Poesie (2020-1997) di Vittorino Curci

vittorino-curci-interno-poesia-e1628351708551

Fotografia di Francesco Liuzzi

Dalla prefazione di Milo De Angelis

[...] i versi di Vittorino [...] esprimono quell’intreccio di tempo quotidiano e di tempo mitico che è tipico della sua scrittura, dove una visita a Matera di Alcide De Gasperi o una puntata televisiva del commissario Maigret si fondono con un archetipo di stagioni assolute, con il Grande Calendario della nostra vita e della nostra morte. L’infanzia più remota entra nell’istante attuale e nella profezia di un futuro imminente. Tutto confluisce in un unico respiro; ogni nostra azione fa convergere dentro di sé ciò che è accaduto e ciò che accadrà, accoglie nel proprio attimo «tutti quei giorni schizzati via dal calendario». «Sulle rovine di un solo giorno», aggiunge il poeta, «si squarciarono i millenni.» L’infanzia percorre tutte queste pagine, con le sue scene antiche e il suo eterno «primo ottobre nel cortile della scuola», il suo giocare «a morra con le ore della notte». Ma non è l’infanzia crepuscolare del rimpianto. È una stagione vivissima che non possiamo situare nel passato, che ci raggiunge e ci supera, a volte ci aspetta. È un inizio incessante in cui siamo immersi, quello che ha ispirato un momento esemplare di quest’opera [...] e sollecita nel profondo la sua ispirazione, ponendosi come continuo esordio o come rinascita dopo la caduta e accendendo una corrente impetuosa che scorre tra le righe nei momenti dello sconforto, della sconfitta, dell’essere vulnerabili alle potenze del cosmo: quando «il tuo mandala sarà disfatto/ al primo soffio di vento», ecco che un altro vento misterioso scuote il disfacimento e lo consegna alla metamorfosi. Così il fascino di questa poesia è un soffio polifonico che raccoglie in sé diverse tonalità – dall’elegia alla riflessione sapiente, dall’invettiva alla supplica – per ricrearsi continuamente dalle sue ceneri, che sono le ceneri personali ma anche quelle della Storia: è una prospettiva vasta e generale, un’inquadratura in campo lungo, uno sguardo nitido e insieme visionario [...].

da Poesie (2020-1997) (La Vita Felice 2021)

Viaggio nel Mezzogiorno

sono reperti del futuro – spugne e cavi d’acciaio
piante infestanti in decomposizione, marmi
policromi, scampoli di pelle conciata.
sono, per certi versi, pensieri sbriciolati
dopo quattro inverni passati al buio – aria
che qualcuno potrà respirare
giungendo qui da lontano.
la scatola di vetro è un display di materiali poveri
e merci di valore
al primo sparo gli uccelli scappano dal cielo
il loro sbattere di ali è così umano, così vero

l’anno è il millenovecentocinquanta
il presidente de gasperi è in visita a matera.
in una trance che dura mesi, come se il verbo
scrollare sanguinasse fino all’alba, sorvoli
la tua prigione cavalcando una corda
di tramontana.
«io non so cosa accadde prima»

sei all’ultima stesura. solo negli oggetti hai fede.
nelle scarpe spalmate di grasso.
nella luce dei neon sotto il ponte.
nella kodak a soffietto di tuo padre.
per non morire come un lombrico,
da un grumo di sillabe, da un parcheggio interrato
gattoni fino a casa
quando esce da una di quelle abitazioni malsane
il presidente è sul punto di svenire.
il verdetto, quindi, collide con la falsa riga
con le stimmate di chi soffre in silenzio
con gli affanni di una vita.
nella cripta dei tuoi segreti
chi legge dal futuro ha la sua porzione di luce

*

i tralicci affastellavano ombre.
in quel rifugio minato ci aspettava
una prigione, e in quella prigione
il racconto di un ramo spezzato

dopo la discesa
vidi sfrecciare tra gli alberi
un giovanissimo leopardi in bicicletta.
ogni giorno gli stessi passi
le stesse facce che per esistere
chiedevano soltanto un nome

ciò che era tutto ora è niente.
forse anche per questo vivono i paesi.
ma tu ragazzo sei uscito
da questo tempo indovinato
seguendo i sentieri del dizionario.
il tuo non è un sacrificio senza appello

*

Erano le capriole di giugno

e i tramonti al solito
esageravano i colori
di ogni partenza.
nulla di più lontano
da una preghiera.
decine di volontari
scandagliavano il fondo
dei pozzi. un’altra moda
che sarebbe passata

dietro la cortina
dei palazzi l’immagine
di una piccola casa
rossa, dietro
le facce dei ragazzi
quelle da me un tempo
conosciute.
la memoria che saldava
la mia persona al tutto
si chiudeva in sé
e io aspettavo
che arrivasse qualcuno
e ti stringevo forte
per non vederti afflosciare
come un oggetto
di carne e ossa

