso sotto il gran cappello nero piumato il guizzo d’uno sguardo   acceso, e subito, quasi senza volerlo, diede col braccio al braccio di lei una stretta rapida e forte contro il suo petto. Fu tutto. L’incendio divampò. (7)

Il cabaret messo in scena da De Sica accoglie lo stesso Armando Gill, interpretato dal cantante napoletano Sergio Bruni. Questa volta le parole sono proprio quelle che invano cercava mia nonna (8), ma lo stesso anacronismo si ripete ancora: De Sica ambienta il suo film esattamente tra il 1908 e il 1914 (l’eroina muore lo stesso giorno dell’assassinio di Sarajevo). La scena del cabaret avviene alla fine del film e quindi probabilmente nel 1914, quando Gill di certo si esibiva già nei cabaret ma questa canzone non figurava ancora nel suo repertorio. Un altro elemento avvicina i due registi nell’utilizzo di questa canzone: per i protagonisti dei due film essa contrassegna il momento in cui l’amore diventa “appassionato”. Facciamo notare infine che De Sica non ha potuto ignorare che ricorreva ad una canzone già utilizzata da Visconti. Si tratta di una forma di omaggio o dell’espressione di una rivalità? Dobbiamo comunque constatare che malgrado i grandi nomi della locandina (Richard Burton e Sofia Loren), l’ultimo De Sica non ha lasciato un segno nella storia del cinema.

In occasione di ricerche effettuate in Brasile su un altro flusso di emigrazione italiana, ho incontrato un’anziana signora, Justina, che sembrava essere la copia di mia nonna: nata anche lei appena dopo l’inizio del XX secolo, aveva lasciato l’Italia lo stesso anno, nel 1921.

Mentre mi raccontava il suo viaggio transoceanico, che le aveva lasciato solo dei ricordi allegri poiché aveva passato il tempo sul ponte a cantare  canzoni, le ho chiesto di cantarmene qualcuna. Poi ho canticchiato a mia volta Chi vuole con le donne…, subito seguita da Justina.  In quest’altra Italia brasiliana, avevo in qualche modo ritrovato mia nonna.

Canti nuovi
«Versi di Armando, musica di Gill» (1919)

Chi vuole con le donne aver fortuna
non deve mai mostrarsi innamorato.
Dica alla bionda che ama più la bruna.
Dica alla bruna che da l’altra è amato
se vuole con le donne vuole aver fortuna.
Giochi di azzardo senza ritardo
con fatti e non parole
e poi vedrà come otterrà
tutto quello che vuole.

Quando l’amica mia volle andar via
ebbi una stretta al cor ma non fiatai.
Prese la roba sua, lasciò la mia
come se non mi avesse amato mai:
così l’amica mia se ne andò via.
Ma il mese appresso ebbi un espresso
dalla mia bella ingrata:
era pentita della sua vita
e s’era avvelenata.

Passo sul ponte a sera e guardo il fiume
e vedo tutto il cielo rispecchiare.
Vedo la luna in mezzo che fa lume,
vedo le mille stelle scintillare.
Come mi attira il letto di quel fiume.
Vorrei morire per non soffrire
ma il cuore si ribella,
dice perché, tante ce n’è
la troverai più bella!

Chi vuole con le donne aver fortuna
non deve mai mostrarsi innamorato.(9)

Nella foto, nonna Noemi

(Traduzione di Doretta Del Fabbro)

NOTE
1 http:// www.interviu.it/CANZONE/gill/gill2.htm

2 http://www.hitparadeitalia.it/indici/per anno/hpy1910.htm

3 http://www.interviu.it/CANZONE/gill/gill2.htm

4 Nel frattempo le ho ritrovate. Vedi in fondo all’articolo. Si potranno cercare le differenze ascoltando la colonna originale del film, pubblicata da Columbia.

5 La Mort à Venise, Thomas Mann, 1913, da pag. 107 a pag. 114 nell’edizione tascabile (1972) della traduzione francese di Félix Bertaux e Charles Sigwalt, iniziata dalla casa editrice  Fayard nel 1947. Traduzione italiana dal francese.

6 Ecco un secondo stralcio, anch’esso fedelmente adattato, dal punto di vista musicale e nella situazione drammatica, alla fine della scena dell’orchestra di strada: “Avanzò ancora una volta per intonare una canzone d’addio e di ringraziamento. Il solitario non ricordava di averla già sentita; era una storiella licenziosa in dialetto, satirica, sfrontata e accompagnata da un ritornello di scoppi di risa che la troupe attaccava ogni volta a squarciagola.”

7 Luigi Pirandello, “Il viaggio”, 1910, Novelle per un anno. Ecco la traduzione di questo passaggio tratto da Nouvelles complètes, Paris, Gallimard, 2000, pag. 1490: “Cela eut lieu à Naples, en un instant, au sortir du café-concert où ils avaient dîné et passé la soirée. Habitué qu’il était au cours de ses voyages annuels à sortir de ce genre d’endroit avec une femme à son bras, il surprit, en lui tendant le sien, sous le grand chapeau noir à plume, l’éclair d’un regard enflammé et aussitôt, presque sans le vouloir, d’une traction du bras rapide et forte, il serra son bras à elle contre sa poitrine. Rien de plus. Ce fut un embrasement”.

8 Si trovano su Internet varie registrazioni di questa canzone ad opera di Sergio Bruni. Trascriviamo in allegato le parole sentite sul link qui di seguito: http://www.youtube.com/watch?v=Mc2BrO7dK34.

9 Certe registrazioni  tra la seconda e la terza strofa intercalano la strofa che riportiamo qui di seguito, che merita sicuramente l’aggettivo “insulsa” che utilizzano i traduttori di Thomas Mann (pag. 109 del’edizione citata). “ Il cuore della donna è una fortezza/che prender non si può senza assaltare, / lotta con forza e cede per dolcezza / e vinta ne puoi far quel che ti pare: / il cuore della donna è una fortezza. /Prima non cede, dopo concede / perché alla donna piace / fare la guerra per la sua terra / per poi gustar la pace!” Una prima versione di questo testo è apparsa in un volume in omaggio a Béatrice Périgot, Echos des voix, échos des textes. Mélanges en l’honneur de Béatrice Périgot, Paris, Classiques Garnier, 2013, pag. 21-26.