Seguire le scie degli animali

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MICHELE GHIBAUDO

#23
Mi chiedo come la stoffa di cavalli azzurri, poggiata a fianco al sole, sotto alle tue unghie corte, profumate di pomodori e dolce caffè, non voglia assumere il tuo nome, le tue stampe, i tuoi occhi provenzali
dormire nel tuo letto di fichi indiani e sventolare l’origano nei tuoi angoli umidi, profondi e macchiati alla curcuma, alle patate imburrate nel legno e camminare a ventre nudo, dove smuovi pozzanghere perché le tempie hanno piovuto ancora dolore,
nelle sempre tue più rare apparizioni,
tavola imbandita sotto alle stoffe domenicali, dopo i riti e i passi lenti, e silenti
penetrata una volta sola, è la gioia.
Mi chiedo perché sia tu la selva scura, l’angolo della cucina dove amo stare, la fronda attorcigliata di lenzuola madide di spezie di mare, su cui tutti i passeri di questa radura amano sostare, mi chiedo come non vogliano abbandonarsi al torrido respirare,
solo a sfiorare.
Nei boschi seguo, sempre, le scie degli animali.

#20
L’acqua alle rose,
la mia immagine circolare (immaginazione)
sul tappo del lavandino
il mio braccio lontano che muove (circolazione)
il cotone leggero appoggiato su un vecchio castagno (valle assolata)
la mia immagine (circolare) dentro che
torna, che parte, che torna,
che parte, che torna, che parte.
Tutto quello che sto scrivendo è frutto poroso della mia ansia ma soprattutto quello che non sto scrivendo. Tappezzeria ingiallita, vecchia
vecchie copie di Repubblica, (calciatori che scivolano nel fango)
mi manchi papà
è rubicondo il sole del bagno dietro alle inferiate verso ovest, trapela tra gli apici l’estremità della barba
il mio braccio è di nuovo vicino
la mia immagine (circolare) dentro che
torna, che parte, che torna, che muore,
che parte, che torna, che parte (in lontananze venose)

L’inquinamento luminoso mi ha impedito per secoli la stellata dei miei sguardi fissi verso l’infinito.

#22
Ho letto una poesia bellissima
case degli altri
un gradino sotto all’ansia c’è la felicità

Aspettami in cucina
percorri i gradini dello scantinato.
(Il fosso sottoscala, la linea di città di sabbia solida assassina degli occhi
penombra ampolle, funghi, pere sciroppate, verde vetro del vino degli occhi
un pianto che mi guardi e mi riconosci come la chitarra, del tuo profondo,
del tuo profondo pianto dolce).
Case degli altri
un gradino sotto all’ansia c’è la felicità
aspettami in cucina
percorri i gradini dello scantinato.
Cercami, dimmi ancora che esisto.

#21
Nella nebbia si cela
il nome del grande scrittore
che ancora non conoscevo
le anatre nello stagno artificiale
fuggono a raccolta
alla vista del cane.
Il padre e i figli s’allontanano
con il cibo in grembo
e i colori vivaci delle giacche al declino
ti cela
tornerò domani
in quattro a cercare ancora
le anatre, la folaga e l’attesa del volo.

Dalla raccolta “La vita selvatica”

Illustrazione di Valentina Salvatico.

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