Il tempo per guardare un fiore

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LAURA BONFIGLIO

“Raramente ci si prende il tempo per osservare davvero un fiore. Io li ho dipinti sufficientemente grandi da consentire agli altri di vedere ciò che vedo io”

Questa frase, pronunciata da Georgia O’Keeffe nel 1926, racchiude il messaggio che ha voluto lasciare al mondo insieme al senso delle sue opere. La pittrice nacque nel 1887 e crebbe in Wisconsin, nel Midwest degli Stati Uniti .
Iniziò la sua carriera artistica quando si stabilì a Charlottesville in Virginia e poi a Canyon in Texas, dove per due anni fece l’insegnante d’arte. Coraggiosa ed intraprendente, mandò i suoi disegni a carboncino ad Alfred Stieglitz, fotografo e gallerista che aveva fatto conoscere agli americani Matisse e Picasso.
I due intrattennero una lunga relazione epistolare che sbocciò in un grande amore coronato con il matrimonio nel 1924. Lui aveva 60 anni, lei 37. Fu certamente una grande passione ma pure ammirazione reciproca e sostegno.

Stieglitz fu uno dei principali fautori della divulgazione delle nuove correnti avanguardiste e del riconoscimento della fotografia come arte. Formò il gruppo dei Foto-secessionisti e nelle sue gallerie furono esposti fotografi fortemente influenzati dai pittorialisti europei. Uno degli obiettivi che Photo-Secession si proponeva era far progredire la fotografia come espressione pittorica.

Lei divenne la sua musa e modella tanto che i suoi nudi divennero famosi (si può ammirare Georgia immortalata da Stieglitz alla mostra allestita attualmente da CAMERA a Torino). Quando si trasferì a New York crebbe artisticamente frequentando la ristretta cerchia che ruotava intorno alla galleria del marito.

Era solo una ragazza, nata in campagna, ma credeva fortemente nel duro lavoro e il suo grande successo è dovuto, oltre che al suo genio, al suo carattere determinato, che le servì a costruire una nuova immagine rispetto a quella che il marito aveva costruito per lei e che non rappresentava la sua nuova identità.
La sua arte era partita dall’astrattismo e terminata con i paesaggi misteriosi e primitivi del Nuovo Messico. Nella galleria del marito incontrò molti giovani artisti, della nuova fotografia americana e delle avanguardie europee, ma la frequentazione dell’ambiente newyorchese, la vita urbana della grande città non lasciò quasi tracce nei suoi lavori perché prevalse il suo legame con i paesaggi dell’infanzia, gli sconfinati paesaggi americani.

Per molti anni soggiornò, con il marito Stieglitz nella casa di vacanza della famiglia di lui sul Lake George, nello stato di New York, dove si riposava d’estate e dove produsse molto della sua arte.
La natura e il paesaggio erano per O’Keeffe le fonti d’ispirazione principali al di fuori dei canoni artistici del suo tempo; le onde e le nubi del Lake George furono fonte di ispirazione per composizioni astratte; in un secondo tempo, il deserto del New Mexico, (dove alla morte del marito si trasferì definitivamente) divenne la sua patria del cuore.
Dipinse il fiore di stramonio, gli iris, i gigli selvatici e i papaveri, ma li dipinse di grandi dimensioni per consentire agli altri di vedere quello che vedeva lei.

Durante gli anni della seconda guerra mondiale i colori della sua arte sempre più astratta diventano più scuri mentre i paesaggi sempre più aridi, scavati; i deserti e i crani di animali sono accostati ai fiori; nasce la serie Pelvis con le ossa di bestie morte che il tempo e lo sguardo della O’ Keeffe trasformano in sculture.
Nelle sue opere vediamo i tratti della nuova arte americana, nei suoi fiori qualcosa di seducente e sensuale che le corolle e cavità dipinte nei suoi quadri richiamano.
Quando compie il suo primo viaggio in Europa le vorrebbero far incontrare Picasso ma lei risponde “lui non parla inglese e io non parlo francese, quindi che potremmo dirci?”. Visse quasi un secolo e quando morì nel 1986 le sue ceneri furono disperse sul Pedernal, in New Mexico nei pressi di Santa Fe.

La mostra dedicata alle sue opere si svolge a Basilea, Fondation Beyeler, fino al 22 maggio.

La foto dell’artista è di Alfred Stieglitz (MET, 1997.61.36) ed è scaricata da Wikipedia Commons.