Quando il vento soffia impetuoso

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GABRIELLA VERGARI
Jasper non si trovava più.
Così la furia di Frau Schwarz ruppe definitivamente gli argini.
Perché lei lo sapeva, e la sparizione del suo adorato gatto d’angora non era che l’ultimo episodio da quando quello sconosciuto lacero e mal messo era arrivato tra loro.
All’inizio era forse stato lo sguardo, che le era sembrato di ghiaccio e gelido come una slavina, comunque foriero di guai.
O forse l’andatura, più agile e svelta di quanto non dovesse, data l’età avanzata e tutto l’insieme del suo essere che lasciava presagire una lunga serie di vicissitudini che avrebbero dovuto prostrarlo, anziché imbaldanzirlo.
Particolare non da poco, visto che non si sa mai a che condizioni e quando certa gente abbia stretto il proprio patto con il diavolo.
Poi gli abiti, sempre neri e sempre gli stessi, indice di miseria ma pure di una trasandatezza sospetta e che faceva a pugni con il portamento poco o nulla sommesso con cui quell’uomo andava in giro a dimostrare una fierezza che le riusciva francamente inconcepibile quanto indigesta.
Avrebbe dovuto chinare il capo con i modi servili e umili di chi non ce l’abbia fatta o ce l’abbia fatta male, invece di tenerlo ben eretto e saldo come una rocca.
Si ignorava da dove venisse. Nessuno della zona l’aveva mai visto prima.
Se l’erano ritrovati da un giorno all’altro lì, in quella casa abbandonata a fine paese, senza capire né come né perché. E non l’avrebbero neppure notato se li avesse lasciati nella pace cui erano abituati.
Invece era cominciata con quella invasione di insetti.
I primi ad accorgersene erano stati i bambini di Amabel, scappati in strada con i vestiti pieni di scarafaggi, neri e grandi come nocciole.
Le case ne erano state invase e tutti si erano dovuti armare di secchi e stracci e pulire da cima a fondo ogni ambiente, disinfettandolo con forza.
Frau Schwarz rabbrividiva ancora al ricordo.
Poi Brigitte era scivolata appena dopo che il vecchio le aveva rivolto un cenno dal marciapiedi di fronte. Quando le aveva raccontato della caduta, la ragazza l’aveva definito di saluto, ma lei, Frau Schwarz, ci avrebbe scommesso la testa che fosse stato di malaugurio. E comunque Brigitte, la più bella del quartiere, non si era ancora ripresa e anzi sarebbe stato un miracolo se non avesse zoppicato per il resto della vita.
Poco dopo c’erano state le galline di Cord.
La mattina avevano tutte deposto il loro bell’ovetto che, passando di lì per caso, l’uomo, sempre lui, aveva definito Un capolavoro di madre natura, con un sorriso che pareva ammirato, e la sera le povere bestiole avevano reclinato il capo a distanza di pochi minuti l’una dall’altra né il veterinario era ancora riuscito a capire cosa fosse esattamente accaduto.
La mucca di Hans aveva partorito un vitellino con due teste e il venerdì precedente una miriade di corvi si era andata ad appollaiare sulla vecchia quercia, emettendo per ore un cupo gracchiare, come suonando una campana a morto.
Quando però il vecchio si era avvicinato brandendo il suo bastone, gli uccelli avevano di colpo taciuto, come ubbidienti al suo comando, ed erano fuggiti via riempiendo l’aria di uno svolazzare nero e muto come la più fonda delle notti.
E sicuro, da tempo correva il malcontento e i mormorii si moltiplicavano, così che lei non aveva dovuto fare altro che raccoglierli con pazienza entrambi o, in base al caso, alimentarli, lasciandoli a covare sotto la cenere come un fuoco serpeggiante. Pronto a divampare inarrestabile al momento più opportuno. E cioè adesso, che Jasper sembrava essersi eclissato nel nulla e chissà per quanto ancora i casi sventurati si sarebbero susseguiti.
«Che altro aspettiamo?» gridò perciò Frau Schwarz a più non posso, uscendo esasperata dalla sua villetta ben recintata. «Che la disgrazia ci avvolga tutti come un sudario?»
I vicini, incuriositi, sporsero le teste uno dopo l’altro.
«Che intendi?» chiese di rimando Adalbert.
«Che succede?» gli fece eco Egon.
«Succede che è da quando è arrivato quell’uomo che non abbiamo più pace.» puntualizzò lapidaria Frau Schwarz.
«È vero.» proclamò ancora Edith, lasciando la finestra per scendere anche lei in strada, al fianco della vicina «Ci ha tirato addosso la sua maledizione.»
«Dobbiamo cacciarlo via in tempo, prima che ci ammazzi tutti.» riprese Frau Schwarz, sempre a gran voce.
