Reti di Altre Nostalgie

002 Bava

LORENZO BARBERIS

La prima uscita pubblica del “Margutte” è avvenuta con “Reti di altre nostalgie”, una bella mostra a Piazza, sabato 18 maggio 2013. La mostra di tre amici di lunga data: il pittore Gianni Bava, membro della redazione, e il fotografo Bruno Capellino hanno ormai una certa tradizione delle loro “personali a due” nella saletta “Andrea Pozzo” del caffé “Antico Borgo”, locale storico del quartiere. Questa volta, però, le loro immagini nascevano in sinergia con i testi poetici di Attilio Ianniello, scrittore e storico monregalese anch’egli redattore del “Margutte”, che ha presentato una sua plaquette di poesie, “La sorgente dell’Ellero e altre acque”, stampato dalla cooperativa sociale Insieme.

Gabriella Mongardi, curatrice della rubrica letteraria del “Margutte” stesso,  stendendo la prefazione dell’opera ha notato un rapporto con “Il torrente” di Saba; dodici liriche sono infatti dedicata all’El, il fiume di Mondovì, italianizzato in tempi recenti in Ellero; un termine di radice indoeuropea che significa “ciò che scorre” (curioso che la omofona radice ebraica EL sia quella associata, in tale ambito linguistico, al Divino).

Le altre dodici sono dedicate alle nubi, l’altra forma dell’acqua nel ciclo che garantisce la vita sulla terra.

Come conferma anche lo stesso autore nella presentazione, l’acqua è qui come elemento materno, come nella proto-alchimia gnostica, in autori quali Basilius Valentinus e simili, che assumevano quale loro motto “Vitriol”, ovvero Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum Lapidem”. Ovvero, “visita l’interno della Terra, e rinvieni – correggendo – la Pietra Segreta”. L’interno della Terra sono, ovviamente, in un rapporto macro e microcosmo, le acque amniotiche dello stadio pre-nascita, in cui si cela la Pietra Filosofale, ovvero il nostro Io primigenio più profondo.

Questo il lavoro, dunque, della poesia, che va qui in parallelo col percorso esistenziale dell’autore, tornato anche fisicamente a Mondovì. E bene lo rappresenta l’immagine di copertina di Bava, che crea una struttura azzurro-acquea di matrice circolare, che ritorna in sé stessa, e che fin richiama nella forma l’Atanor, il forno alchemico nella sua più essenziale figurazione. All’interno, immaginari arabeschi di lingue perdute, alla Al Azred, suggeriscono comunque l’idea di un misterico processo alchemico operato dalla parola poetica dell’autore.

Simmetricamente, l’opera di Attilio entra nelle opere disposte nella mostra: vuoi nelle reinterpretazioni visuali di Gianni Bava, che fa sue le liriche dell’amico poeta, vuoi come didascalie elaborate per le opere di Bruno Capellino, in un processo più distinto e intellettuale, comunque interessante.

Nei dipinti di Gianni le poesie di Attilio sono interpretate spesso con un esplosione vorticosa di colori, un viluppo di fasci cromatici che sprigiona l’idea di energia primordiale contenuta anche nel testo delle liriche stesse.

Capellino, invece, oltre ai consueti lavori sul colore presenta anche alcuni studi sul bianco e nero molto interessanti, quasi incisioni realizzate con la fotocamera, un intrico di segni che paiono graffiti sulla parete di una grotta rituale preistorica.

E infine, come detto, la mostra è stata l’occasione per iniziare ad accennare di questo progetto di sito web, la prima uscita pubblica del “Margutte”. E anche per questo merita di essere qui ricordata.