Sentire il mondo

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EVA MAIO

Cerco di afferrare e riconoscere i contemporanei tempi del sentire il mondo.

Sentirlo il mondo nel dolore in noi e di noi e in quello dell’anima del mondo.
Avvertirlo negli interstizi del lavoro umile e pieno di luce di chi rammenda ripara
guarisce.
Amarlo nel bello più vivo che non è sempre coincidente con quello estetico e accattivante.
È il bello che ha a che vedere con ciò che pare giusto e buono, aperto e profondo.

1

È un campo minato
d’appelli
il luogo che abitiamo
il mondo
e la polvere
che vi cade sopra
ha le sue ragioni.
Eppure
non basta gettare granelli di sabbia
nei nostri ingranaggi
tra pelle e l’infinito
dei mari interiori.
Non basta.
Neppure la nebbia
davanti alle pupille
ferma il desiderio
dei tanti blu.
Non basta a quietarci
a firmare armistizi
con ciò che è ingiusto.
Ci apparentiamo agli esiliati
e ci accorgiamo
che quel campo minato
d’appelli
siamo noi.
Così
inoculiamo in cuore
plaquettes di aurore
e affrontiamo
i giorni
nel gioco serio
tra dismisura
e gesti lievi.

2

L’arte della custodia
muove i suoi passi nei rammendi
nelle sfrangiature del tempo
priva d’esibizione
intreccia fili nel vuoto
unisce piccole lontananze.
Non ce l’abbiamo
rettilinea e intatta
la pazienza di cura
così sempre
c’è da rammendare aggiustare.
Si muove nell’attesa
di una svolta di luce
e intrattiene dialoghi
col ruvido reale.
Lo fa con dita dolci
e sguardo a fondo
senza alcun intento
di perfezione.

3

Il vivo più vivo
è nel bello
irresistibile bello
profondo
nel sangue di noi
nella forma interna
d’ogni cosa
che immaginiamo
e nelle forme
che tocchiamo
con la rugiada che esce
dagli occhi.
Il vivo più vivo
è nel bello
irresistibile bello
in onde colline cortecce
nebbie coralli stormi
nel vetro soffiato
nel bianco di zinco
nei tagli sul nero
nell’informe tensione
in ogni precipizio d’arte.
Il vivo più vivo
è nel bello
irresistibile bello
in iridi attente
nelle voci d’estate
in una faccia scavata
in periferiche storie
nelle flebili tracce
dei passi dei miti
in muri scrostati
e graffiati da chi vi condensa
scritture di dolore.
Il vivo più vivo
è nel bello
irresistibile bello
di chi si ferma e cura
di chi osa la danza
dei fuoriprogramma
di chi ricama preghiere
su logore stoffe
di chi si fa eversivo
con gli scarti trovati
e innalza opere d’arte
per chi è di passaggio.
Il vivo più vivo
è nel bello
irresistibile bello
di chi lega
con ritmo soave
le cose che vede
che annusa che tocca
di chi va al largo
con piccole mani
a raccogliere acqua
per chi ha sete.
Il vivo più vivo
è nel bello
irresistibile bello
della mia afonia
quando tutto
diviene
circostanza sottile
d’alleanze
e il mondo è contento.

Foto: Rinuccia Marabotto