Guardando gli alberi

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MALCOLM HEBRON

Una volta ho letto una bella storia, non so se vera o apocrifa, a proposito di quattro pittori all’inizio del XX secolo, partiti per una spedizione in campagna in cerca di ispirazione. Tutti avevano studiato nelle scuole giuste, conoscevano bene le proporzioni e la prospettiva e come usare il colore per suggerire il volume, insomma sapevano dipingere cosa vedevano secondo il realismo ufficiale. Ma erano anche interessati a nuovi esperimenti: uso del colore non realistico e audace, distorsione espressiva, composizione sperimentale.

Ad un certo punto uno di loro fece una proposta: “Perché non ci sediamo e dipingiamo lo stesso albero? Mettiamo da parte l’originalità e la sperimentazione e dipingiamo cosa vediamo, nel modo più accurato possibile”. Tutti d’accordo, prepararono i cavalletti, le tele e le tavolozze e si misero al lavoro. Il tempo passava, gli uccelli cantavano e i pennelli si muovevano. Dopo un po’ mostrarono l’uno all’altro il frutto dei loro sforzi. Come avrete ormai indovinato, ogni dipinto era completamente diverso; per quanto provassero ad essere accademici e tradizionali, la pittura li portava su strade diverse.

Questa è una lezione importante a proposito del disegno dal vivo: non c’è una rappresentazione ‘corretta’ di un albero, una versione accurata. C’è soltanto l’esperienza dell’albero davanti a noi – unica e irripetibile – che si fa strada attraverso occhi, mente e braccio, sopra un pezzo di carta o una tela. Se un albero vero esiste, la cosa in sé, das Ding an Sich, come l’ha chiamata il filosofo Kant, allora non siamo in grado di vederlo. È sempre circondato da una nube di percezione, fatta di stati d’animo, ricordi, associazioni, sensazioni. Nessuna procedura ufficiale riesce a tenere del tutto lontane queste cose. (All’interno dell’atelier dell’artista potrebbe essere diverso: lì si può contare su una serie di formule per ottenere immagini ripetibili e prevedibili; si viene tentati di liquidare un tale lavoro come semplice illustrazione, eppure la maggior parte delle opere dei Maestri Antichi veniva eseguita in quel modo).

Andando avanti nel tempo fino al 1958, in un documentario affascinante intitolato Four Artists Paint One Tree (Quattro artisti dipingono un albero), possiamo vedere questa storia, forse mitica, prendere vita. In questo film animato, quattro illustratori della Disney rappresentano lo stesso albero in modi incredibilmente diversi, e spiegano il loro approccio. Ogni versione dell’albero è reale ed autentica, e ognuna è diversa dall’altra.

Nessuno di noi vede lo stesso albero, o paesaggio, o pietra, o viso. Non possiamo. Non possiamo neppure vedere la stessa cosa nello stesso modo in cui l’abbiamo vista ieri. Sia io che l’occhio [in inglese I – eye si pronunciano con suoni uguali, NdT] sono cambiati. E anche il mondo cambia di continuo. Nel film Smoke (1995) di Wayne Wang, con la sceneggiatura di Paul Auster, il personaggio centrale è un tabaccaio di Brooklyn, Auggie (impersonato da Harvey Keitel), che ogni mattina alle 8.30 esce dal negozio con la sua macchina fotografica e scatta un’immagine dello stesso angolo di strada posizionandosi nello stesso luogo. L’album di queste immagini (siamo nell’era pre-digitale) è il lavoro della sua vita. Quando un amico, che non capisce, dice che tutte le foto sono uguali, Auggie gli fa uno splendido discorso spiegando che sono uguali ma diverse: le persone, le auto, l’inclinazione della luce… nulla è lo stesso. Non puoi entrare due volte nello stesso fiume. Quel discorso è rimasto per sempre nella mia memoria come una guida all’arte di guardare e vedere.

La pratica fotografica di Auggie e la storia dei pittori mi sono venute in mente negli ultimi tempi. Il lockdown, con tutte le sue limitazioni, mi ha aiutato a fare più attenzione al ritaglio di mondo intorno a me. All’inizio della sera, quando di solito ero alla scrivania, mi sono ritrovato a guardare una fila di alberi oltre il giardino. Per anni ho saputo che c’erano, ma ora guardavo con più consapevolezza, dedicando più attenzione a ciò che vedevo. Così ho deciso, alla stessa ora ogni sera, di fare un disegno veloce di questi alberi. Non è un esercizio nuovo: Degas consigliava agli artisti di disegnare un soggetto non una ma dozzine di volte, forse per la stessa ragione di Auggie quando scattava le foto. Noi stiamo sempre esplorando, sempre scoprendo. Un altro salutare risultato di questo esercizio, oltre alla pratica per l’occhio e la mano, è che non pensiamo mai all’immagine come finale, come ‘il prodotto’. È semplicemente una fase di un processo continuo, una registrazione grafica di un incontro momentaneo.

Qui di seguito viene riportata una selezione dei disegni “Alberi al tramonto”; le tecniche sono diverse: disegnare ‘alla cieca’, cioè senza guardare il foglio, usare la mano ‘sbagliata’ (nel mio caso, la sinistra), tenere lo strumento alla distanza del braccio steso e in maniera inusuale, lasciar andare il controllo ed arrivare ad effetti imprevedibili, e così via. Cambia lo strumento: matita, carboncino, inchiostro. Non sono strettamente disegni di alberi, piuttosto usano gli alberi come un punto di partenza per il disegno, per l’attività del disegnare. È importante fare questa distinzione per spiegare perché il compito che si erano posti i quattro pittori itineranti fosse tanto irraggiungibile: cerchi di disegnare un albero, ma è l’albero a disegnare te. Non si capisce, ed è meraviglioso, che cosa guidi la mano; e di qui nasce la sensazione di molti artisti, in tutti i campi, di essere in qualche modo semplici spettatori di quello che producono. I miei disegni sono una testimonianza di momenti in successione, tracce di incontri irripetibili, un segno nella sera, un passo nel fiume.

1958: Old Disney artists show their various painting techniques through a nature study.

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Malcolm Hebron è un insegnante di inglese in Gran Bretagna che divide il suo tempo tra Hampshire e Devon. Le sue pubblicazioni accademiche includono: Key Concepts in Renaissance Literature (Palgrave) e How to Read a Poem (Connell). È redattore del periodico per docenti di lingua inglese The Use of English, pubblicato dall’English Association. Attualmente sta traducendo testi del filosofo medievale di Maiorca Ramon Llull. Si interessa principalmente del processo creativo, esplorato attraverso la poesia, la fotografia e l’arte figurativa, soprattutto il disegno (si veda il suo account Instagram @hebronmalcolm).

Traduzione di Silvia Pio.

Le immagini sono opere sperimentali dell’autore.

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