Diario amoroso senza date. Fotoromanzo poetico

diario-amoroso-senza-dateDiario amoroso senza date è il Fotoromanzo poetico di Antonio Nazzaro ed Eleonora Buselli. Un libro che racconta una storia d’amore, la documenta, la fotografa, la fa grafica, la fa fotoromanzo sbagliato, perché ogni scatto è loro e di tutti i meravigliosi imbecilli che s’innamorano, si amano e vivono. Una poesia fatta di un linguaggio altro di un altro continente, ma non lingua straniera bensì d’emigrante di lungo corso, Antonio Nazzaro infatti vive da più di vent’anni in America Latina. Un amore vissuto, felice e sfacciato, questo è il libro, nel peccato e nella colpa di raccontare la gioia dell’amore. Un libro che trasporta la poesia così come viene rappresentata nel mondo digitale sulla carta. Una poesia multimediale dove i linguaggi della fotografia professionale, quella di Elisa Vettori, e di quella tipica dei selfie si uniscono, grazie alla grafica e impaginazione di Erica Demattè.

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In questa breve intervista Antonio Nazzaro ci racconta qualcosa in più sulla genesi e la realizzazione del progetto:

Diario amoroso senza date. Fotoromanzo poetico è un libro assolutamente inedito nel panorama editoriale italiano: poesie, foto, interventi grafici mixati insieme lo rendono al contempo un’opera visiva e letteraria, la cui fruizione si avvicina a quella multimediale che esperiamo sui tanti Social frequentati ormai giornalmente. Puoi raccontarci la genesi del progetto, la sua struttura e i suoi obiettivi?

L’idea di base è stata fin dall’inizio quella di creare un libro che facesse tesoro delle esperienze della poesia presente in Rete, che è sempre accompagnata da immagini, vuoi dell’autore, vuoi di opere fotografiche o pittoriche di altri, a volte persino da video. Sentivo però che non era sufficiente fare un libro illustrato, e che si doveva andare oltre, creare un unicum tra testo, fotografia e grafica. Per questo il libro è un’opera multimediale: i creatori non siamo solamente Eleonora, a cui si devono i tanti selfie e screenshot che corredano il libro, ed io, che che ho scritto i testi, ma anche la fotografa Elisa Vettori, autrice della copertina e della serie di foto dove Ele indossa un abito bianco, e la graphic designer Erica Demattè che dà a ogni pagina un’impronta grafica unica nel mondo editoriale poetico. Ognuno con il suo ruolo ben definito, ma ciascuno fondamentale per la creazione dell’opera. Non trascurare è stato poi l’apporto dell’editrice Barbara Flak Stizzoli nella scelta del tipo di carta da usare e per aver accettato il rischio di pubblicare un libro con queste caratteristiche. Volevamo raccontare una storia in maniera “Pop” e da qui l’idea di rifarci nella sua costruzione ai fotoromanzi che hanno accompagnato, anche solo dal barbiere, l’adolescenza della mia generazione.

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Anche lo stile e il linguaggio scelti per le poesie hanno caratteristiche ben precise: semplici ma mai banali, sono immediati eppure evocativi, con incursioni lessicali dallo spagnolo, lingua che tu conosci bene e dalla quale spesso traduci. Come mai hai scelto di scrivere poesie lontane da una cifra stilistica più ermetica o sperimentale? Chi sono i lettori a cui questo libro si rivolge?

