Tirami per i capelli

pina-bausch

EVA MAIO

Omaggio a

Philippine Bausch detta Pina è stata la creatrice del teatro danza.
Ballerina coreografa ed insegnante nasce a Solingen nel 1940 e muore a Wuppertal il 30 giugno del 2009.
Il suo teatro danza è un’originale operazione esistenziale etica ed artistica fatta di una miscela affascinante di creatività e profondità antropologica.
Forza e fragilità, osmosi danza e teatro, lavorìo interiore e col materiale scenico ne sono i capisaldi.
Tuttavia, oltre questi indiscutibili ingredienti, ciò che l’ha resa unica è la straordinaria capacità di empatia, di profondissimo rispetto e di acuta comprensione con il corpo di ballo.
Al di là di un’apparenza flemmatica timida e mite esprimeva una vivezza interiore inconsueta e una paziente lucidissima attenzione ad ogni umano con cui veniva in contatto.
“Cosa faccio. Osservo. Forse è proprio questo. Non ho mai fatto altro che osservare persone. Ho visto o cercato di vedere soltanto rapporti umani e ho cercato di parlarne. Ecco cosa mi interessa. E non so neppure cosa possa esserci di più importante.”

Un omaggio a lei. Come se fossi una di loro. Quelle che hanno imparato danza teatro vita con lei. Da lei. Da quelle sue costole luminose. Da quegli occhi. Da quel fluire di silenzi. Come se fossi una di loro a chiedere che quello sguardo intenso paziente lucido silente non si spenga. E al contempo promettere ed impegnarsi affinché da quello sguardo si liberi l’energia giusta per continuare in qualche modo quella coraggiosa sintesi di arti visive musicali coreutiche e di umana attenzione.

Tirami per i capelli
che tutte le note vi scendano
e dai bulbi al corpo tutto
ai talloni
e conoscimi
in ogni singolo muscolo
se siedo cammino
ammutolisco o canto.
Con la forza
della solitudine che hai
con potenza di sguardo
attraversa la geografia dei gesti
i miei e di tutti noi
il repertorio delle immobilità
mie e di tutti noi.
Ai 52 minuti e 41 secondi
e poi per tutto il nostro
vivere danzare
orienta i tuoi occhi
oltre le articolazioni di noi
che lo sai bene
hanno dentro respiri
di dolori antichi
di mondi non saputi
ritmi di metropolitane
fotogrammi di cieli inquieti
di prati laghi fonti.

Tiraci per i capelli
fai onesti i nostri passi
che ormai non sono ballo
sono il reale
tra sedie tabernacoli lidi
piazze strade
e quel levitare bambino
sia tutta la perizia
che ci hai insegnato
così le primavere
fragili del cuore
lo sappiamo saprai estrarre
dalle punte dei nostri piedi
e mettici sulle spalle
il mare il suo ondeggiare
facci alberi
e monti di neve
svegliaci
sollevaci dalle nostre paure
che signora gioia è vicina
lì sulle ciglia leggere
di noi
che guardi solenne
lì sul ciglio di sentieri
mai battuti
che sogni
che sogni da te a noi.

Accarezza i polmoni di noi
memoria di respiri
al mondo dati
ricevuti e dati
tocca i vuoti di noi
senza rimedio
con punta d’anima e dita
tramate di faville.
Desideriamo un mantello
di luce tenera
di rugiada sulla pelle
del cuore e dei piedi
così correremo
cammineremo andremo a carponi
nell’ignoto
che ci regali.
A carponi ma non ci fermeremo.
E non faremo caso
alle nostre nobili anche assottigliate
dall’usura dei mal di danza
a volte intorpidite e perplesse.
Non faremo caso.
Ci affideremo
ad occhi larghi
larghi e nuovi i nostri occhi
son diventati.

Tienici per aria e luce
stretti e larghi
strette e larghe
tra palpabile e impalpabile
tienici e facci naufragare
con precisione
in teli vele secchi d’acqua
e di quanto è capace
questo corpo d’anima
facci sapere
sentire nel tuo prevenirci
in bellezza e candore
e passione
nell’omaggiarci in silenzio
che l’anfiteatro delle tue scapole
assorbe di noi
quel che di noi
neppure sappiamo
e in quelle costole ardite
di te
ci siamo addensate
poi sciolte rarefatte
posate riposate
con l’ombra perfino
con le ombre di noi
le memorie l’essere state
fino ad ora.

Tienici e lasciaci
con la custodia
dell’impraticabile dire
in silenzio
che tutta l’acqua della tua fonte
ci ha sorpresi
fatti beati
impavidi
che tutto il fuoco della tua fonte
ci ha scaldate
sorprese fatte beate
con le nostre paure.
Tienici e lasciaci
ci hai partorito
ormai.
Tienici e lasciaci
l’abbiamo visto
lo vediamo eterno
calmo vivo
calmo vivo tremante
il tuo sguardo.
Lo vediamo
il tuo guardarci
va da te a noi
nel vascello inafferrabile del tempo
coreutico in cui siamo.

Ora non tirarci più
per i capelli.
Lasciaci lasciaci.
Faremo ancora caso
al lacrimare quieto
a quello di rabbia e sale
incalzeremo i mari le onde
e sbarcheremo
dove non si arrossisce.
Non si arrossisce
che la diversità ha la corona
su me su te su noi.
Sbarcheremo nel paese
dei risvegli
e sarà come nascere.
La nuda nascita
sapremo cantare danzare
i nostri broncheoli avranno un brivido
e a ritmo di tamburo
farà il giro del cosmo quel brivido.
Tutto porterà traccia
del cantico che i nostri piedi
hanno intonato.
Nascerà vertiginoso
stupefatto il vero
di ognuno.

Il vero
di ognuno
nel vascello inafferrabile
del tempo coreutico
in cui siamo.

(L’immagine è un fotogramma di questo video)