Visioni dal di dentro di Antonietta Bocci

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ANTONIETTA BOCCI

VISIONI DAL DI DENTRO

È essenza, quella voce inattesa
È palpito, l’incredulità mia
Sogno – velato, pauroso, tremante

È velluto, quella mano vicina
È arresto, il mio battere d’ali
Fusione – forte, arruffata, reale

*******

È amaro, l’immenso tuo strappo
È ritardo, l’ansante mio fiato
Piena – sanguigna, furiosa, bruciante

È grembo, quel tuo effluvio distante
È vetro, questa mia nuova casa
Chiaro – gelido, accecante, sofferto

*******

È pianto, quel cantare tuo lieve
È bacio, quel tuo sfiorarmi il piede
Miraggio – bagnato, acceso, tenace

È amore, il tuo abbraccio di lana
È spasmo, questo treno che mi scuote
Neve – temuta, obbligata, infinita

*

NELLE CASE DEGLI ALTRI

Vagiti cantano alti
dentro culle di luce,
non sbiadiscono muti
nelle foto di un giorno.

Nell’aria c’è sfacciato
profumo di domani,
non polvere a valanghe
che congela l’odierno.

Non si resta invischiati
in resina di ieri:
c’è ronzare di Vita,
pungente ansia di gioia.

Nessun cerotto sulle
vesciche dell’amore:
si rompano le sacche,
ne sgorgherà coraggio.

Respirare è un atto
riflesso, non fatica
da compiere ogni volta
si veda un carrozzino

mai usato in cantina.

*

TIENIMI
(per HF)

Tienimi,
mano paterna,
mentre salto
su lune di vento
in rosea tuta spaziale.

Tienimi,
mano ragazza,
mentre gusto
dolce meraviglia
del nero che scioglie nel bianco.

Tienimi,
mano promessa,
e la voce
tremante ti giura
sostegno in orrori a venire.

Tienimi,
mano ora nata,
se m’incaglio
al largo d’un sogno
e scongiuro che tu rimanga

in vita.

*

INCROCI OBBLIGATI

Lei è ape di sé ignara,
ali cristalline dal peso
micidiale, ventre strappato
via ancor prima dell’Errore –
Volando eterna dentro un cielo
d’aquiloni confusi, insegue
i suoi sfuggevoli E se invece…

Tu sei bacca di neve, fiero
grappolo di spensieratezza,
fiori bianchi concessi in dono
a chi era disposto a rischiare –
Le tue impazienti capriole
di risa son prova carnale
d’imperscrutabile destino.

Lei è gioia che strazia, vuoto
a cui mi aggrappo mentre affogo
nella memoria di nottate
di cemento. Tu sei splendore
che sorge verso Nord, azzurro
sguardo in un corpo eneo, figlia
d’un sogno che non mi appartiene.

*

MIO MALGRADO

Tra le infinite forme in cui la mia
mente continua la sua affannosa
ricerca di coscienza, e le brutali
donazioni di saggezza che queste
orecchie subiscono nell’angoscia
del quotidiano esistere – tu vivi.

Nel ricordo dell’amata campagna
dove due gambe a stecchino furon
una promessa di donna – tu vivi
così come nella mestizia urbana
ove adesso quest’anima risiede,
mezzo smembrata e mezzo decomposta.

Tu vivi – dall’attimo in cui quegli occhi
mi regalano il bacio del buongiorno,
nella convinzione che sarà tutto
raggiungibile, fino a quando il cuore
mio è stanco di morire e s’arrende
all’ennesima pillola di buio.

Linguista per passione, formazione e professione, Antonietta Bocci ha trascorso la vita adulta in uno spazio diasporico a cavallo tra quattro paesi e tre continenti, lavorando come traduttrice, interprete e insegnante. Scrive poesie in doppia lingua (l’italiano natio e l’elettivo inglese), seguendo un procedimento in cui le due versioni si contaminano a vicenda, anziché essere semplicemente l’una la traduzione dell’altra. Al momento è impegnata nella creazione di una versione cinese delle sue poesie, mentre queste si affacciano timidamente su riviste internazionali (per il momento italiane e statunitensi).

L’immagine “Senza titolo” è di Mauro Scagnol, che concede i diritti per la pubblicazione su Margutte.