L’ermetismo, credo che si possa dire apertamente, se ha segnato una tappa fondamentale nella storia della poesia italiana ha dato vita poi a una poesia ritorta su se stessa e a una parola sempre meno comprensibile, allontanando il fare poesia dalle persone e legandolo in maniera, secondo me, abbastanza sterile al mondo della poesia accademica. In verità penso che la cifra stilistica del libro sia molto sperimentale, ma fuori dalle vie definite dalla poesia contemporanea sperimentale fatta di giochi di parole, di un uso ricercato della punteggiatura e degli spazi, dove il suono e il ritmo sono spesso cacofonici e spezzati come le righe che la compongono. Sperimentare per me vuole dire ritrovare un linguaggio semplice e allo stesso tempo creare forme nuove attingendo agli spagnoli dell’America Latina, mia terra d’adozione. Penso all’uso “sbagliato” delle preposizioni, ai modismi del Messico o del Venezuela o della Colombia inseriti nei testi come appartenenti alla lingua italiana, o l’uso dell’infinito accompagnato da preposizioni, o il “che” al posto del “da” e tante altre “trasformazioni” che fanno della mia poesia qualcosa di riconoscibile fin dai primi versi. Sperimentare un linguaggio che avvicina le persone che non fanno parte del mondo della poesia, questo per me è l’obiettivo: creare un linguaggio nuovo ma semplice e fruibile da tutti, non solo dagli amanti della poesia o dai poeti. Quindi è chiaro, non solo per l’impostazione grafica, che il libro è rivolto alla mia terra ovvero le periferie del mondo: che siano le Vallette di Torino o Tepito di Città del Messico o Petare di Caracas o la zona Sur di Bogotà, a loro penso quando scrivo, ossia ai miei amici e compagni di sempre. Alla gente di strada con cui ho condiviso dal cibo al letto. Questo è un libro che dovrebbe essere venduto nelle edicole più che nelle librerie.

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La scelta tematica, dichiarata già nel titolo, è anch’essa piuttosto invisa a certi ambienti letterari: parlare di amore, raccontare una relazione sentimentale che per giunta attinge al tuo vissuto autobiografico, correlata di fotografie che ritraggono in vari momenti di intimità te e la tua compagna, sembra di primo acchito molto rischioso. Addentrandosi tra le pagine del libro, tuttavia, è facile immedesimarsi in una vicenda che è di per sé universalmente condivisa: l’innamoramento con tutte le sue luminose epifanie e i suoi angoli bui, popolati dai fantasmi della distanza e della perdita. Come mai hai scelto questo tema? Secondo te è ancora possibile scrivere testi d’amore senza essere ripetitivi o scontati? Che caratteristiche ha una poesia d’amore che arriva dritta al cuore dei lettori?

Non parlare d’amore è rischioso e anche presuntuoso e arrogante. L’amore per qualcuno o qualcosa è ciò che muove le nostre passioni: politiche, d’impegno civile, per la memoria storica, per la parità dei sessi, la filosofia, la tristezza, la nostalgia e tutto il resto. Io credo che i sentimenti in qualche modo siano universali e quindi anche la storia di un amore vissuto in prima persona può diventare di un altro. All’inizio io volevo che il libro avesse delle pagine bianche dove gli amanti potessero scrivere le loro di poesie e mettere le loro fotografie. Sogno d’incontrare qualcuno che abbia appiccicato sulle foto mie e di Ele le proprie. Inevitabilmente ogni amore nuovo come ogni incontro nuovo riporta agli amori e amicizie del passato, a volte il solo leggere le storie di altri ci rigenera, ed è quello che vorrei accadesse al leggere Diario amoroso.

L’amore finto è ripetitivo, l’amore che vuole essere prima parola che gesto diventa scontato, perché è una finzione, ma l’amore vissuto senza travestimenti o abbellimenti, trasmesso in maniera diretta così come si vive non sarà mai scontato o ripetitivo. Amiamo sempre in un modo nuovo e sempre come abbiamo amato la prima volta, ma un po’ di più. La caratteristica di un testo amoroso per arrivare al cuore del lettore è che la parola sia onesta e sentita e capace attraverso l’immaginario poetico amoroso – fatto di tutto ciò che ci circonda, dal rubinetto che si piega per il piacere o dalle Ande che corrono al mare come un bacio dal collo alle labbra o le carezze che disegnano un infinito andino – di toccare l’altro.

Le foto hanno la forza di rompere il tabù dell’amore come qualcosa di intimo da non raccontare e ancor meno da mostrare, ma perché dobbiamo vergognarci di essere amati, di amare e d’essere felici? È vero che secoli di cristianesimo hanno fatto della felicità una colpa o persino un peccato, ma se vogliamo cambiare le cose dobbiamo imparare a non avere vergogna di noi. Per me e per Ele il tutto dovrebbe essere ancora più complicato per la differenza di età tra noi, ma invece è diventato uno slancio per dire al mondo: siamo felici. E non solo lo scriviamo, ma lo facciamo vedere senza vergogna, anzi forse persino sfacciatamente, godendo di noi.

