Di corsa verso l’aria

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SILVIA PIO

La solita strada, la sera al ritorno dal lavoro. Trenta chilometri nel traffico della tangenziale. Gli ingorghi usuali e gli stessi cafoni ogni volta. Di corsa appena si apre uno spiraglio fra le auto, come se correre portasse in un luogo diverso dalla prossima coda.
Ma stasera l’aria è diversa, un refolo di primavera sovrasta il gas di scarico e s’infiltra chissà come fin dentro l’auto portando un profumo di fiori.
Un prato lontano in estate, l’erba alta tanto quanto lui bambino, due margherite, un ranuncolo e qualche filo d’erba, stretti in mano come un regalo.
S’è distratto sorpassando un’auto lucida sulla quale, lo vede con la coda dell’occhio, c’è una donna che canta al suono muto della sua radio. Per quell’attimo gli sembra di riconoscerla. Somiglia a sua mamma, nel prato col vestito a fiori: cantava quasi senza emettere suono e ballava. Ma lei non ha mai guidato la macchina.
Ecco, si è distratto di nuovo. E si trova davanti un Tir che sterza di botto. Un colpo arriva da un’auto vicina: tutti fermi. Scende per vedere cos’è successo. Il camionista è sceso con l’aria stralunata e ha in mano un telo che posa di fretta sopra un mucchio umido sulla strada. Poi tira fuori il cellulare dalla tasca per chiamare l’ambulanza. Intorno le auto si fanno strada, s’incanalano per passare oltre, e passando gli automobilisti guardano ad occhi spalancati il telo a terra. Poi sgommano via.
Come riesca l’ambulanza a sgusciare tra le auto è un mistero, ma arriva e carica il corpo senza neppure scoprirlo.
Seguendo un impulso lui entra insieme agli infermieri; fa il volontario per la Croce Rossa e conosce le tecniche di prima assistenza e di rianimazione: potrebbe essere d’aiuto. Si sistema quindi in un angolo da dove non vede cosa stanno trafficando. Intubano, attaccano, infilano, misurano.
Immagina un finestrino da dove potrebbe guardare fuori. Ma meglio non ci sia, così può costruirsi il suo paesaggio, diverso da quello della tangenziale. Magari qualche curva graziosa, una collina contro il piattume di quel percorso senza gentilezza.

L’ambulanza corre e il tragitto per l’ospedale sembra quasi breve. Arrivati, scaricano la barella e lui scende veloce. Ma si deve fermare: quell’aria, di nuovo. Quel profumo di infanzia, quel senso di gioia impossibile da evitare…
Sta quasi per perdere di vista la barella, corre, attraversa la marea di persone del pronto soccorso. Ora si trova in uno stanzino, con due medici che bisbigliano. Un telo pulito viene disteso. Lui di nuovo si siede in un canto, aspettando di essere utile.
Il bip acuto e ritmato dell’apparecchiatura rallenta, gli intervalli sono sempre più lunghi. Trambusto fuori, passi, sbattute metalliche, a volte voci. Una sovrasta, di donna. Si avvicina. Entra nello stanzino.
Bip… bip… bip.
Sua moglie. Che ci fa sua moglie?
Bip… … bip… … bip.
Sua moglie chiama il suo nome. Come fa a sapere che lui è qui?
Bip… … … bip… … … bip.
Il suo nome, sua moglie chiama e lui risponde. Sua moglie continua a chiamare sempre più veloce mentre l’apparecchiatura rallenta.
Bip… … … … bip… … … … bip.
Sua moglie si dirige alla barella e lui si avvicina.
Sulla barella, sotto il telo.
Sua moglie chiama.
Bip.
Silenzio.

Un soffio di primavera lo porta lontano, di nuovo sulla strada dove la sua auto accartocciata è stata messa al bordo e la carreggiata ripulita alla meglio di vetri e sangue. L’auto lucida passa tranquilla, la donna ancora canta ma smette quando lo vede. Somiglia davvero alla mamma. Sorride e scivola via.
Ora c’è un’urgenza nell’aria, e lui si abbandona a quel vento, lieve come i ricordi d’infanzia, verso quel prato in estate, quei fiori.
Il sole tramonta dando fuoco al cielo.

(Illustrazione di Franco Blandino. Tempera su carta nera)

Terra gelata
Volare nell’acqua
Il senso del fuoco