*

il penoso ritmare dei secoli
negli avvistamenti dell’ultima ora
quando ai camminatori affrancati
dalle mappe non resta
che l’assillo di un’attesa

l’uomo di spalle, che potrei
essere io, suppone
che la terra non sporchi.
nel sacrario delle sue disfatte
un fruscio di flanella
e neve che sbarra le porte

mio raggio di luce, sul solco
scavato dal bene e dall’essere
l’amore è scomparso.
se ritorna
lo fa in segreto nei sogni
nel dileggio di un inverno spavaldo
negli atti apocrifi
del sottoscala al civico 57
dove, sul piatto muto della
bilancia, resistono al tempo
le fascine per la caldaia
una paletta di ferro, un pallone
un grembiule spiegazzato

verso i sette anni
anch’io volevo un cane

*

I rumori della strada nell’appartamento vuoto

Mi sono messo da parte. Nei secondi inabissati
il dio dei ricchi è destinato a perdersi.
Le stazioni tacciono. Io le capisco
le immagino come donne scafate, nel dettaglio di una mano
devono fare qualcosa, trovare il modo di proteggersi.

Le due sfere si spingono e poi restano ferme
nell’abbraccio. Ho lasciato un luogo sicuro perché non esistono
luoghi sicuri. Con rotazioni e rivoluzioni sulla mia
unica orbita
io sono quello che dice addio.

Vittorino Curci è poeta e sassofonista di musica improvvisata. Vive a Noci, in provincia di Bari, dove è nato nel 1952. Collabora alla rivista «Nuovi Argomenti» e cura per «la Repubblica Bari» la “Bottega della poesia”. Nel ’99 ha vinto il premio Montale per la sezione “Inediti”. È presente in varie antologie di poesia contemporanea pubblicate in Italia e all’estero. Suoi testi sono stati tradotti in inglese, francese, tedesco, spagnolo, greco, rumeno e arabo. La sua formazione artistica si sviluppa negli anni Settanta all’Accademia di Belle Arti di Roma, città in cui espone i suoi primi lavori di arte concettuale alla Galleria Jartrakor, diretta da Sergio Lombardo. Nel ’79 viene inserito nell’ottava Antologia ipersperimentale Geiger, a cura di Adriano Spatola; e successivamente inizia a collaborare con la rivista «Tam Tam» e partecipa a diverse iniziative promosse dallo stesso Spatola in Italia e all’estero. A cominciare dalla seconda metà degli anni Ottanta dà corso a una lunga serie di collaborazioni con musicisti jazz d’avanguardia. In questo periodo realizza numerose performance di forte impatto teatrale in cui utilizza oggetti scenici, attori, musiche originali e scenografie d’avanspettacolo (con forti reminiscenze delle serate futuriste). Nel ’94 è tra i fondatori a Reggio Emilia del gruppo di poesia sonora Baobab. Attualmente, pur dedicandosi molto a una scrittura di ricerca con forti ascendenze surrealiste, a livello performativo ama esibirsi in più discreti reading poetici – nei quali esegue anche partiture sonore – insieme con piccole formazioni musicali oppure, in completa solitudine, accompagnandosi con un sassofono. A suo nome ha pubblicato ventisette dischi e ha fornito la sua collaborazione a numerosi altri, pubblicati anche da etichette straniere come la Enja di Monaco, la Modern Times di Lugano, la Leo Records di Londra, la SoLyd Records di Mosca, la Victo di Victoriaville. Nella veste di organizzatore culturale ha ideato e diretto l’Europa Jazz Festival di Noci e la rassegna Noci-Cinema. Nel 2002, con Pino Minafra, Roberto Ottaviano e Nicola Pisani, ha fondato la Meridiana Multijazz Orchestra e Canto General. In passato ha anche ricoperto la carica di sindaco del Comune di Noci e assessore alla Cultura della Provincia di Bari. Ha pubblicato narrativa, saggi, traduzioni e numerose raccolte poetiche, tra le più recenti: L’ora di chiusura (La Vita Felice 2019); Liturgie del silenzio (La Vita Felice 2017); Verso i sette anni anch’io volevo un cane (La Vita Felice 2015); Il pane degli addii (La Vita Felice 2012); Il frutteto (LietoColle 2009); Un cielo senza repliche (LietoColle 2008); La stanchezza della specie (LietoColle 2005); Figliolanze (Bosco delle Noci 2002); Sospeso tra due solitudini estreme (Bosco delle Noci 2000).

(A cura di Silvia Rosa)