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Antonio Nazzaro (Torino, 1963), è giornalista, traduttore, poeta, video artista e mediatore culturale e fondatore e coordinatore del Centro Cultural Tina Modotti. Collabora con le riviste italiane “Atelier” e “Fuori/Asse”. È responsabile della collana di poesia latinoamericana di Edizioni Arcoiris Salerno. Collabora con la rivista venezuelana Poesía e la cilena Ærea, la rivista Ablucionistas, Latino America e la rivista Taller Igitur, Messico. Ha pubblicato per le Edizioni Arcoiris Salerno il libro Odore a, Torino Caracas senza ritorno (2015, in italiano e spagnolo) e Appunti dal Venezuela. 2017: vivere nelle proteste; Amor migrante y el último cigarrillo/Amore migrante e l’ultima sigaretta (RiL Editores; Arcoiris 2018) e Cuerpos humeantes/Corpi Fumanti (Uniediciones 2019). È creatore e direttore della collana di poesia italiana contemporanea “Territorio de Encuentro”, in coedizione con Samuele Editore e Uniediciones Ibáñez, bajo el patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura a Bogotá e fondatore e direttore della rivista di poesia internazionale “Caravansary” (Uniediciones, Bogotá, 2019). Come traduttore, ha tradotto il libro del poeta argentino Juan Arabia, edizione bilingue, Il nemico dei thiirties (Samuele Editore 2017); La notte/La noche, di Dino Campana (Edicola Ediciones 2017); Hotel della notte/Hotel de la noche di Alessandro Moscè (Buenos Aires Poetry 2018) La lingua instancabile/La lengua incansable10 voci contemporanee della poesia italiana (Samuele Editore/Buenos Aires Poetry 2018); l’antologia della poesia colombiana La generazione senza nome/ Generación sin nombre (Arcoiris 2018); Tierra y Mito di Umberto Piersanti (Uniediciones, Samuele Editore, Bogotá 2019). Nello stesso anno ha pubblicato anche la silloge Le svelte radici/Despojando raices del poeta italiano Sandro Pecchiari, così come le sillogi Le distrazioni del viaggio/ Las distracciones del viaje di Annalisa Ciampalini e Sulla soglia/En el umbral di Monica Guerra tutti per l’editore Uniediciones Ibáñez, Bogotà. Ha pubblicato, in collaborazione con Pro Helvetia e Ril Editores, la traduzione del libro di Fabiano Alborghetti, Equazione della responsabilità. E ha pubblicato la traduzione del libro di Khédija Gadhoum Oltre il mare (Arcoiris 2019). Nel 2020 ha pubblicato la traduzione della silloge Farragine del poeta italiano Marco Amore (Uniediciones, Samuele Editore, Bogotá) e la silloge Olimpia di Luigia Sorrentino per la casa editrice cilena Ril Editores.

Eleonora Buselli si è diplomata nel 2006 all’Istituto d’Arte di Trento. Assistente sociale, educatrice e arteterapeuta, ha concluso la sua formazione presso la Scuola di specializzazione in Arteterapia ArTeA con una tesi su quelli che lei ha definito “origami parlanti”, dove l’antica arte del piegare la carta si veste d’immagini per raccontare e raccontarsi attraverso il linguaggio artistico. Gestisce laboratori artistici in ambito educativo con le tecniche: disegno, pittura, scultura, origami e collage. È cofondatrice della rivista monografica Wunderkammer, disponibile in versione sia cartacea sia digitale – ogni numero tratta un argomento diverso che viene liberamente interpretato con immagini e parole. Ha realizzato l’immagine di copertina di diverse antologie poetiche in Italia e America Latina. A Giugno 2021 sulla rivista FuoriAsse, Officina della cultura, nella collana dedicata all’arte visiva è uscito un articolo sul suo lavoro e in particolare sui suoi collage.

(A cura di Silvia Rosa)