Il misterioso caso del “Benjamin Button” da Torino a Hollywood

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Il 21 dicembre 1940 a Los Angeles moriva all’età di 44 anni Francis Scott Fitzgerald, uno dei più importanti scrittori americani del XX secolo. Il 21 dicembre 2019, esattamente settantanove anni dopo, ci sembra di poter cogliere un ritorno dello scrittore statunitense simbolo dell’Età del Jazz con la premiazione da parte di Aldo Alessandro Mola, presidente della Giuria del Premio Acqui Storia Inedito, del saggio di Patrizia Deabate Il misterioso caso del “Benjamin Button” da Torino a Hollywood. Nino Oxilia, il fratello segreto di Francis Scott Fitzgerald.
Infatti, più di un “fratello segreto”, in questo libro pare esserci la scoperta di un “Fitzgerald segreto”. L’ipotesi è la presenza di un “doppio fondo” nei romanzi dello scrittore statunitense: un piano di significati in codice la cui chiave starebbe nei versi di un poeta e cineasta torinese di inizio Novecento, Nino Oxilia.

Fitzgerald non passò mai da Torino, quindi quali sarebbero i collegamenti? L’autrice ha indagato sui successi del cinema torinese oltreoceano e sui segreti portati nella tomba dal mentore di Fitzgerald, Padre Sigourney Fay, scomparso improvvisamente nel gennaio del 1919, che nell’inverno 1917-18 fu a Roma in missione diplomatica presso Benedetto XV.
Ecco il nocciolo “bollente” della questione: Fitzgerald avrebbe introdotto, in tre dei suoi cinque romanzi, un personaggio di nome “Dick” che potrebbe essere l’alter ego di Nino Oxilia. È questa un’ipotesi molto coraggiosa e ardita. Leggendo il saggio, si capisce però, in modo stupefacente, che non è azzardata. Per seguire questa pista che ha intuito leggendo i romanzi americani, l’autrice si è avvalsa di ricerche già pubblicate, ma visto che su alcuni argomenti non c’era ancora nulla, si è rimboccata le maniche: è stata la prima studiosa italiana a indagare sul successo in U.S.A. di una pellicola torinese di Nino Oxilia interpretata dalla di lui fidanzata Maria Jacobini, ossia Giovanna d’Arco (un successo trionfale e che purtroppo è andata perduta), ed è stata la prima a rendere noto in Italia che quella pellicola detiene un record mondiale. Fu infatti il primo colossal della storia del cinema sulla Pulzella. Torino superò così i due Paesi in cui Giovanna d’Arco era considerata un’eroina nazionale: Francia e Stati Uniti. Tenendo conto che la Francia era anche la prima patria del cinema, tale primato risulta ancora più prezioso.

La copertina del corposo lavoro di Patrizia Deabate sembrerebbe quella di un noir, e fa ora bella mostra di sé in quella vetrina torinese liberty e chic che è il Centro Studi Piemontesi di Torino, che ha curato la pubblicazione. Se la veste del libro è oscura e intrigante, la quarta di copertina ci illumina con tre commenti fondamentali: in primo luogo la motivazione del conferimento del Premio: “documentatissima ricerca, lavoro molto interessante, con ottime potenzialità di lettura”; poi le parole di Aldo Cazzullo apparse su Io Donna del Corriere della Sera: “La ricerca, snodandosi tra Italia e Stati Uniti attraverso i legami internazionali del Vaticano, ha decifrato i messaggi in codice lasciati da Fitzgerald nei suoi scritti” e infine quelle di Carlo Sburlati pubblicate in La Biblioteca di Via Senato Milano: “Un saggio geniale, originale e sorprendente”.

L’Autrice spiega nella Premessa come è nato questo libro, il punto di partenza fu il film Il curioso caso di Benjamin Button, interpretato da Brad Pitt e Cate Blanchett, che nel 2009 rese celebre in Italia il personaggio dalla vita al contrario nato nei “Racconti dell’Età del Jazz” (1922) di Francis Scott Fitzgerald (1896-1940). Ma nel 1911 un racconto sulla vita al contrario era stato pubblicato a Torino da un poeta torinese trasferitosi a Roma, dove nel 1914 si era spento giovane per lo stesso male dell’amico Guido Gozzano. Era Giulio Gianelli (1879-1914), chiamato “il poeta santo”. Scrittore cattolico, Fitzgerald adorava l’Italia, Roma e la Chiesa. Fu ispirato dalla Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino di Gianelli? Indagando in questa direzione, l’Autrice ha scoperto molto altro: quella che pare una “presenza” ricorrente, nei romanzi americani, di Nino Oxilia (1889-1917). Oxilia fu poeta crepuscolare come Gianelli suo amico, nonché regista del cinema muto. Oltre alla diva Maria Jacobini (1892-1944), diresse anche le icone internazionali Francesca Bertini, Lyda Borelli, Pina Menichelli. Salito alla ribalta del successo nel 1911 grazie alla piéce teatrale Addio giovinezza! scritta con l’amico Sandro Camasio, cadde in battaglia sul Monte Tomba nei giorni terribili di Caporetto, all’età di 28 anni. Nel 1909 aveva scritto l’Inno dei Laureandi dal ritornello “Giovinezza, primavera di bellezza”, destinato ad essere trasformato più volte fino a divenire 16 anni dopo inno trionfale del regime fascista, eseguito per vent’anni in tutte le cerimonie dopo la Marcia Reale e trasmesso quotidianamente via radio dall’emittente nazionale. Francis Scott Fitzgerald, ostile a Mussolini, introdusse nei suoi romanzi degli alter ego di Oxilia anche per distaccarne l’immagine dal regime, una volta che i suoi riferimenti occulti fossero stati decrittati? Il percorso del saggio attraversa due nodi fondamentali: i fasti del cinema muto italiano e torinese negli Anni Dieci del Novecento e i segreti racchiusi in una missione diplomatica americana in Vaticano nell’inverno 1917-18

Il meccanismo del libro è complesso e occulto come l’orologio a spirale della copertina: per comprendere tutto quanto è emerso, non resta che leggere l’avvincente saggio di Patrizia Deabate.

(A cura della redazione di Margutte)

La trasmissione Pagina 3 di Radio 3, curata da Silvia Bencivelli, cita questo articolo nella puntata del 14.01.2021. Questo è l’estratto audio: .

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