C’è un film di voci

Foto di Rinuccia Marabotto

Foto di Rinuccia Marabotto

EVA MAIO

C’è un film di voci
depositato piano
forse a strati
un poema di dettagli nel profondo.

Non date ma archeologici respiri
di incontri annoverati
precisi che vengono alla luce
d’un tratto non chiamati.

S’incuneano pazienti o fugaci
nel pensare
fanno come un gocciolio
di timbri d’onde sonore.

S’apprestano non si sa come
a rifarsi vive le voci
e non soppesano il tempo
- se è opportuno – per risorgere.

C’è un film di voci
che allertano l’adesso
come a ritmare ancora l’aprirsi
e il chiudersi di tanti ieri.

C’è un afflusso bizzarro.
Inspirato espirato.
Espirato su foglietti
presi da un cassetto.

Foglietto 1

L’avevo sentita parlare
a spirale
con dire prima denso
densissimo
quasi un punto
urgente nucleare
profondo.
Poi con mansueti
slarghi
il dire s’era fatto
racconto minimale
fino a divenire
fluire di vita
ampia.
E tornare poi
al vertiginoso centro
piano piano :
fu come vedere
tenere insieme
con tenacia
distanze infinite.

Foglietto 2

Parlava
come camminava
a piccoli passi
fermando lo sguardo
sul tuo ogni tanto.
Devoto
alle tiepide luci
sparse qua e là
nelle sue stanze
diceva a guizzi.
Diceva
di giustizia e di rispetto
dei rincari e di chi è avaro
di Monet e del suo paese.
Di quante lontananze
aveva esperito
taceva.

Foglietto 3

Ti veniva vicino
sempre più vicino
per dirti magari
cosa aveva comprato.
T’aspettavi
un piccolo segreto
qualche magone condiviso
un rammarico un sospiro.
Lei s’accostava
per dirti ch’era stata al mercato
e ora era di fretta.
E tu restavi
con l’odore della sua cipria
nel naso.

Foglietto 4

Con un dialetto
stretto quasi acidulo
veloce
non pareva la stessa
che argomentava di filosofia
e d’altre altezze.
Gli occhi ampi larghi
come i fianchi
per grazia
facevano da contraltare.

Foglietto 5

Le sue parole in fila
come su scala a chiocciola
fino a un’ipotesi sospesa
a una domanda audace
a un pensiero incompiuto.
Non si poteva
che porre tentativi
di riposo
dopo quel coraggioso
denudare certezze.
A un altro giorno
l’appuntamento
sugli stessi scalini curvi
come anime pensanti
sotto una luce fioca.

Foglietto 6

- Non commentare.
Lasciami dire fino in fondo.
Non replicare . –
Erano i suoi occhi a dirmi di tacere.
Ascoltare soltanto.
E mi cadeva addosso
la sequela delle fatiche
del mondo.
E come replicare?
Nemmeno io ne ero fuori.

Foglietto 7

Le scansioni del suo dire
davano pace
anche se la sua voce strana
era stridente
come freni vecchi
d’una bici vecchia.
Depositava saggezze
e piccoli splendori
inquietudini
e voglia di presente
terso
nel suo pacato eloquio.
E mai che ti schiacciasse
con un sapere certo.
Te ne uscivi
libera
da ogni sua lezione.

Foglietto 8

Imbruniva l’iride
e le parole salivano stanche
alla gola.
Uscivano a stento
ma stringeva più forte
la sua mano alla mia.
Ne mancavano pochi
di giorni
al suo finire.
Finire questo patire
trascinato mesi
con dire sempre più scarno.

Foglietto 9

Alzava l’indice
ancor prima
di parlare.
E non era parlare
solo rimbrotti
e poco velate accuse.
Il suo indice monco
alzava
per farsi sentire.

Foglietto 10

Sembrava diplomatica
era solo ragionevole
quando attorno
c’era aria pesante
o elettrica.
Spiegava rispiegava
senza cambiare volume
alla sua voce :
solo un blando
dondolare il capo.
E riprendeva a cucire
o a piegare e ripiegare
il bucato
mentre chiedeva
se era pronto il tea.

Foglietto 11

Accordava tempo
alle parole
ad ogni parola
come se fosse
ognuna
un ospite atteso
a cui si prodigano
attenzioni gentili.

Foglietto 12

Parlava sovente
per stupire
come se ci fosse
sempre
un pubblico.
Quasi sentiva il dovere
di prendere le parti
degli attori.
Entrava
col suo dire
come in un palcoscenico
nel gioco
dello stare beata
nell’ammirazione altrui
ma qualcosa
si sbilanciava
a volte sul viso.

Foglietto 13

Aveva
interrogativi sulla fronte
desideri negli occhi
e con autentica voce
li esponeva
come panni al sole.
Quel traffico di emozioni
non lo taceva
nel dialogare serrato
certe sere
d’estate.
E il passeggiare
era un buon alibi
al togliersi aguzze pietre
d’inciampo
invocare occhi attenti
ed alla fine chiedere:
- E tu, come stai? -

(Foto di Rinuccia Marabotto)