B. C. e il cinema Iride

cinema iridePATRIZIA GHIGLIONE (a cura)

Via delle Scuole, del borgo antico di Piazza, è una stradina rinchiusa in se stessa: quando ci si addentra, si è colti da un’atmosfera meravigliante, cupamente leggiadra. Le antiche umidità dei muri accolgono il passante, raccontano storie, trasmettono arcane pienezze.
Proprio al principio della strada, sulla destra, stava il cinema Iride. Uno spazio piccolo ed angusto, con la biglietteria nel finestrino quadrato che oggi appartiene al Bed & Breakfast della signora Turco.
Dopo il cinema, lì ci fu la Croce Verde, dove il signor Gimignano Ferrarini esercitava la sua professione di barelliere.
Per Mondovì Piazza quelli del cinema furono tempi gloriosi: era il periodo in cui dal muto si passava al sonoro, in cui le magie della pellicola si moltiplicavano.
In particolare, due personaggi locali furono molto coinvolti nella storia del cinema, mio zio, Chionetti Andrea, e Arnaldo Bruno, frequentatori assidui nei loro giorni di libertà dal lavoro. Nel periodo che precedette la nostra seconda guerra, quando mia madre la domenica si trovava con le amiche per mangiare due paste al caffè di Piazza Maggiore, sullo schermo apparivano grandi attori: da Charlot, che i due appassionati chiamavano “ciarlot”, ai film western in cui il protagonista era Gary Cooper. Famoso, tra loro, era diventato Wallace Berry, detto confidenzialmente “Vallace”.
Anni dopo, parlando dell’avvento del sonoro, mio zio ricordava ancora con entusiasmo l’effetto stupefacente del violento sciacquìo dell’’acqua, percorsa dagli zoccoli equini che la attraversavano al galoppo.
Ma il problema vero era, per questi nostri cinefili locali, procurarsi il denaro per pagare l’entrata al loro sacro tempio.
A questo proposito Arnaldo Bruno ne studiava di ogni colore. Tutto si basava sulle scommesse. Una volta, per esempio, gli dissero: se mangi cinque lumache vive, ti paghiamo cinque film. La sfida era irrinunciabile ed Arnaldo la accettò.
Mangiando le lumache, poi, si accorse quanto un attimo terribile possa diventare eterno: le sentiva salire e scendere per l’esofago, uno sbavìo estremo di schifezze. In bocca, intanto, la bava ristagnava rinnovando sensazioni nauseabonde. Furono, insomma, cinque minuti di calvario durante i quali il malcapitato quasi dimenticò i cinque motivi che avevano originato tanta sofferenza.
Una serata comica, invece, fu quella in cui il padre del solito A. B. gli vietò di uscire e, per rendere più esplicito il divieto, gli portò via i pantaloni. Fu allora che mio zio, informato sui fatti, si presentò a casa dello sfortunato amico portando con sé un lunghissimo cappotto, capace di nascondere le stesse caviglie. Lo stratagemma funzionò perfettamente ed i due eroi, tranquilli e spavaldi, si godettero pienamente la loro serata cinematografica.
Fedeli a quei ricordi, più tardi, essi mi chiedevano in prestito l’enciclopedia del cinema, sulla quale andavano a cercare gli attori ed i film della loro memoria; con ben scarso successo, purtroppo, essendo quelle pellicole, di serie B, sconosciute, quindi, alla critica d’autore.
Cosa importante, per Mondovì Piazza, fu il cinema degli anni Quaranta: la sensazione di tempo libero, in cui il locale si incarnava, conferiva attimi di leggerezza, di gioia, di speranza. In un periodo, quello di anteguerra, in cui le atmosfere dovevano esser cupe e ben rare le possibilità di un respiro.
Il cinema era rimasto in quel borgo in cui, ormai da mezzo secolo, si era esaurita l’eco del teatro sociale e dei suoi spettacoli. Le gloriose rappresentazioni liriche avevano allora ceduto il passo alle più prosaiche immagini western d’Oltreoceano, grandiose all’apparenza, fatue nel sentimento.
Si sa, l’occhio vuole la sua parte. Ad attirare l’attenzione e confortare gli animi erano, anche, le invitanti locandine, sgargianti, che facevano capolino da cerulee bacheche: cornici lignee teneramente dipinte definivano vetri sottili; questi, a loro volta, rivelavano immagini e parole scritte su carta antica, di miglior stampo: una carta più concreta ed autentica, che onorava i colori e li risaltava.
Le ritrovai ancora, a guerra finita da un pezzo, queste locandine, perciò posso assicurare la fondatezza delle mie affermazioni.
Certo, mancava il cinema; ma altri spettacoli erano già e sarebbero ancora incominciati.

Ricordi di Bruno Capellino

Foto fornite dall’autrice

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Altri interventi con B.C.: https://www.margutte.com/?p=2916 e https://www.margutte.com/?p=3288