I “ritratti di alberi” di Marco Goria Gatti

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GABRIELLA MONGARDI

Non è una mostra “naturalistica” quella ospitata fino al 27 settembre all’Isola di San Rocco a Mondovì Breo: non per niente si intitola “Ritratti di alberi”, e non semplicemente “Alberi”; non per niente quando si entra non si ha l’impressione di entrare in un bosco, sia pur di carta, ma in una esposizione di “fotografie di famigliari”, tanto l’autore, Marco Goria Gatti, figlio d’arte (in mostra sono esposte anche opere del padre Cesare e della madre Irma Losana) conferisce a ciascun albero che raffigura una sua “personalità”…

Basandosi su riproduzioni fotografiche, il suo lavoro meticoloso di acquerello o inchiostro o pennarello o pastello riveste infatti l’albero di una nuova “pelle”, vistosamente “artificiale” e “innaturale”, come se il pittore volesse “snaturare” l’albero per individualizzarlo, distinguerlo dagli altri appartenenti alla stessa specie e riconoscerlo come essere autonomo; di ogni albero rappresentato viene per di più indicato il luogo in cui vive, come si fa con le foto di un album di famiglia.

L’effetto che ne risulta è in qualche modo straniante: da un’iniziale impressione di iperrealismo (le opere al primo sguardo non sembrano disegni o dipinti, ma vere fotografie) si passa a una sensazione di surrealismo, gli alberi appaiono come creature fantastiche uscite dal mondo del Signore degli Anelli, e ci si aspetta che si muovano, parlino, interagiscano con noi, come nel disegno di un bambino.

I dipinti sono accompagnati da citazioni di autori di ogni epoca e cultura, da Confucio a Seneca a Martin Lutero a Mauro Corona, che arricchiscono per così dire il percorso della mostra. Mi piace concludere riportandone una, lapidaria, di Hermann Hesse: «Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi non brama più di essere un albero. Vuole essere quello che è». I “ritratti di alberi” di Marco Goria Gatti vogliono essere un modo di  “ascoltare gli alberi”.

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