«Via, via dalla nostra comunità.» approvò Hans battagliero, fiancheggiandola a propria volta
«Andiamolo a prenderlo e cacciamolo lontano, come il cane che è.» urlò Gertrud, dall’abitazione di fronte.
In men che non si dica, da tre che erano divennero sei, poi dieci, poi quindici e si cominciò a formare una piccola folla. Qualcuno si preparava con un forcone, altri cogliendo delle zolle da terra. Nessuno aveva voglia di ascoltare la voce di chi, come Flora, si sforzava di riportare tutti alla calma e alla ragione.
«Fermatevi, per carità.» implorò invano pure Hertha «Come potete pensare di aggiungere alle tante sciagure che ci hanno colto anche quella di prendersela con un innocente?»
Ma Frau Schwarz si era ormai messa alla testa del suo piccolo drappello e marciava come il destino verso la casa del vecchio.
Si era prossimi al crepuscolo e perciò lo trovarono che si era quasi appisolato, prendendolo di peso senza che lui opponesse una vera resistenza mentre in massa lo trascinavano vicino alla quercia dove qualche giorno prima si erano posati i corvi.
«Perché?» ebbe a malapena il fiato di chiedere, intuendo di non avere scampo alla vista delle tante mani che gli si alzavano contro.
«Perché sei un vecchiaccio maledetto» gli rispose Frau Schwarz, ormai fuori di sé «Un abominio degli uomini che va ricacciato nell’inferno da cui è venuto.» e così dicendo gli lanciò contro un sasso, dando il via al linciaggio.
Le prime zolle si frantumarono sui capelli del malcapitato e sulle spalle, inducendolo a piegarsi su se stesso e quindi a cadere in ginocchio per i contraccolpi.
Una volta a terra, l’uomo seppe solo stringersi su se stesso in una posizione di difesa, quasi fetale, rassegnato a sperare in cuor suo che finissero presto ciò che avevano appena iniziato.
Ma mentre i ghigni si accentuavano, le smorfie si delineavano nei volti distorti e gli sguardi si accendevano di luci animalesche e sanguigne, all’improvviso cominciò a levarsi un vento fortissimo che strattonò i vestiti sotto i cappotti, fece tremare le fronde sugli alberi e mulinare veloci quelle che tutto d’un colpo cadevano giù. Una furia che faceva volare cappelli e sibilava alle orecchie come un cobra inferocito.
Si trasformò in un vortice sempre più impetuoso e celere che prese a stringersi su Frau Schwarz, avvolgendola ad ogni giro più stretta.
Lei cominciò ad indietreggiare impaurita, chiedendo aiuto.
Ma non solo la sorpresa stava lasciando gli altri inerti e sbigottiti, pure il vortice sembrava a mano a mano formare una sorta di barriera aerea che impediva l’accesso.
Poi, mentre calava un silenzio irreale che lasciava distinguere solo il faticoso rantolio del vecchio, nello sforzo di liberarsi gli occhi e il volto dalla terra che li aveva ricoperti, un urlo di terrore squarciò brutale l’aria facendo tutti volgere all’unisono verso la donna che veniva sollevata da terra come se una gigantesca mano invisibile l’avesse afferrata per i capelli, tirandola in alto verso il cielo.
La osservarono salire su, sempre di più, finché non sparì alla vista e il vento sembrò finalmente placarsi e posarsi lieve e pacato con un ultimo sbuffo gentile, lasciando i presenti increduli.
Adalbert fissò Gertrud e Gertrud Egon e via via, man mano che gli occhi si incrociavano, le mani tacitamente si aprirono, lasciando cadere a terra le zolle con cui avevano avuto intenzione di finire l’uomo. Incredulo a sua volta, il vecchio li osservò con un sollievo tale che il suo sguardo chiaro e terso si velò di lacrime dal nuovo sapore.
Due ragazzi corsero spontaneamente ad aiutarlo e, come ridestandosi da un brutto sogno, la gente gli si strinse vicino per ripulirlo di tutta il terriccio che aveva ancora addosso.
Esitanti e vergognosi cercarono perciò di sospingerlo quanto più in fretta possibile sulla via di casa.
La luna aveva intanto preso definitivo possesso del suo spazio celeste e scintillava nitida e lucente, spandendo generosa il suo raggio d’argento.
Nemmeno una nuvola l’oscurava e l’aria si era fatta più pura e leggera.
Qualcuno alzò gli occhi per scrutare se ci fosse ancora qualche traccia di Frau Schwarz, ma non vide più nulla.
«Povera donna,» commentò il Vecchio, prendendo ad allontanarsi con un passo che da traballante e incerto divenne sempre più sciolto e volitivo a man a mano che se li lasciava alle spalle, tutte quelle brave persone con il loro delizioso paese.